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La data di nascita della Confraternita di S. Maria dell’Orazione e Morte, non è conosciuta con esattezza, ma gli Statuti della Confraternita (1590) indicano l’anno 1538. D’altra parte la data di fondazione sarebbe citata nelle predicazioni di un frate cappuccino, nel 1551, primo riferimento della Confraternita a Roma, presso la cappella della Concezione, della Chiesa di San Lorenzo in Damaso. In seguito la Confraternita si trasferì brevemente (1552) nella chiesa di S. Caterina da Siena, a via Giulia e, ricevuta “l’approvazione” da Giulio III (Giovanni Maria Ciocchi Dal Monte – 1550-1555), passò, quello stesso anno, alla chiesa parrocchiale di S. Giovanni in Ayno, in via Monserrato, dove fu elevata ad “Arciconfraternita” da Pio IV (Giovanni Angelo Medici – 1559-1565), nel 1560, e dove rimase fino al 1571. Tornata a Santa Caterina da Siena (1571), l’Arciconfraternita era determinata a edificare una propria chiesa e già, nel 1572, aveva acquistato un terreno in via Giulia. La nuova piccola chiesa fu consacrata nel 1576 e dedicata a Santa Maria dell’Orazione, con diritto di sepoltura. I principali funesti avvenimenti che portarono a incrementare l’attività e l’importanza della Confraternita datano: 1538-1539, per un inverno particolarmente rigido che causò molti morti tra la povera gente, soprattutto nella “Campagna Romana”, dove la Confraternita operò, prevalentemente, per l’epidemia di Tifo del 1566, per quella di Peste nel 1576, per la carestia del 1590-1591 e per l’inondazione record del Tevere del 1598. Dopo un lungo periodo di crisi, dovuto alla mancanza di fondi, alla difficoltà di reperire fratelli che fossero disposti a sobbarcarsi sforzi fisici notevoli nella ricerca e nel trasporto delle salme nell’Agro Romano, (la composizione sociale della Confraternita, in maggioranza alto-borghese costrinse la Confraternita ad ingaggiare facchini e “beccamorti” esterni per le operazioni più gravose), vi fu una netta ripresa, dalla metà del XVII secolo, caratterizzata, oltre che dalle attività di sepoltura, da eventi musicali e sacre rappresentazioni (vedi testo) che richiedevano un impegno finanziario conseguente. Nel 1733 l’arciconfraternita decise la demolizione della sua piccola chiesa e confidò a Ferdinando Fuga (1699-1782), la costruzione di una nuova, più grande, che rispondesse meglio alle sue necessità di spazio e di rappresentanza. La chiesa, consacrata nel 1737, disponeva di una zona cimiteriale vicina al greto del fiume, nella quale le salme, divenute scheletro, venivano poste negli ossari, adiacenti e soggiacenti la chiesa, liberando, così, il cimitero, nel quale venivano effettuate ulteriori sepolture. Nel 1809, l’occupante Francese (1809-1814) mise fine a questo sistema sepolcrale fortemente insalubre, come ad ogni altra sepoltura all’interno delle mura aureliane, ed avviò il concetto di cimitero cittadino nel campo del Verano. Restaurato il governo papale, nel 1815, molte delle antiche pratiche di sepoltura ripresero, nel quadro di un movimento generale di ripristino dello “status quo” e della “damnatio memoriae” del periodo francese. Fu l’epidemia di Colera del 1837, che portò all’abolizione definitiva di queste pratiche. Con la costruzione degli argini del Tevere, tra il 1886 e il 1910, la chiesa fu privata del cimitero e l’ossario fu trasportato nel campo Verano. Le attività funerarie dell’Arciconfraternita continuarono fino al 1896, poi, nel 1893 i suoi beni furono sequestrati dal Regno d’Italia e la Confraternita cessò di esistere. Solo nel 1940, fu ricostituita, come ente di beneficienza e di assistenza, dedicato al suffragio dell’anima dei defunti...
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