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Borgo S. Spirito (R. XIV - Borgo) (da Via S. Pio X a Via Paolo VI)
La “Schola Saxorum”, fondata nei pressi della Basilica Vaticana, dette inizio a quella tendenza, dimostrata in seguito dalle altre Scholae, ad accentrarsi non lontano dal sepolcro di San Pietro, tanto che il borgo (burg) fu detto la località ad esso prossima.
Il re del Wessex, Cedwalla, che morì in Roma nel 689 col nome di Pietro, dopo il battesimo impartitogli da Sergio I (687-701), fu uno dei più illustri “Romei” di quell’epoca, che, coperto dalla bianca veste del neofita, venne sepolto “ad januam piscatoris” [1].
Fu il suo successore, Ina, che nel 727 dette una sede alla Schola e la dotò dell’obolo annuale (romescot) che fu poi, fino al XVI secolo, corrisposto sempre dalle famiglie più agiate del Wessex, onde far avere in Roma un temporaneo alloggio ai pellegrini inglesi. Vi fu pure albergato, nel 1050, quel re Macbeth immortalato da Shakespeare.
Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni - 1198-1216), al fine di dare assistenza alla popolazione di Roma (in quel tempo ridotta a 35.000 abitanti), iniziò il progetto di costruire un ospedale [2] nello stesso luogo dove era situata la Schola Saxorum [3]. Per la gestione dell’ospedale, il papa chiamò Guido di Montpellier, fondatore di una congregazione di religiosi ospedalieri, in Francia, detta di Santo Spirito.
Fu così che l’ospedale [4] prese il nome di “S. Spirito in Sassia”, il nome della congregazione ospedaliera e della scuola Sassone, di cui occupava il terreno.
A sinistra dell’ingresso dell’ospedale, un finestrino con inferriata in ferro battuto per la “Ruota degli esposti” e tabella in marmo con doppia croce e Iscrizione: “Elemosina a li poveri proietti neli hospidale”.
Sul portone centrale del fabbricato, al n. 2, stemma di Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1559 -1565). Su quello laterale di destra, epigrafe che ricorda come Pio VI (Giovanni Angelo Braschi - 1775-1799) avesse ampliato la disponibilità dell’ospedale con un nuovo fabbricato, per provvedere agli aumentati bisogni dell’ospedale ed evitare la cura dei malati in locali di affitto, sparsi in vari luoghi, curante Francesco de Albitiis “Praeceptor” A. MDCCLXXXIX. Gemella alla precedente, altra lapide sul portone laterale di sinistra che dice come, curante Francesco de Albitiis (+1796) “Praeceptor”, Pio VI abbia realizzato il Nosocomio di Santo Spirito nell’anno MDCCLXXXIX, sopraelevando il granaio edificato da Innocenzo XII (Antonio Pignatelli - 1691-1700), che occupava all’incirca l’isolato determinato dalla via dell’Ospedale, Borgo Santo Spirito, via San Pio X e l’attuale via della Conciliazione [5].
Sotto Pio V (Antonio Michele Ghislieri - 1566-1572), fu edificato il palazzo del Governatore, ad opera di Giovanni Lippi (+1568), detto Nanni di Baccio Bigio e, poi, di Ottaviano Nonni (1536-1606), detto il Mascherino. Nel cortile porticato del palazzo [6], una fontana con l’emblema di casa Borghese e lapide ricordante che Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-1667) donò la detta fontana togliendola dai Palazzi Vaticani ove l’aveva costruita Paolo V (Camillo Borghese - 1605-1621) A. MDCLXVII.[7]
All’inizio del Borgo, quasi di fronte all’Ospedale, v’era la chiesina, dedicata alla SS Annunziata ove si raccoglieva l’Arciconfraternita di S. Spirito [8]. La chiesa fu abbattuta per la costruzione del palazzo delle imposte ed è stata ricostruita a destra dello sbocco del ponte Vittorio Emanuele.
Dall’altra parte della via, sulla destra, prima del colonnato berniniano troviamo la chiesa di S. Lorenzo in Piscibus, nominata fin dal secolo XII, fu detta "ad pisces" dalla contrada che era chiamata "piscina" forse da un mercato di pesce che vi stava nel medioevo. Ha un campanile romanico e la facciata antica era separata da un corridoio d’ingresso dal “Borgo Vecchio”, lasciando cioè più addentro la “carraria sancta [9]”. Nel 1908, a metri 2,10 di profondità, fu trovata, scavando a lato della chiesa, in una intercapedine tra il muro del Tempio e il terrapieno stradale, un tratto di metri 3,50 di un’antica via a poligoni di selce. San Lorenzo in Piscibus è, tra i molti templi che circondavano la basilica costantiniana, il solo rimasto con Santo Stefano degli Abissini. Un tempo fu basilica situata sulla via “Sancta” presso la “Porticus maior” che, dal secolo V fino al XV, condusse miriadi di pellegrini dal mausoleo di Adriano alla tomba di Pietro. Era, infatti, la “stazione” che i romei compivano al Martire prima di ascendere a pregare sul sepolcro dell’Apostolo. Nel 1949 fra l’antica piazza Rusticucci è il corridoio di Borgo, è stata scoperta una grande rampa inclinata di travertino, fra muri in opera reticolata e un gruppo di pilastri databili al primo secolo avanti Cristo. Fra il colonnato di San Pietro e la chiesa di San Lorenzo in Piscibus [10] sono tornati in luce vari resti di costruzioni romane e soprattutto una lunga parete laterizia dell’età neroniana.
