Piazza e Via Quirinale (già Strada Pia) (R. II - Trevi; R. I - Monti) (da Piazza del Quirinale – dove convergono: La salita di Montecavallo, via della Dataria, via XXIV Maggio e la via del Quirinale, che va fino a via Quattro Fontane)
Scrive il Rufini: “Tutto questo monte fu detto Quirinale dai Quiriti [1] cittadini di Quire, città della Sabina, che ivi abitarono con Tazio, o più probabilmente dal tempio di Quirino che già esisteva nel sito in cui al presente scorgesi il monastero delle Cappuccine [2], o nella sottoposta valle ove attualmente è la chiesa di San Vitale” (Rufini -1847).
Nell’opuscolo “Porcus Trojanus o sia la Porchetta cicalata” del 1821 è scritto: “Quirinale è detto in disprezzo o di Roma, o di una tribù rustica che chiamavasi “Quirina” o da “quiritatio”, che significa schiamazzo; o piuttosto da “quirrito quirritas” significante grugnire e fare la voce del porco”.
Sulla piazza, nel 1583 papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) iniziò la costruzione di una residenza estiva (Palazzo del Quirinale), in un’area considerata più salubre del colle Vaticano o del Laterano, che venne affidata all’architetto Ottaviano Mascarino. I lavori si conclusero nel 1585, e quello stesso anno la morte del Papa impedì ad Ottaviano Mascarino di avviare un secondo progetto che prevedeva l’ampliamento del palazzetto per trasformarlo in un grande palazzo con ali porticate parallele e grande cortile interno.
Papa Paolo V (Camillo Borghese - 1605-1621) fu colui che commissionò il completamento dei lavori sul corpo di fabbrica principale del palazzo.
Papa Urbano VIII (Maffeo Barberini - 1623-1644) acquistò molti terreni ampliando la proprietà verso oriente a vantaggio soprattutto delle dimensioni del giardino che quasi raddoppiarono; lo stesso Papa procedette poi all’erezione di un muro di cinta che circondò il nuovo perimetro del complesso del Quirinale. Parti superstiti di questa cinta muraria sono ancora visibili su via del Giardino Papale (Vedi Via del Giardino Papale - Trevi).
Gian Lorenzo Bernini sotto papa Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-1667) progettò il fabbricato detto della Manica Lunga, realizzandone il primo tratto nel 1657-1659; l’edificio fu poi continuato nel 1722-1724 da Alessandro Specchi per papa Innocenzo XIII (Michelangelo Conti - 1721-1724), e terminato da Ferdinando Fuga nel 1730-1732 per Clemente XII (Giulio de´ Medici - 1730-1740).
Del breve intermezzo napoleonico (1809-1814) rimane la divisione della grande galleria che dava su Piazza del Quirinale per ricavare tre ambienti tuttora sussistenti: la Sala Gialla, la Sala di Augusto e la Sala degli Ambasciatori. Questa ristrutturazione portò alla perdita dell’unità del preziosissimo ciclo di affreschi realizzati nel XVII secolo da Pietro da Cortona. Altri ambienti furono solo leggermente modificati. Ovviamente, il palazzo fu depredato dei suoi arredi e delle sue opere d’arte, in particolare due quadri di Tiziano e del Guercino, tuttavia Napoleone Bonaparte non fece in tempo ad utilizzare personalmente il Quirinale.
Il Palazzo del Quirinale fu la residenza estiva del pontefice fino al 1870, quando Roma venne conquistata dal Regno d'Italia; divenne quindi la residenza dei re fino al 1946. L'ultimo papa ad abitare il Quirinale fu Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti - 1847-78) che fu anche l’ultimo ad impartire la benedizione dalla loggia del Quirinale, il 16 giugno 1846, quando “benedì l’Italia e poi la mandò a farsi benedire”.
Nella Piazza, Sisto V fece eseguire la prima fontana sul Quirinale da Giandomenico Fontana nel 1588. Papa Braschi (Pio VI) è ricordato per la sistemazione dell’obelisco tra le statue dei Dioscuri.
