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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Porto di Ripa Grande (R. XIII – Trastevere) (dal Ponte Palatino al Ponte Sublicio)

Al tempo dei Romani [1] il porto di Ripa Grande dette il colore alla XIII regione.

Infatti la popolazione della “regio” era costituita da marinai e da quanti erano adibiti al servizio del fiume scaricatori (saccarii), barcaroli (lenuncularii, schapharii), costituiti in corporazioni.

Settimio Severo fu il patrono di quella dei pescatori.

Vi alloggiavano  pure i “lettigari” (castra lecticariorum), gli armatori, i “mercatores frumentarii et olearii”, i “negotiantes corarii” (conciatori), con i loro stabilimenti fra porta Settimiana e Ripagrande, i “citrarii” (agrumi) ed i venditori di vino oltre ai tavernieri, l’industria della lana, l’ars figulorum (vasaio), l’ars molitoria, quella dei vetri ed i migliori lupanari, fino al secolo XV.

Vi fu creata la “fojetta” da  certo Maggino, ebreo che ne ebbe il monopolio fino al 1592 [2].

Fin dai tempi dell’imperatore Claudio (41-54) vi abitarono molti ebrei, accresciuti in seguito ai tempi di Tito (79-81) che istituirono sinagoghe, scuole e perfino un tribunale: il “Beth Din” che giudicava secondo la legge mosaica e le decisioni avevano forza di legge.

La più parte degli ebrei si fissò vicino alla chiesa di Santa Cecilia, presso la quale, nel medioevo, esistette una “via de Corte Judei nanti al palazzo”; altri si stabilirono vicino a S. Francesco a Ripa, altri vicino a porta Capena e nuclei nella Suburra e nel  Campo  Marzio,  fino  a  quando  Paolo  IV  (Gian Pietro Carafa - 1555-1559)  non  li  rinchiuse  nel Ghetto [3].

Ai censori Quinto Fulvio Flacco e Postumio Albino, consoli nel 99 a.Ch., si deve la costruzione di un vero e proprio Porto Fluviale [4] che completò l’opera di Marco Emilio Lepido,  console nel  187  a.Ch.,  e  Marco  Emilio  Paolo,  console  nel  255 a.Ch., sulla sponda sinistra del Tevere (Testaccio).
Per la via fluviale arrivavano grandi quantità di merci e cibarie, sia  dall’interno,  navigabile per 30 miglia, sia dai più lontani paesi. Dall’Egitto solamente,  giungevano annualmente 800.000 tonnellate di grano [5].

Al frumento vanno aggiunti “tutti i prodotti orientali per l'esistenza lussuosa dell’Urbe, e primi fra questi i marmi” [6] che in quantità enorme affluivano dalle più remote regioni. Quando le “naves magnae” trovarono un impedimento per i banchi di sabbia, le merci arrivarono sulle “actuariae” trainate prima da schiavi e poi da buoi e bufali, dei quali si stabilì un allevamento nell'isola Tiberina”.

Dei resti del porto dice Flavio Biondo (1392-1463): “nel vicino letto del Tevere si ricognoscono ancora i segni e i vestigi degli Arsenali e ricetti vecchi e nuovi, e nei quali si conservano le navi; quel luogo a tempi nostri si chiama Ripa, ove sotto quel ponte hora lastricato di marmo, i navili che vengono da tutto il mondo con le robe per mare si fermano, tirate con le funi oggi dagli uomini e già dai cavalli”.

Altro ostacolo alla navigazione erano le piene e qualche volta il freddo.
Livio dice che nel 398 a.C. “Insignis annus hieme gelida ac niuosa fuit [7], adeo ut uiae clausae, Tiberis innavigabilis fuerit”.

Anche Sant’Agostino (354-430) scrisse che, nell’anno 177, il fiume rimase gelato per 40 giorni; così come avvenne alla fine del 1400: “memoria come quest'anno 1461 furono sì terribili freddi, che mai più homo si ricorda più de 50 anni fussero così intensi, per ben che fussero fredi anche l’altri dì, ma cinque di continui, cioè dalla vigilia dell'Epifania insino al sabato seguente: et lo Tevere: et Paglia in più luochi fu passato da un canto et l'altro sopra al ghiaccio, et uno sabato e la domenica Costantino de’ Conti da Corbara, patre de Ser Pepo et Troiolo, ad perpetuam rei memoriam, lui con 40 altre persone passarono lo Tevere lì al passo della Nave sopra al ghiaccio per memoria”.

E un altro cronista narra che nel 1522: "stette il Tevere ghiacciato sei giorni".

A difesa del passaggio Leone IV (847-855) nell’848 v’innalzò una torre [8] che dette poi il nome alla Chiesa di Santa Maria della Torre, chiamata poi santa Maria del Buon Viaggio.

Appunto presso la torre era la “Ripa Magna, in loco ubi adest Cathena ferrea, et fit Dohana”.  Molti ordinamenti furono dati dai papi al servizio portuale e fin dal 1449 fu istituito il Camerlengo.

