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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza e via di Sant’Andrea della Valle (oggi via del Teatro Valle) (R. VIII – Sant’Eustachio - R. VI Parione) (nella piazza convergono: via del Rinascimento, Corso Vittorio Emanuele II,  Largo del Teatro Valle da cui parte la via che arriva a piazza Sant’Eustachio)

Si vuole che la località si chiamasse "Valle" dalla depressione del terreno che aveva un’appendice in quella "Vallicella" ch’è attualmente la Piazza della Chiesa Nuova (vedi Parione).

Secondo l’archeologo Famiano Nardini, lo stagno, che s’era formato con lo scolo delle  acque  del  Pincio  e  del  Quirinale [1],  è  identificato  in  quella   "palus Caprae" [2]  che  aveva  visto  la  sparizione  di Romolo (Livio lib. I, 16).
Si prolungava da Sant’Andrea della Valle “alla parte della Dogana Vecchia rispetto alla larghezza”. 
“La lunghezza, da Sant’Andrea alle Terme di  Nerone, o dir si voglia a Sant'Eustachio, stendevasi a palmi 1100; in larghezza non era minore di 800, prendendola per linea retta, che passa al lato occidentale di Santa Chiara (piazza di Santa Chiara), e tutta la circonferenza 3000 in circa
" [3]. “Tutta la contrada prese il vocabolo della Valle”, nonostante la riempitura con terra di riporto.

Fu più tardi che, secondo Tacito, nello “Stagnum Agrippae”, attraversato dall’“Euripus[4],  Nerone e Tigellino svolgevano le loro orge [5] su un padiglione galleggiante.
Lo stagno di Agrippa confinava a Nord col "Porticus Boni Eventi" che è sopravvissuto con i suoi ruderi fino al XVI secolo [6]. Subì gravi danni dall’inondazione del 374, ma fu ripristinato dal prefetto di Roma Claudio, sotto Valentiniano I (364-375).

La località che, come accenna il Nardini, sembra sia stata riempita artificialmente, fu, nel tempo, costruita “in disordine et deformità" rimanendo modesta con palazzetti con bassi porticali su strade strette e "occupate in vari modi".

È impossibile descrivere singolarmente le variazioni avvenute in circa quattro secoli. dopo lo sventramento del rione iniziato con l’erezione della chiesa e del convento di Santa Andrea della Valle nel 1591 e la costruzione del nuovo Corso del Rinascimento nel 1940 [7],

La Piazza che era detta di Siena, per il palazzo costruitovi dai Piccolomini di Siena, cambiò in Sant’Andrea della Valle, quando Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590), nel 1590, abbatté tutte le casupole che circondavano la piazza per ingrandire la via Papae.
Era dalla via papae che prima si staccavano due stradette, delle quali una immetteva alla Piazza dei Quadracci [8] e l’altra alla Piazza di Siena.
Fra le due "giaceva una piccola chiesa congiunta ad una casetta, con la residenza del Rettore, chiesa e casa formavano isolato".
Secondo la tradizione, la chiesa sarebbe stata edificata sul posto dove la matrona Lucina aveva rinvenuto il corpo di S. Sebastiano [9], sospeso ad un arpione, sotto il quale passava la torbida corrente dell’Euripus.

Insieme alla piccola chiesa di San Lodovico re di Francia, sede dei Credenzieri e poi dei Savoiardi, fu abbattuto anche S. Sebastiano [10], la statua del quale figura oggi sulla facciata della chiesa di Sant’Andrea, che occupa l’area delle due chiesette. (Vedi la pianta du Pérac del 1577)

Il palazzo dei Piccolomini, costruito circa a metà del secolo XV da Francesco Todeschini Piccolomini, venne da ultimo in possesso della duchessa d’Amalfi, donna Costanza Piccolomini, che lo donò ai Teatini [11].
Questi abbatterono il palazzo con alcune casupole adiacenti e, sull’area risultante da queste e dalle due chiese suddette, cominciarono, nel 1591, a costruire la Chiesa in onore di Sant’Andrea, protettore d’Amalfi, feudo della donatrice, con l’aiuto del cardinale Alfonzo Gesualdo (1540-1603).
Il cardinale nipote Alessandro Peretti (1571-1623) proseguì la costruzione della chiesa che venne terminata dal nipote di quest’ultimo, cardinale Francesco Peretti (1595-1655), su disegno di Pietro P. Olivieri (1551-1599) e poi di Carlo Maderno (1556-1629), mentre il completamento della facciata, opera di Carlo Raimondi (1611-1691), nel 1665 [12], mise fine alla costruzione totale della chiesa che ha, dopo S. Pietro, la cupola più grande di Roma.