Com’è noto, le statue colossali dei domatori di cavalli, provenienti dalle terme di Costantino, furono collocate nella posizione attuale dall’Antinori, quando nel 1783 Pio VI (Giovanni Angelo Braschi - 1775-1799) fece innalzare l’obelisco tratto dal Mausoleo di Augusto.
E Pasquino una mattina al posto dell'iscrizione "opus Fidiae" scrisse: "opus perfidiae Pii VI". Poiché l’Antinori non riuscì, al primo tentativo, di spostare i gruppi equestri, per far posto all’obelisco, Pasquino, dopo aver anagrammato così il nome dell’Antinori: "Non tirai", scrisse sul piedistallo di un cavallo "In pulvem reverteris" e sull’altro "non commovebitur in eternum". E alludendo all’arma di Pio VI che ha un giglio piegato da una borea che soffia , disse: "Sixto iubente sistimus; vento suffia ante ruimus".
Il primo tentativo fu del 19 agosto, il definitivo del 2 settembre 1783.
Solo nel 1818 Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaromonti - 1800-1823) fece sostituire la precedente vasca della fontana, di cui si è persa traccia, con la conca di granito recuperata a Campo Vaccino, dove fungeva da abbeveratoio presso il tempio di Castore e Polluce.
Su via del Quirinale la Chiesa di Santa Andrea "de Cavallo” - (Sant'Andrea al Quirinale) [3] - L’attributo "de caballo" l’ebbe in comune con altra chiesa: "Santo Stefano de Caballis” o de Caballo, come era detta "dei cavalli marmorei", nel medioevo, tutta quell’area che si estende sul monte Quirinale, fra il palazzo Rospigliosi e Santa Andrea.
Anche di un’altra chiesetta che era fra le suddette due, e cioè San Nicolò dell’Oliveto, chiamata “de alivoto”, nel secolo XII, è ignota l’ubicazione al pari di quella di Santo Stefano. (vedi: “Roma e le chiese scomparse” di Ferruccio Lombardi, - Fratelli Palombi - 1996)
Quella di Santa Andrea invece, che in una Bolla mutila dell'XI secolo risulta già abbandonata, e che Cencio Camerario (XII-XIII sec.) mette fra le "ignotae et sine clericis" ebbe nel 1566 la sua area donata a S. Francesco Borgia, terzo generale dei Gesuiti, che vi costruì la chiesa. Quando l’anno seguente la duchessa di Tagliacozzo donò al Santo un giardino ed alcune sue case, contigui alla chiesa, San Francesco vi costruì il Noviziato dei Gesuiti. Nel 1653 il cardinale Adriano Ceva si offrì di fare ingrandire la Chiesa su disegni di Francesco Borromini [4] (1559-1567). Ma Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili - 1644-1655) non desiderando che, di fronte al palazzo pontificio, sorgesse "una fabbrica così grande" non ne permise l’esecuzione.
Auspice Don Camillo Pamphili, sotto il successore Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-1667) su disegni del Bernini (1598-1680) nel 1659, la chiesa "a forma di catino" era già coperta ed in seguito ornata di un lanternino, che, nella palla sotto la Croce, ha una reliquia della Santa Croce, reliquie di San Pietro, Santa Andrea e di altri santi, oltre ad un nuovo Evangelio di San Giovanni. Nel 1670, sempre dal Bernini che aveva presenziato anche l’opera di pavimentazione, fu disegnata la facciata, e nello stesso anno si riuscì a terminare la Sagrestia e la Cappella dei prelati. Il noviziato funzionò fino al 1870 e la cameretta dove aveva abitato S. Sanislao Kostka rimase fino al 1887 quando l’edificio fu in parte demolito ed in parte trasformato [5].
In antico, la via “Alta Semita”, nella già VI Regione augustea [6], che dalla regione dei Fori Imperiali conduceva fino alla porta Collina e poi alla Nomentana, si chiamava, fino a l’odierna Piazza del Quirinale: "Vicus Loci Fundani”.