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[1] Vicino alla tomba di S. Pietro.
[2] Collegata con la fondazione dell’ospedale di Santo Spirito in Sassia è la leggenda medievale che Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni - 1198-1216) “mentre dormiva in un cubicolo del Laterano avrebbe veduto in sogno una macabra pesca: da reti tese nel Tevere, anziché pesci, venivano raccolti cadaverini di neonati, gettati nel fiume, dove vengono rintracciati numerosi cadaverini...”. Il tragico episodio sollecitò il Pontefice alla fondazione dell’ospedale, come atto espiatorio, nella località, lungo il corso del Tevere, ove i pescatori avevano raccolto le vittime innocenti. Tale leggenda è espressa artisticamente nel Codice Miniato nell’ospedale di Santo Spirito in Digione, del secolo XVI; anche alcuni affreschi dell’ospedale romano, eseguiti nei secoli XV-XVI rappresentano lo stesso avvenimento... il brefotrofio si delinea in un periodo successivo alla fondazione innocenziana, con il riflesso delle narrazioni leggendarie. (A. Canezza “Gli Arcispedali di Roma” - 1933)
[3] L’istituzione anglo-sassone era estinta, ma per l’occupazione del terreno si dovette chiedere l’approvazione del re Giovanni Senzaterra.
[4] Bernardino Cirillo, Commendatore di Santo Spirito, scrive, alla fine del XVI secolo: “All’Hospedale, oh! quis clades, quis funera fando explicat”, e “che sia alle volte vedere 200 letti pieni, qual vomita, qual grida, qual tosse, qual tira il fiato, qual esala l'anima, qual farnetica, che bisogna legarlo, qual si dole, qual si lamenta... Il provvedere pane, vino, spettanze, lenzuola et coperte fa il denaro con poca fatica, ma il servitio è pessimo et abominabile. Pensar si può chi vuol venire a votare i pitali di gente simile per 6 giulii al mese, et se gliene dessero 10, medesimi sarebbero. Andrà uno di quelli poltroni a dare il pasto ad un infermo, troverà il meschino afflitto, svogliato, prostrato, et debole che appena il letto il sostiene et li dirà: bevi su, manda giù, che ti possino strangolare”.
[5] Le due lapidi sono ora riunite, in un cortile dell’ospedale, dopo la demolizione, nel 1898-99 (per la costruzione degli argini sul Tevere), del prolungamento della corsia Sistina operata, nel 1745, da Benedetto XIV (Lambertini - 1740-1758).
[6] Il governo del grande ospedale romano di Santo Spirito spettava, per tradizione, al “Precettore” al quale erano soggetti i religiosi che ne avevano cura. Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521), il 15 dicembre 1515, trasformò la Precettoria in prelatura, confermandone le incombenze. Da allora in poi il Commendatore (già Precettore) ebbe posto come prelato nella Corte e nella Cappella Pontificia.
[7] Nel palazzo è ora la sede dell’Accademia Lancisiana.
[8] La Confraternita di S. Spirito, decaduta nel corso degli anni, fu fatta risorgere nel 1446 da Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447) che riformò, con una Bolla, l’ordine ospedaliero, sottoponendolo alle regole di S. Agostino. Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1471-1484) ne confermò la Bolla, il 21 marzo 1477, dopo aver iniziato la nuova fabbrica dell’ospedale (1473). Il papa e i cardinali si iscrissero, di proprio pugno, come soci in quel libro della confraternita che tutt’ora si conserva. Da allora, diventò di moda l’associarsi a quella fondazione, e non vi fu principe, di una certa rinomanza, anche nei paesi stranieri, che, direttamente o per mezzo dei suoi rappresentanti, non registrasse il proprio nome in quel libro (Liber Fraternitatis)
[9] “carraria sancta” (oggi via di Borgo Vecchio) si chiamò così per il gran numero de’ martiri che passavano per quel sito, allorché erano condotti al circo ed orti di Nerone, per essere martirizzati.
[10] Fra il colonnato di San Pietro e la chiesa di San Lorenzo in Piscibus sono stati ritrovati vari pezzi della collezione Cesi, segati e riutilizzati: ad esempio la parte inferiore della stele greca vaticana detta del “Palestrita”.
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