Sul fianco della facciata, l’angelo, che vi si appoggia solitario, è dovuto allo scalpello di Giacomo Antonio Fancelli (1619-1671) che, sdegnato dalla critica fattagli e ai versi che Pasquino scrisse: 

"Vorrei volare al pari di ogni uccello,
Ma qui fui posto a forma di puntello!"

non volle più eseguire l’altro che avrebbe dovuto sorgere dalla parte opposta, nonostante l’interessamento di Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-1667) allora regnante.

Nel tempio, affrescato dal Domenichino nei peducci della cupola, nella volta e nella tribuna, vi fu sepolto Monsignor Giovanni della Casa (1503-1556) [13], autore del famoso "Galateo".
Nel 1614, trasportate da S. Pietro, furono messe in istoriati cenotafi le spoglie di Pio II (Enea Silvio Piccolomini - 1458-1464) e Pio III (Francesco Nanni Todeschini Piccolomini - 1503), i due papi Piccolomini che ebbero qui il loro palazzo [14],.

Vi fu pure eretto, ad opera del Poliziano (Angelo Ambrogini - 1454-1494), il monumento di Pietro Bembo (1470-1547), fatto cardinale da Paolo III (Alessandro Farnese - 1534-1550) nel 1539, dopo mille contrarietà forse causate anche dall’amicizia da lui avuta con la duchessa di Ferrara, Lucrezia Borgia (1480-1519) [15].

Contrarietà ed avversità che gli facevano scrivere, il 5 febbraio 1539, al cardinale nipote Farnese:
"io non harei creduto, che quelli che cercano che io non sia ostacolo alli desideri d’intorno al cardinalato, per conto di questa republica, dovessero porre la mia innocenza in compromesso, si come intendo che essi fatto hanno appresso la somma bontà e prudenza di Nostro Signore con ingiustissime e falsissime obiectioni de la persona mia" [16].

La chiesa di Sant’Andrea [17] ebbe l’attributo della Valle, quando il palazzo costruito dal cardinale Andrea di questa famiglia (i Della Valle) [18], per le demolizioni ordinate da Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) per l’allagamento della “via Papalis”, si affacciò sulla Piazza di Siena.

La Via - I Della Valle, che precedentemente abitavano all’Ascesa (presso il clivus argentarius, alle Chiavi d'Oro [19]), vennero ad occupare questa località circa nella metà del XV secolo.

Ma le loro case, in seguito alle lotte avute con i Santacroce, furono fatte demolire da Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1471-1484).
"Francesco Della Valle introdottosi in casa di sua sorella, moglie di un cugino dei Santa Croce, sorprese uno di questi, Francesco, che stava cenando in compagnia dei suoi cugini e senza dargli tempo di difendersi con un sol colpo di spada recise la testa del suo nemico".
Tanto Francesco della Valle quanto Giorgio Santacroce, che precedentemente al fatto avevano "zoppato, ferendolo malamente" un della Valle e che, nell’assalto alle case di costoro, avevano ucciso Girolamo Colonna, figlio naturale del Prefetto, furono il 9 giugno 1483 dichiarati ribelli dalla Chiesa. E poiché nessun effetto aveva dato la taglia posta su di loro, “Nostro Signore (Sisto V), per estirpare tutte le radici, ha comandato si gettino in terra la loro case e così di continuo si gìttono (si stanno demolendo).

Dopo la demolizione, (parziale o totale delle case), il cardinale Andrea della Valle  fece costruire un palazzo, nei primi del secolo seguente, da Lorenzo Lotti (1494-1541). Il Palazzo, che è tuttora in essere, porta scolpito il nome del cardinale nella cornice di travertino del portone e sulle finestre del primo piano.