É da questa piazza, che aveva inizio il “Vicus Alta Semitae” o “Alta Semita” rispondente, con un dislivello di 2 o 3 m al di sotto dell’attuale via del Quirinale e via XX Settembre. [7]
La zona attualmente compresa fra la via Nazionale e il Pincio per un verso, il Palazzo Reale e le mura di cinta della città, per l'altro, era il quartiere "ad malum punicum” una delle parti più aristocratiche e ridenti di Roma.
“Ad malum punicum” nacque Domiziano (81-96) in una casa presso Santa Andrea del Quirinale che, proprietà di Vespasiano, divenne il mausoleo della gente Flavia.
Lungo la via del Quirinale, Domiziano eresse il “Templum Gentis Flaviae” che rimase fino al IV secolo. Vi furono tumulati i tre imperatori (Vespasiano, Tito e Domiziano), Giulia figlia di Tito ed altri della gente Flavia. Il tempio scomparve per la ricchezza dei suoi marmi preziosi, per quanto fosse stato destinato a rimanere: "cum Sole et astris cumque luce romana” (Marco Valerio Marziale - c.40-104).
Tra i Templi presenti sul Quirinale quello del “Capitolium vetus” , logicamente precedente a quello classico che si afferma solo alla fine dell’età regia, fa pensare piuttosto ad un’origine Sabina, derivata dalla posizione eminente del colle (caput) e della sua importanza militare e politica che furono causa della guerra fra i Romani e i Sabini, terminata con la pace e la fusione dei due popoli per opera dei due Re Romolo e Tazio. Quando Servio cinse di mura la città, vi comprese anche questo colle, e la porta Quirinalis (fra via Quattro Fontane e via dei Giardini) fu una delle quattro esistenti su quest’altura [8].
Il tempio di Quirino [9] restaurato ed arricchito da Augusto (16 a.C.), occupava una parte dell’area dell’attuale palazzo reale e fu la miniera che fornì il marmo per gran parte della scala dell’Ara Coeli [10], gli scalini della quale furono “cavati da quella che anticamente era situata avanti al tempio di Quirino [11], che stava sul monte Quirinale”
Relative a questo Tempio, la festa delle Quirinalia (17 gennaio), istituite da Numa, si celebravano sul Quirinale, nel tempio di Quirino, con semplici libazioni, esclusa qualsiasi vittima. Officiava, istituito da Numa, il “Flamine Quirinale” [12] che, con il Diale (sacerdote di Giove Capitolino) e il Marziale (sacerdote di Marte), erano scelti tutti nella classe patrizia, ed erano fra le maggiori cariche.
Un tempio ben più antico, dedicato a Flora, già esisteva sul Quirinale, vicino a quello di Quirino, soprastante la valle, fra il detto colle e quello degli orti (il Pincio). Il culto di Flora, dea che presiedeva ai fiori, fu istituito in Roma da Tito Tazio, re dei Sabini, contemporaneo di Romolo, ciò che fa pensare che questa divinità fosse tra i Sabini prima della fondazione di Roma [13].
Un’altra divinità sabina “Semoni Sancto Deo” [14] era una divinità, o semi divinità, venerata in Roma che presiedeva alle alleanze e alla buona fede. Gli veniva sacrificato un bue sulla cui pelle erano trascritti i patti con i popoli vicini. Gli era dedicato un antichissimo tempio sul Quirinale sabino, vicino al tempio di Quirino, che dava il nome alla porta “Sanqualis” ivi esistente.
Sul Quirinale, alle none di agosto, si celebrava un solenne sacrificio nel sacrario della “Salute”, pure esistente sul Quirinale, fin dall’epoca in cui era occupato dai Sabini. Tempio che aveva dato il nome a quella parte del monte (via dei giardini papali) ed alla porta del recinto Serviano che ivi si apriva (porta Salutaris). Il Tempio era fra il tempio di Quirino e la casa di Pomponio Attico. Cioè verso l’estremità occidentale del palazzo reale (ora presidenziale), lungo il “clivus Salutis”. Fu votato nel 311 a.Ch. e dedicato, 8 anni dopo, dal Console C. Giunio Bubulco, il giorno 5 agosto. Nel IV sec. esisteva ancora il tempio della Salus o Valetudo.
