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Ambrogio (1602-1642) dei conti di Carpegna, affidò il progetto del palazzo a Francesco Borromini (1599-1667), che lo progettò per l’intero isolato. Alla morte di Ambrogio (+1642), il cardinale Ulderico Carpegna (1595-1679), si occupò dei lavori, incaricando il Borromini di procedere sulla base di un progetto meno ambizioso. Dal 1643 al 1650, Borromini dette seguito ai lavori di ampliamento ed adattazione del palazzo in piazza dell’Accademia di San Luca, mentre la restante parte, su piazza di Trevi, restò occupata da una serie di piccole case affittate, per lo più a piccoli artigiani (ancora nel 1855 erano segnalati come abitanti delle casette uno “stagnaro”, un “caldararo”, un “acquavitaro”, un “droghiere” etc.). Nel 1657, con la morte di Federico Tommaso Carpegna junior (1598-1657), vescovo di Rimini, nipote del cardinale ed erede del patrimonio dei Carpegna, il cardinale Ulderico rinunciò alla costruzione del palazzo di famiglia. Nel suo testamento il cardinale Ulderico, nel 1679, lasciò in fedecommesso (ereditare e conservare i beni intatti per i propri discendenti) i suoi beni alle nipoti: Vittoria Ludovica Carpegna (1655-1733) e Anna Maria Carpegna (1650-1734), figlie di Mario Carpegna (1594-1666), fratello del cardinale, e di Vittoria Dudley (1623-1698). Le due sorelle andarono spose: Vittoria a Francesco Orsini de´ Cavalieri (1649-1707) ed Anna Maria a Giovanni Battista Naro (1649-1721). Vittoria e Anna Maria avevano così aperto la discendenza verso le famiglie Naro e de´ Cavalieri e, nel corso del XVIII secolo, il ventaglio delle famiglie imparentate si allargò naturalmente a molte altre casate (Mattei, Falconieri, Patrizi, Collicola-Monthioni, Chigi, Orsini, ecc.) Seguirono una serie di controversie legali per ragioni di legittimità ereditaria tra i componenti di una discendenza così numerosa. Nel 1817, un chirografo di Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaramonti - 1800-1823) redatto in seguito a numerose liti tra le varie famiglie, estromise i marchesi de´ Cavalieri dalla proprietà al posto della famiglia dei marchesi Collicola-Monthioni. Nella seconda metà del XVIII secolo, la proprietà dell’isolato era rivenuta anche ai marchesi Patrizi, per il matrimonio di Francesco Naro (1743-1813) con Porzia Chigi Montoro Patrizi (1752-1835). Le due casate riuscirono ad arrivare ad un accordo, nel 1852, secondo il quale la proprietà dell’isolato venne divisa in due: il palazzo Carpegna e annessi (in piazza dell’Accademia di San Luca) venne assegnato ai marchesi Collicola, mentre la parte dell’isolato restante ai marchesi Patrizi. I Patrizi si impegnarono subito a valorizzare quanto avevano ricevuto ed incaricarono l’architetto Antonio Sarti (1797-1880) di concepire un grande casamento lungo i tre lati della proprietà (Via della Stamperia, Vicolo Scavolino e Via del Lavatore), destinato all’affitto. Qualche difficoltà ritardò i lavori, nel 1854, per la parte prospicente la fontana di Trevi (si riteneva questo edificio, troppo alto e, per questo, non compatibile con la fontana stessa), ma le eccezioni sollevate furono rigettate dall’autorità comunale e il complesso fu terminato nel 1855. Nel 1869, il complesso venne acquistato da Augusto Castellani (1829-1914), famoso orafo, che, vincolato dal contratto d’acquisto con i Patrizi, dovette mantenere i contratti di locazione in corso. Augusto Castellani, orafo di terza generazione, aveva seguito il padre, Fortunato Pio (1794-1865) che, nel 1823, aveva iniziato la sua attività a Roma e che aveva avuto il suo primo laboratorio in via del Corso 177 (Palazzo Raggi), passato, nel 1854, in via Poli 86-89 dove trasferì la sua attività condivisa con i suoi due figli Augusto e Guglielmo cui aveva già confidato la direzione. In seguito alla realizzazione di via del Tritone, tra il 1885 e il 1886, i Castellani si trasferirono in Piazza di Trevi al n. 86, dove Augusto fece imprimere il proprio nome sull’architrave del portone. Al primo piano del palazzo realizzarono il loro laboratorio-museo dove, oltre al laboratorio ed alla sala delle vendite, venivano esposti i reperti archeologici etruschi cui la loro arte si ispirava. Alla morte di Augusto Castellani, nel 1914, l’attività fu portata avanti dal figlio Alfredo (1856-1930) che, diminuite le vendite per le inesorabili leggi del mercato, chiuse l’attività nel 1927. Nel palazzo, in una mansarda di 40 m², ha soggiornato il Presidente della Repubblica Italiana Sandro Pertini (1895-1990). La mansarda è ora vuota e si pensa di trasformarla in un piccolo museo che ricordi il Presidente-Partigiano.
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