Dopo il cardinale Andrea, fu celebre un Pietro della casata, nato nello stesso palazzo nel 1586, viaggiatore famoso, soprannominato per questo "il pellegrino".
La sua casa "era aperta ad ogni geniale convegno, ad ogni onesta ricreazione, a radunanze di poeti, filosofi, teologi, che vi disputavano. Vi si rappresentavano anche commedie, a cui erano presenti cardinali, prelati e ambasciatori".
Vi ebbe sede anche l’accademia dei Lincei, della quale fu magna pars il filosofo Tommaso Campanella (1568-1639).

Ingranditi più tardi i possedimenti immobiliari, i Della Valle ebbero dalla parte della via della Valle altre due case con torri.
Appartenute prima a Niccolò passarono ai suoi nipoti e poi al cardinale di Santa Sabina, Bernardo Eroli, nativo di Napoli.
Egli restaurò gli edifici  e la torre che, dai Della Valle, era chiamata Vallense.

Di un’altra torre su questa via della Valle (ora del Teatro Valle), era proprietaria Giuliana, moglie del nobile Lello Cancellieri, torre solarata (a più piani) e tegolata e con uno spiazzo, che serviva a dividerla dalla pubblica via.

Questa via della Valle si cambiò in via del Teatro Valle [20], quando, nel 1726, i marchesi Capranica del Grillo affidarono all’architetto Tommaso Morelli la costruzione del teatro (che precedette così quello dell’Argentina), in luogo dell’edificio già occupato dall’Accademia di Francia, trasferitasi a palazzo Salviati.

Vi  fu  rappresentato  per  la prima volta l’Aristodemo di Vincenzo Monti (1754-1828), allora segretario [21] del duca e della duchessa Braschi, Costanza Falconieri ("Nigra sum sed formosa”). Il teatro era frequentato dalle più alte autorità cittadine per i programmi di alto livello che vi si svolsero e che attiravano un pubblico numeroso.

Così racconta un diario:
"11 novembre 1737 - nella sera precedente, nel teatro Valle, avendo alcune persone ordinarie fatto rumore a ciò si recitasse un intermezzo in musica che piace al popolo, il giudice criminale, che vi assisteva, fece calare, prima che terminasse, la tenda e furono carcerate sei persone, delle quali a due fu data la corda e le altre furono legate alla medesima, e tal esecuzione fu fatta alle ore 19".

Il teatro fu rinnovato nel 1765 e una cronaca dice: - 26 giugno 1765 - " Dai signori Capranica si è dato principio ai fondamenti del teatro Valle, quale si ingrandisce e si edifica tutto di nuovo".
Riuscito, benché piccolo, molto elegante, beneficiò di un pubblico meno misto del precedente. Aveva visto fra i suoi spettatori Volfango Goethe [22] plaudente alla prima rappresentazione dell’Aristodemo di Vincenzo Monti.

Il teatro ricostruito dai Capranica (1821-1823) per opera degli architetti Valadier (1762-1739) e Camporesi (1792-1873) rovinò, in parte, dando luogo a controversie che non fecero riaprire il teatro prima del 1824 [23], ma in una veste tale che ne fu scritto: "Occorrerebbe un volume per segnalare soltanto il passaggio da questo teatro Valle, di tutte le primarie compagnie drammatiche di Italia, non esclusa la comparsa intermittente di alcune compagnie di alcuni celebrati attori e attrici francesi, tra cui Sarah Bernhardt, Coquelin e la Rejane".
Anche Adelaide Ristori (1822-1906), prima di diventare marchesa Capranica del Grillo, vi apparve [24] quale "Sirio d'arte ideal".

Fu nei primi anni e precisamente il 9 aprile del 1834 che il Monsignor Governatore, non soddisfatto degli spettacoli che vi si davano, fece chiudere il Valle.

Chiusura così illustrata dal Belli:

"Li teatri de Roma sò ariuperti,
Ciovè la Valle e’r teatrino Fiani [25].
In quanto a Cassandrino li Romani
 Dicheno a chi cce va : lei se diverti.
Ma ppe la Valle state puro certi
Che manco se farebbe a li villani.
Pebbìo, si che canta! Ieso, che cani!
Peggio assai de li gatti de Liberti [26].
Dice: la terza sera non fischiorno.
Chi aveva da fischià? Li chiavettari? [27]
Si er teatro era vôto come un corno!
Bast’a ddì cch’er Governo ha ssopportate
Quattro sere de rajji de somari,
Eppò ha ddetto a Paterni [28]: Oh ariserrate!