La via “Alta Semita”, occupata da palazzi e ville, era fiancheggiata da sepolcri [15] gentilizi nel tratto fuori della porta Collina, come anche nel tratto urbano della via Salaria.
Nel IV sec., infatti, l’aristocrazia per lo più abitava l’Aventino, la regione del circo Flaminio, l’Esquilino e il Quirinale.
Le “domus” secondo Olimpiadoro, contemporaneo, erano: “Ognuno dei grandi palazzi abbraccia da solo tutto ciò che una città ordinaria sa comechessia offrire: un ippodromo (giardino per cavalcare), fori (piazze), templi, fontane e bagni” [16].
Sul Quirinale abitò il poeta Marziale, nella località “ad Pirum” vicino ad una fontana d’acqua Marcia, di cui chiese, in parte, l’uso a Domiziano (81-96). La sua dimora era al terzo piano, come lui dice: “et scalis habito tribus, sed altis, ecc.”. Suo padrone di casa Q. Valerio Vegeto (console nel 91) e l’ubicazione dell’edificio situato vicino alla vicus “pili tiburtini”, il tempio di Quirino e la domus Flaviorum, cioè circa l’attuale palazzo del Drago, alle Quattro Fontane (vedi - Trevi).
Tra la via XX Settembre e la salita delle Quattro Fontane, la villa di Tito (79-31), abitata e abbellita da Claudio Censorino (268-70), dove è stato rinvenuto, nel costruire le palazzine, un Mitreo collocato in un’aula rettangolare semi sotterranea di un grande fabbricato dell’età di Settimio Severo (193-211).
Nel Vicus Altae Semitae, sotto il Ministero della Real Casa (attuale palazzo Sant’Andrea-contiguo alla chiesa), sono conservati i resti della grande ara che Domiziano (86-96) eresse in onore di Vulcano [17] dopo l'incendio Neroniano del 64 [18].
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[1] ) “......ut Sabinis tamen aliquid daretur, Quirites a Curibus appellati.” - “...per fare almeno qualche concessione ai Sabini i cittadini ebbero da Cure (luogo natale di Numa) il nome di Quiriti.” - (Livio, I, 13).
[2] ) Nell’area compresa tra il Palazzo della Consulta e la chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, all’inizio della via del Quirinale, esistevano due monasteri di suore. Il primo, fondato nel 1571 per le Cappuccine, era chiamato del “Corpus Christi o SS Sacramento o Santa Chiara al Quirinale"; il secondo, fondato nel 1581 per le Domenicane, chiamato di Santa Maria Maddalena, in ragione del nome delle chiese comprese nei monasteri rispettivi. Nel 1888, in occasione della visita di Guglielmo II, imperatore di Germania e Prussia, in Italia, i due monasteri furono demoliti per la realizzazione di un giardino pubblico, come si vede ancora oggi.
[3] Per la Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, vedi: Via delle Quattro Fontane (Trevi)
[4] ) La prima pietra fu posta dal futuro Innocenzo XI.
[5] ) "Oggi in memoria della cameretta, questa è stata ricostituita altrove in fac-simile, e vi è stata posta la statua del moribondo giovinetto, S. Stanislao, che è l'opera più bella di Pietro le Gros" (1656-1719). Nella chiesa è sepolto Carlo Emanuele IV.
[6] ) Conteneva inoltre le terme di Diocleziano e Costantino, il tempio di Quirino, situato dove è ora il Palazzo del Quirinale, il tempio del Sole presso l’abitazione dei Colonna e il Castrum praetorium.
[7] ) Il Clivus Salutis (via della Consulta), il Clivus Marmuri (via San Vitale) e quella che è oggi la via delle Quattro Fontane l’univano al Vicus Longus (via Nazionale). Altre vie della VI regione, erano il Vicus Pili Tiburtinae (da un pilastro in loco) presso la porta Quirinale, il Vicus Semoni Sauci e il Vicus Fortunae presso i rispettivi templi.
[8] ) Le altre furono la Fontinale, la Sanqualis e la Salutaris.
