|
Dopo aver subito un incendio e diverse inondazioni (tra cui quella del 791), papa Adriano I (772-795) riedificò la Basilica probabilmente, a tre navate, con lo stesso orientamento, sollevandola di un metro e con la “Schola Cantorum” al centro della navata centrale. Con la ristrutturazione di Gregorio IV (827-844), la chiesa cambiò di orientamento, al posto dell’abside di Adriano I, che venne demolita, fu posto l’ingresso, mentre al posto dell’antico ingresso venne edificata un’abside che venne rivestita con un mosaico, tuttora esistente. Il pavimento fu ulteriormente rialzato e fu creata una cripta semicircolare, dove riposano le reliquie dei martiri, tra gli altri quelle di Abdon e Sennen, martiri persiani, provenienti dalle catacombe di Ponziano, sulla via Portuense. A queste furono aggiunte, nel 1145, le reliquie di papa Marco, in provenienza da Velletri (Lazio). Nel 1154, fu aggiunto il campanile, ancora esistente, e l’altare maggiore dotato di ciborio. Dal 1414, la chiesa divenne parrocchia, officiata da sacerdoti diocesani. Tra il 1455 e il 1471, il cardinale Pietro Barbo (1417-1471) restaurò la chiesa e vi aggiunse il portico attuale, sormontato da una loggia dalla quale impartì benedizioni, una volta eletto papa (Paolo II – 1464-1471). All’interno, fece eseguire il soffitto a cassettoni e le cappelle inserite nelle pareti laterali. Le colonne antiche furono racchiuse da pilastri, a sostegno del rivestimento del tetto di piombo. I lavori della basilica terminarono nel 1466. Papa Paolo II, veneziano, dichiarò la chiesa di San Marco, chiesa nazionale dei veneziani. Nello stesso tempo Paolo II, aveva edificato, inglobandovi la basilica di San Marco, il nuovo palazzo, allora detto appunto di San Marco (poi Venezia), che divenne residenza estiva dei papi fino al 1564, quando Pio IV (Giovanni Angelo Medici – 1559-1565) lo cedette agli ambasciatori della Serenissima. Tra il 1503 e il 1523, il cardinale Domenico Grimani (1461-1523) fece rifare il pavimento della basilica, in stile cosmatesco, quale lo ammiriamo oggi. Tra il 1654 e il 1657, l’ambasciatore veneziano, Nicolò Sagredo (1606-1676), fece rivedere la decorazione interna, ad opera di Orazio Torriani (c.1601-1657) e fece sostituire, da buon veneziano, le vetrate delle finestre. Tra il 1735 e il 1750, il cardinale Angelo Maria Querini (1680-1755) rese l’interno della chiesa di stile barocco, servendosi dell’opera di Filippo Barigioni (1672-1753), con la sistemazione del presbiterio, la costruzione dell'altare maggiore e il rinnovo del coro. Gli ambasciatori veneziani rimasero nel palazzo fino al trattato di Campoformio nel gennaio del 1798, quando Napoleone Buonaparte cedette il Veneto, l’Istria e la Dalmazia, in cambio del riconoscimento della Repubblica Cisalpina, all’Arciducato d’Austria. Da quel momento, fu l’Austria ad occupare il palazzo Venezia e la basilica, con una interruzione, dal 1797 al 1814, dovuta all’occupazione francese di Roma. Tra il 1840 e il 1843, il cardinale Giacomo Giustiniani (1769-1843) fece sostituire le tegole in piombo del tetto e restaurare il mosaico absidale. Nel 1911, il Palazzetto Venezia fu smontato, per dare spazio a Piazza Venezia, e rimontato alla destra della basilica, dove si trova tuttora. Alla fine della Grande Guerra (1915-1918) l’Austria si vide confiscare il complesso dal Regno d’Italia, vittorioso. Venuto in possesso dell’Italia, Benito Mussolini (1883-1945) fece restaurare, basilica e palazzo, dove insediò i suoi uffici. La basilica, oggi amministrativamente separata da Palazzo Venezia, è parrocchia e titolo cardinalizio.
|