____________________

[1]              In seguito occupati in parte dagli "Horti Sallustiani”.

[2] )            L’origine del nome forse dalle mandrie pascolanti nei dintorni, che si riparavano dal sole nei vicini “luci”, boschi consacrati poi a Marte (lucus Mavortianus), a Minerva ed alla Vittoria.

[3] )            La parte retrostante a Sant’Andrea della Valle.

[4] )           L’“Euripus” era un canale scavato per raccogliere le acque provenienti dal Pincio e dal Quirinale, le quali avevano appunto formato la “palus Caprae”.

[5] )            (Tacito, libro XV, ann. 62-65d.C.- XXXVII) "Di questi conviti il più celebre per fasto e per fama fu quello imbandito da Tigellino, e che io riferirò come esempio, per non stare a raccontare troppo spesso le folli prodigalità. Costruì, dunque sul lago di Agrippa una zattera, sulla quale stava in banchetto, e che era posta in movimento da altre navi che traevano la zattera a rimorchio. Vi erano navi con fregi d’avorio e d’oro, che avevano per rematori degli amasi (amanti) posti in ordine a seconda dell’età e dell’esperienza nelle libidinose dissolutezze. Tigellino aveva fatto venire uccelli e fiere da remote terre ed animali marini fin dal più lontano oceano. Sulle banchine del lago stavano lupanari affollati di donne della nobiltà, mentre dalla parte opposta si scorgevano sgualdrine che offrivano lo spettacolo delle loro nudità. Già si coglievano gesti e movimenti osceni del corpo; quando poi scesero le tenebre, tutti i boschi intorno e le case circostanti risuonarono di canti e scintillarono di luci. Nerone, contaminato da ogni sozzura al di là del lecito e dell’illecito, sembrò non avere risparmiato alcuna scelleratezza per dare di sé esempio della  massima  corruzione,  quando  pochi  giorni  dopo giunse a celebrare...".

[6] )            Il tempio è probabile sia stato costruito da Agrippina, perché il "Boni Eventi” è una divinità messa in onore al tempo di Augusto e della quale si può vedere l’immagine in un frammento della Ara Pacis, conservato al Museo delle Terme. Claudio, prefetto nel 374, sotto Valentiniano e Graziano, fra i vecchi edifici da lui restaurati "excitavit porticum ingentem, lavacro Agrippae contiguam Eventus Boni cognominatam, ea re quod huius numinis prope visitur templum”.
Ma dei due edifici, che forse già esistevano, egli non deve aver rifatto che il portico. Non si sa però quale fosse la sua precisa ubicazione né quale forma avesse, solo alcuni capitelli di smisurata grandezza, rinvenuti tra la via di Monterone e il vicolo del Melone, ci dicono della sua maestosa esistenza. L'arma del Pontefice Pio IV, ch’è sulla porta Nomentana, è stata ricavata da “un capitello di smisurata grandezza” proveniente dal “Porticus Boni Eventi”, che sorgeva in parte sull’area di Santa Maria in Monterone e arrivava a via dei Sediari.
È un’ipotesi che il portico fosse attorno al tempio del quale sono rimasti due muri in opera quadrata di tufo, sotto la chiesa di Santa Maria in Monterone.
Certo, il portico e il tempio si trovavano fra lo stagno e i giardini, i quali confinavano ad ovest con una via piantata sul tracciato della moderna via dei Sediari (corso Rinascimento), che partiva dal teatro di Pompeo, rasentava i giardini medesimi e quindi divideva le terme Neroniane dallo stadio di Domiziano, unendosi con la via Recta (via dei Coronari), presso la piazza di Sant’Agostino.

[7] )            Nel 1887, la costruzione del corso Vittorio Emanuele cambiò completamente tutta la zona. Il palazzo Massimo è così tondeggiante per la strada curva che vi stava all’ora davanti.

[8] )            « via publica quae de via Papae protendit ante domos de Quatraciis ».