[9] ) L'antico sacello fu sostituito dal tempio eretto nel 325 a.C. dal dittatore L. Papirio Censore e dedicato nel 293 da suo figlio. Il culto era sorto sul Quirinale dopo la visione avuta da Giulio Proculo.
[10] ) La scala dell'Ara Coeli fu costruita nel 1348 ad uso dei fedeli che andavano a ringraziare la Madonna per la scampata pestilenza o morte nera (ex voto).
[11] ) Secondo Plinio, nel tempio di Quirino, 12 anni avanti la guerra contro Pirro (281 a.C.), fu sistemata la prima meridiana, introdotta a Roma, da L. Papirio Censore, dalla Grecia, dove sarebbe stata inventata da Anassimene Milesio discepolo di Talete (640-543 a.C.).
[12] ) Flamine: Benda di lana che il sacerdote portava intorno al capo.
[13] ) Dizionario storico e critico di De Pierre Bayle, Parigi 1820.
[14] ) L'Ercole dei Sabini.
[15] Sulla strada che saliva dalla via Lata alla porta Salutare era la facciata del sepolcro dei Semproni (Via della Dataria - Trevi).
[16] “In quell'epoca la città possedeva: 11 fori, 10 basiliche (profane), 28 biblioteche pubbliche (7 conosciute), 300 magazzini pubblici, 46.602 insulae e 1790 domus".
[17] Pare anzi che di queste are, l'imperatore ne costruisse ex voto, in ciascuna delle regioni colpite dal disastro e al limite estremo raggiunto dalle fiamme. (Un'ara simile fu rinvenuta presso l'angolo sud-ovest del Circo Massimo ai piedi dell’Aventino). Sulla via del Quirinale (La strada correva in quel punto a metri 1,83 dal livello attuale), una lunga gradinata in travertino, di metri 35 di fronte, portava in un’area lastricata, limitata da cippi a piramide, che aveva nel mezzo l’ara, lunga metri 6,20, larga 3 e alta 1,45. Riferisce il professor Lugli, che l’ha esattamente misurata, che il bordo superiore ha una sporgenza per l’innesto del pulvino di marmo; manca quasi tutto il rivestimento, che era fatto di lastre di marmo spesse metri 0,12, ad eccezione di alcuni pezzi della cornice di base, sagomata con una gola. Nel lato corto di sud-ovest resta la sporgenza alla quale era applicata l'iscrizione di Domiziano. L'interno dell’Ara (metri 4,60 x 1,80) è vuoto quasi fino a metà dell'altezza; le pareti sono formate di due soli filari di blocchi di travertino, lunghi oltre 3 m. Intorno all’Ara corre una crepidine (basamento) di due gradini larghi metri 0,50 e 0,35 e alti circa metri 0,20; il piano della piazza si trova a metri 3,85 sotto il livello stradale odierno. Su due massi oblunghi di pietra tiburtina è stata trovata quest'iscrizione: (traduzione) "Questa area consacrata e racchiusa da cippi, insieme con l’ara che si trova più in basso, è stata dedicata dall’imperatore Cesare Domiziano Augusto Germanico, in seguito ad un voto fatto da lungo tempo, e poi dimenticato, con lo scopo di allontanare gli incendi, quando la città arse per nove giorni al tempo di Nerone. Con la presente legge ad essa viene dedicata e non è permesso ad alcuno di costruire edifici fra questi termini, né sostare, né fare negozio, né piantar alberi, né altre piante. Il pretore, al quale toccherà in sorte questa regione e nessun altro magistrato, farà sacrifici ogni anno nel giorno della festa di Vulcano (il 23 agosto) uccidendo un vitello rosso e un maiale intero ecc". Iscrizione, che era ripetuta anche sull’altro masso. Un Vicus d’Alta Semita si chiamava “ad gallinas albas”.
[18] Dice Tacito: "Sembrava che Nerone ambisse la gloria di fondare una nuova città e di darle il proprio nome, perché delle 14 regioni in cui Roma era divisa, quattro soltanto restavano integre, 4 erano abbattute al suolo e delle altre 7 restavano pochi avanzi di tetti laceri e semi consunti dal fuoco". Vedi anche Svetonio (Nero, 38).
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