Per la disciplina e le controversie nel Porto, fin dal 1449 fu istituito il Camerlengo “un Maestrato solito a darsi a un Gentil'huomo Romano, sotto il titolo di Camerlengo di Ripa”. La sua nomina, che anticamente era di competenza del popolo, fu poi assunta dal governo ed un tribunale di Ripa, che era composto dal cardinale camerlengo, di un presidente e dal Camerlengo di Ripa.
Il Commissario di Ripa, nel 1594, riceveva un compenso di 300 scudi annui ed il Governatore di 222.

L’ufficio di Notaro si appaltava per un novennio, come quello di Mandataro e del Pesatore. Gli statuti ripali si fanno risalire a Pio II (Ennio Silvio Piccolomini - 1458-1464) che, fra le altre, dà facoltà al Camerlengo “di poter inquisire sopra tutti e singoli malefizi, crimini e delitti commessi in Ripa e suo distretto e punirli con discrezione, secondo la qualità della persona e la gravità del delitto”. Ed il Camerlengo legifera infatti: “che nessuno  ardischi di biastimare Iddio né la sua Madre od altro Santo”.

Egli proibisce il giuoco e che abitino nei dintorni vagabondi e donne di mala fama: “sotto pena di due tratti di corda e la galera all'homini, e alle donne la frusta, et a chi le tenerà ovvero albergherà, la pena di scudi 25”; “di far romore e di ingiuriare alcuno” ecc. e, siccome la sua giurisdizione si estendeva anche sui natanti, dispone che: “per obviare a molti scandali, il Camerlengo comanda ad ogni patrone di barcha, o un ministro di essa, che non debbia portare da Roma in qualsivoglia loco nella sua barcha donna di qualsivoglia età et conditione, né putti da 15 anni in giù senza licentia” [9].

Così il tribunale di Ripa surrogò nei suoi componenti i "Comites sacrarum largitionum" per  l’amministrazione della giustizia in materia di commercio.

A tutela dell’interesse commerciale, ogni nazione aveva un console od un suo sostituto e lo scarico delle merci doveva essere sorvegliato dai “gabellotti”.

Nel 1472 salparono da Ripa [10] le 24 galere che,  al comando del cardinale Carafa, andarono a formare, con quelle di Venezia e di Napoli, la squadra che l’ammiraglio Mocenigo portò alla conquista di Attalia e di Smirne.

Quanto alla dogana, fu Innocenzo XII (Antonio Pignatelli - 1691-1700) che, nel 1695, ne fece costruire una adatta, dall’architetto Mattia de Rossi, e sul fronte vi fu apposta questa lapide: “Rev. pr. D. Hieronimus Melchiorius, Camerae Apostolicae decanus et riparum praeses, per eius auditorem, servatis servandis, sententiavit ripas fluminis omnibus navigantibus esse comunes. In actis notarii ripae die secunda Jannuarii 1577, curante Alexandro Boncore, sacrae catholicae Maiestatis generali consule, ad perpetuam rei memoriam” (Si riconosceva perciò la libertà di attracco e l'eguaglianza dei diritti). La dogana funzionò fino verso la fine del XIX secolo.

Il traffico delle merci e dei passeggeri gradualmente si spostò sulla riva destra, a partire dal medioevo e, verso la fine del XVII secolo (1693),  Innocenzo XII (Antonio Pignatelli - 1691-1700) fece costruire il nuovo porto di “Ripa Grande” di fronte al porto di epoca romana.

Ultimi frequentatori del porto furono velieri e piccoli piroscafi che trasportavano il vino dalla Sicilia e che davano ospitalità a bordo, a tutti quei cittadini che innaffiavano i cibi forniti dalla cambusa con la “vernicetta” (vino artefatto, colorato artificialmente) della Sicilia o delle Puglie. E di giorno sotto la tenda e la notte alla luce... abbagliante dei lumi ad olio e i cittadini romani “s’intoppavano in letizia”.

Il tonnellaggio di quei velieri ha un’origine gloriosa. Dice infatti Pascarella che quando la regina Isabella chiese a Cristoforo Colombo: 

Ma scusi le domanne, lei che vo’?
Tre navicelli (disse Colombo)
E ognuno, putacaso, quanto grande?
Eh, fece lui, sul genere de quelli
Che porteno er Marsala a Ripagrande.