[9] )            Cimitero "ad catacumbas” sull’Appia dove fu sepolto il corpo di S. Sebastiano dopo essere stato “ripescato”, forse, dall’Euripus (di qui la chiesa di San Sebastiano a Piazza di Siena, ora Santa Andrea della Valle) da una pia donna, che lo seppellì appunto "iuxta vestigia apostolorum ad catacumbas” (atti San Sebastiano del V secolo).

[10] )           La chiesa di San Sebastiano fu fatta abbattere da Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) nell’anno 1590. Il suo appellativo era “San Sebastiano de via Papae”.

[11] )           Nel 1582, sull’angolo del vecchio convento con via Monte della Farina, a sinistra dell’ingresso, vecchi graffiti con nomi e date (nomi italiani e stranieri, date seicentesche) erano incisi sui mattoni sino a un paio di metri di altezza.

[12] )           La consacrazione della chiesa di Sant’Andrea della Valle avvenne nel 1589, e nei primi tempi funzionò da parrocchia per i francesi residenti in Roma. La campana minore della Chiesa reca il nome di Enrico Waghevens (fonditore di campane) e l’anno della sua fusione, il 1468.

[13] )           Monsignor Giovanni della Casa morì a Roma a villa Medici.

[14] )           Un cenotafio è un monumento sepolcrale che viene eretto per ricordare una persona

[15] )           L’epitalamo (canto nuziale) di Ariosto per la Borgia, vedi in Rivista Romana, n.9-12 del 1943.

[16] )          "Poi che pur uno dell’abito vostro - in mille Rome non si troveria – ch’amasse donna più di un Pater nostro". (Vedi rime contro Pietro Aretino, edizione Lanciano (1916) pag.100 e il ruolo della corte di Leone X Archivio Reale Società Romana di Storia patria XXXVII – 1914, pag.321).

[17] )           Di fronte alla chiesa è stata, nel 1957, ricostruita la fontana che stava prima in piazza Scassacavalli.

[18] )           Il più illustre ed antico della famiglia, risulta un Onorio, Cardinale nel 1129.

[19] )           Si tratta del quartiere alessandrino, oggi via dei Fori Imperiali.

[20] )           “Il piccolo teatro Valle, di proprietà dei marchesi Capranica, così chiamato dal vicino palazzo della Valle, ha dato il titolo alla presente piazza e via. In questo teatro si danno rappresentanze sì in prosa che in musica, o ballo, e la sua centralità vi attira ordinariamente molti spettatori”. (Rufini - 1847)

[21] )           Vincenzo Monti fu assunto dal duca Braschi nel 1781.

[22] )           Arrivò in Roma la sera del 31 ottobre 1786 e, sotto il nome di Filippo Müller pittore, andò ad abitare in casa della sora Costanza Moscatelli, in via del Corso 18. Disse: "A Roma si torna a nascere e si guarda alle proprie idee passate, come alle scarpette che portavamo da bambini". Innamoratissimo del nostro Paese, scrisse: "chi conosce l'Italia e specialmente Roma non è mai infelice".

[23] )           Nel 1850, nella parte posteriore del palazzo Della Valle, si aprì il Valletto, teatro popolarissimo, dove la macchietta del “sor Manciola imperava, facendo... la fronda al governo pontificio", ciò che molto aveva della satira etica e politica del linguacciuto Pasquino.

[24] )           13 gennaio 1866 - Al Valle, la celebre Ristori lascia sempre il desiderio" di accorrere ad udirla di nuovo. In ogni sera in cui recita gli intelligenti accorrono in folla in teatro e si interessano alla recitazione di quest'astro maggiore a cui ben distanti sono le attrici di vaglia". (Eptacordo giornale).

[25] )           Teatrino di marionette nel palazzo Fiano al Corso, dove brillava la maschera di Cassandrino.

[26] )           Teatro d’Alibert o delle Dame.

[27] )           Quelli che aprivano i palchi.

[28] )           Giovanni Paterni da Narni, impresario.

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Piazza di Sant´Andrea della Valle
- Chiesa di Sant´Andrea della Valle
- Chiesa di Sant´Andrea della Valle - Lapidi
- Via del Teatro Valle

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