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La mostra, secondo il Clementi, “aveva un fornice con sei colonne, due delle quali (le centrali) sorreggevano un’ampia arcuazione, sormontata da una grande aquila ad ali spiegate, con la caratteristica corona d’alloro, e due piccoli obelischi in alto, all’estremità del monumento, sulle fiancate del quale, sopra due vasche che gettavano acqua, si ammiravano due grandi statue e bassorilievi allegorici". L’acquedotto fu restaurato da Tiberio (14-37) nel 37, da Claudio (41-54) tra il 45 e il 46, poi da Costantino I (306-337) e Teodorico (474-526). Dopo i danni arrecati dagli Ostrogoti di Vitige nel 537, venne restaurato da papa Adriano I (772-795), nell’VIII secolo e poi dal Comune di Roma, nel XII secolo. Nel 1410, fu realizzata una fontana al “Trejo” (Piazza dei Crociferi), formata da tre fasce affiancate e nel 1453 Niccolò V (Tommaso Parentucelli – 1447-1455) fece modificare la fontana da Leon Battista Alberti (1404-1472), che realizzò un bacino allungato, più utile per l’abbeveraggio del bestiame, sempre sulla piazza dei Crociferi. Con la distruzione degli acquedotti romani, l’accesso all’acqua per Roma, fino al 1570, restava il Tevere, le cui acque erano preferite anche dai Papi che le portavano con se, durante i loro viaggi. Anche l’abitato si stringeva intorno alle sue sponde. Gli “acquaroli” ne facevano un capillare commercio in tutta la città. L’unico acquedotto, il Vergine, funzionava a singhiozzo non dando assicurazione di continuità (la più gran parte di questo acquedotto, essendo interrato, non subì danneggiamenti paragonabili a quelli in sopraelevata). Nel 1570, Pio V (Antonio Michele Ghislieri – 1566-1572) vece riallacciare le antiche sorgenti, disconnesse nel tempo, per incrementare il volume d’acqua trasportato. Nel 1640, Urbano VIII (Maffeo Barberini – 1623-1644), avendo imposto una tassa complementare sul vino, proprio per finanziare la fontana, incaricò Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) di progettarla, sull’attuale piazza di Trevi. Il progetto prevedeva, oltre all’allargamento della piazza, come si vede oggi, con la demolizione di alcune piccole case, una mostra a doppio semicerchio concentrico, nel cui mezzo, protetta da una nicchia, doveva apparire una statua della Vergine Trivia (quella ragazza che aveva indicato ai soldati di Agrippa dove trovare la sorgente). Le vasche furono realizzate, ma nessuna scultura fu posta al centro della fontana. Alla morte di Urbano VIII, Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili – 1644-1655) abbandonò il progetto, ma fece portare, dal Bernini, l’acqua Vergine fino a piazza Navona, dove stava costruendo il palazzo familiare. Clemente XI (Giovanni Francesco Albani – 1700-1721) riprese l’idea di una fontana a Trevi ed incaricò Carlo Fontana (1634-1714) di presentare un progetto, che non fu mai realizzato. Innocenzo XIII (Michelangelo dei Conti di Poli – 1721-1724), allo scopo di ingrandire il palazzo della Famiglia, acquistò il palazzo Schiavo di Carpegna e la casa d’arte Vitelleschi raggiungendo così piazza di Trevi. Egli fu naturalmente contrario a che una fontana rendesse cieca un’intera parete del suo palazzo e mise da parte il progetto. Benedetto XIII (Pietro Francesco Orsini – 1724-1730), volendo completare quello che era rimasto della fontana del Bernini (le sole vasche), incaricò lo scultore Paolo Benaglia (?-1739) di realizzare la statua della Vergine Treia, prevista nel progetto iniziale, ma lo scultore, equivocando il significato di “Vergine”, scolpì una Madonna con Bambino, che ora si trova nella “Stanza dei Papi”, in Santa Maria sopra Minerva. Dopo cento anni di inutili tentativi per realizzare la mostra dell’acqua Vergine in piazza Trevi, fu papa Clemente XII (Lorenzo Corsini – 1730-1740), ad incaricare Nicola Salvi (1697-1751) di disegnare e realizzare la fontana di Trevi. Nonostante fosse rimasta l’opposizione della Famiglia Poli per la realizzazione della fontana, Clemente XII (Lorenzo Corsini – 1730-1740) si impose e la mostra, di fatto, oggi si appoggia al palazzo della famiglia Poli, rendendo cieca la parete di quel palazzo prospicente la piazza. Lo stemma di Clemente XII (Lorenzo Corsini – 1730-1740) che troneggia in cima alla fontana fu opera degli scultori Giuseppe Poddi (c. 1704-1744) e Francesco Pincellotti (1671-1749). I lavori, finanziati dai proventi del gioco del Lotto, iniziarono nel 1732 e, già nel 1735, Clemente XII procedette ad una prima inaugurazione, “in corso d’opera”. Ma i lavori si interruppero di nuovo, nel 1740, a causa della morte del Papa dei costi elevati e del disaccordo tra Salvi (1697-1751) e Giovanni Battista Maini (1690-1753), scultore incaricato di realizzare la fontana. Nel 1744, Benedetto XIV (Prospero Lorenzo Lambertini – 1740-1758), successore di Clemente XII, volle inaugurare una seconda volta, “in corso d’opera”, la fontana, i cui lavori avevano ripreso nel 1742. Nel 1752 muore Nicola Salvi e nel 1753 muore Giovanni Battista Maini. Benedetto XIV incaricò Giuseppe Paolo Pannini (1691-1765) di proseguire i lavori, ma questi, volendo modificare alcuni elementi della fontana, fu esonerato. Fu il figlio di Giuseppe Paolo Panini, Giuseppe Panini (1718-1805), nominato “architetto dell’acqua di Trevi” sotto Clemente XIII (Carlo Rezzonico – 1758-1769), che, modificate le tre vasche centrali della fontana, rispetto al progetto Salvi, portò a termine la mostra dell’acqua Vergine. La fontana di Trevi fu inaugurata, per la terza ed ultima volta da Clemente XIII il 22 maggio 1762.
La statua centrale, quella di “Oceano” fu scolpita da Pietro Bracci (1700-1773) su disegni di Giovanni Battista Maini, mentre le due statue che l’affiancano: sulla destra quella dell’“Abbondanza” e, sulla sinistra quella della “Salubrità” sono opera di Filippo Della Valle (1698-1768). Sopra queste due statue campeggiano due bassorilievi: quello che raffigura “Agrippa nell'atto di approvare la costruzione dell'acquedotto dell'Aqua Virgo” (sopra la statua dell'Abbondanza) opera di Giovan Battista Grossi (2a metà del XVII sec.-fine del XVIII sec.) e quella che raffigura “La vergine che mostra le sorgenti d’acqua ai soldati romani” (sopra la statua della Salubrità) opera di Andrea Bergondi (attivo nel XVIIIsec.) Le quattro statue allegoriche che si trovano sul piano attico della mostra, sotto lo stemma di Clemente XII, sono: quella dell’“Abbondanza dei frutti”, attribuita ad Agostino Corsini (1688-1772), quella della “Fertilità” a Bernardino Ludovisi (1694-1749), quella dell’“Autunno” a Francesco Queirolo (1704-1762) e quella dell’“Amenità” a Bartolomeo Pincellotti (1707-1740).
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