I primi vapori che vi approdarono furono la Archimede, il Blasco de Cary e Papin, il 22 agosto 1842. Erano stati fabbricati per ordine del governo pontificio nelle officine Seaward & Capel di Londra, per sostituire i bufali, nel rimorchio delle navi da Fiumicino a Roma e da Roma nell’interno della Sabina. Ciascuna aveva 30 cavalli di forza.
Dice il cardinale Barberini in data 17 febbraio 1674: “un bell'ingegno pretende di rendere navigabile il Tevere da Roma dalla parte di sopra sino a Perugia in poca distanza dalla città onde ne ha dato raccordo, quale anco sì è messo in pratica con una certa navicella che ha surtito buon effetto”. (Biblioteca vaticana manoscritto 6411)

___________________

[1] )        Furono nelle vicinanze del porto il campo di Persenna, quando Muzio Scevola tentò di ucciderlo (Livio II, 12-13) e Clelia sfuggì alla cattura, anche qui la Naumachia di Caio Giulio Cesare. (Vedi “via del Canale” - Trastevere). Trastevere è stato difeso da quattro cinte murarie successive. La più antica è dell’epoca dei Re; ma andava solo dalla sommità del Gianicolo al Tevere. Aureliano (270-275) allargò la cinta che del Trastevere terminava a nord con la porta Settimiana e a sud con la Portuense. Venne così compreso nella cinta una parte del Trastevere, ma non il Vaticano. Il ponte Sublicio (di fronte a S. Michele) collegava l’Urbe al Trastevere.

[2] )       Le misure del vino a Roma erano: Il barile - litri 58,3416 = 4 quartavoli, di 8 boccali, di 2 mezze, di 4 fogliette. La Foglietta misurava quindi 0,227 litri (quasi un quarto).

[3] )        Il muro che limitava il ghetto fu cominciato il 26 luglio 1553 e terminato il 3 ottobre, i cancelli venivano chiusi al tramonto e riaperti all’alba. Fu poi abbattuto da Pio IX alle 22 del 17 aprile 1847.

[4] )       La  Porta  Navalis  era  presso  l’antico  porto  di  Ripa,  fra  San  Michele  e  Santa  Maria dell’Orto. A monte del punto di sbarco, esistevano impedimenti per diminuire la corrente fluviale, e per facilitare così le operazioni di scarico e carico.

[5] )        I “negotiatores et mercatores frumentarii”, i “domini navium” (armatori) e i “navicularii” (piccoli armatori), per l’importanza della loro funzione, avevano leggi che assicuravano loro l’immunità.

[6] )        Vedi "via di Marmorata" (Ripa).

[7] )        Livio, nel libro V, 13 : “Anxur (Terracina) in Volcis brevi receptum est neglectis dic festo custodiis urbis – Insignis annus hieme gelida ac nivosa fuit, adeo ut viae clausae, Tiberis innavigabilis fuerit. ….Tristem hiemem, sive ex intemperie caeli, raptim mutatione in contrarium facta,  sive  alia  qua  de  caussa,  gravis  pestilensque  omnibus  animalibus  aestas  excepit” (Livio 5, 13)

[8] )        Un’altra torre le faceva riscontro dall’altra ripa.

[9] )        Un altro mestiere, pure da lui regolato, fu quello dei “cercatori di fiume”, i moderni sommozzatori. Decretava il Cardinale Caetani che essi potevano andare in barca  “in qualsiasi parte del Tevere cercando, cavando et raccogliendo con qualsivoglia istrumento ogni e qualunque sorta di robbe come oro, argento e altre sorte di metalli, ferri, piombi, stagni et pietre preziose et altre cose concernenti il guadagno loro, purché non cavino dodici palmi appresso alli fundamenti delle case”.

[10] )      I Papi costruirono la maggior parte delle loro navi sul Tevere, giacché in Trastevere avevano stabilito il loro arsenale.
Una “schola sandalariorum” (università dei barcaroli) è nominata in un documento farfense del 1115.
Delle 24 galere e 6 navi da trasporto partite, come detto, al comando del cardinale Carafa,  nel 1472 (Sisto IV), buona parte furono  costruite nell’arsenale Tiberino. Ma anche prima, sotto Leone IV (847-855) nel cantiere alla Longara, fu costruita, nel 849, quella flottiglia che con galee di Napoli, Gaeta e Amalfi, sconfisse i Saraceni.
Nell’autunno del 1455 “si dispiegava lo sguardo degli spettatori, prospettiva ai nostri giorni inusitata, : 25 legni da guerra sui cantieri,16 galere, 6 fuste, una galeazza, alcune navi, tende, maestro soldati, artiglierie, prelati, popolo e il Papa (Callisto III) in mezzo, per più vedere all’armata navale”. Il successivo 31 maggio (1456) il Pontefice scese al Tevere e attaccò la croce alla spalla del cardinale legato Scarampo, benedicendo la flottiglia che partiva (e che ebbe vittoria: “li christiani, hebbero vittoria contro dello Turco, delli quali ne foro morti più di sessantamile, et lo Turco campò lui con poche persone”.).
E più tardi Alessandro VI (Rodrigo Borgia - 1492-1503) riuscì ad allestire una flotta di 16 triremi e Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) 10 galere per liberare la spiaggia dai corsari che l’infestavano e, con la costituzione “In quanta” del 23 gennaio 1588, fissò la somma di scudi 102.500 per la loro dotazione.

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Porto di Ripa Grande
- Via del Porto

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