|
Vengono, poi, citati nel catalogo (1192) di Cencio Camerario (1150-1227), come “S. Iohanni de Pinea VI denari”, e in quello dell’anonimo di Torino (c.1320), come “Ecclesia sancti Johannis de Pinea habet I sacerdotem”. La chiesa, nel periodo dell’alto medioevo, era pure chiamata San Giovanni dei Porcari per le case possedute da quella importante famiglia che erano a fianco della chiesa e che in parte esistono ancora (vedi vicolo delle Ceste - Pigna). La chiesa aveva funzioni di parrocchia già nel medioevo ed aveva, dietro la chiesa, una casa per abitazione del sacerdote officiante. Nel 1579, Gregorio XIII (Ugo Boncompagni – 1572-1585) aveva approvato la regola della “Confraternita della Pietà dei Carcerati” che si occupava di assistere i carcerati, sia sul piano spirituale che materiale, ed in particolar modo quelli incarcerati per debiti che riusciva a volte a liberare quando trovava i fondi per saldare i loro debiti. Fondata dal padre gesuita francese Giovanni Tallier nel 1575, la Confraternita si era riunita, in un primo momento, nella chiesa del Gesù, quindi in Santa Maria del Sole (dove è ora il palazzo Massimo, di fronte alle scalinate del Campidoglio, chiusa al culto nel 1625). Nel 1582, sempre papa Gregorio XIII concesse alla Confraternita la chiesa dei SS Cosma e Damiano de Pinea (quasi di fronte alla nostra chiesa) per la quale fu soppressa la funzione di Parrocchia (13 famiglie) che fu assorbita dalla chiesa di San Giovanni della Pigna (40 famiglie). In seguito ad un rilevante aumento dei suoi congregati, la Confraternita fece richiesta di potersi trasferire nella chiesa di San Giovanni della Pigna, nel 1585. Lo stesso anno, il nuovo papa, Sisto V (Felice Peretti – 1585-1590), che era stato il primo cardinale protettore della Confraternita, elevò la Confraternita ad Arciconfraternita e le concesse la chiesa di San Giovanni della Pigna, di cui furono soppresse le funzioni parrocchiali a beneficio di quella di Santo Stefano del Cacco (vedi via Santo Stefano del Cacco – Pigna). Sempre nel 1585, su sollecitazione di Donna Camilla Peretti, sorella del Papa, Sisto V trasferì i corpi dei santi Genesio ed Eleuterio nella cappella di famiglia, dedicata a San Lorenzo, che la nobildonna aveva edificato nella chiesa di Santa Susanna, lasciando, però, alcuni frammenti dei due corpi per il bisogno di reliquie dell’altare maggiore della nostra chiesa. Tra i benefici attribuiti all’Arciconfraternita, da Sisto V, il privilegio di liberare un condannato a morte il lunedì dopo la prima domenica di Quaresima di ogni anno. Questo atto di Pietà non era gratuito, tanto che i proventi di questa pratica figuravano al primo posto nel bilancio dell’Arciconfraternita. L’Arciconfraternita prese possesso della nostra chiesa e dei locali retrostanti e l’amministrò per oltre tre secoli. Nel catasto del 1811, le proprietà dell’Arciconfraternita arrivavano dalla chiesa fino alla retrostante via di Santa Caterina, con case e locali funzionali alla chiesa o affittati a dei privati. Nel 1624, l’Arciconfraternita decise di ricostruire la chiesa, ad opera dell’architetto Angelo Torriani e quindi, nel 1837, la ristrutturò (come la vediamo oggi) su disegni dell’architetto Virginio Vespignani (1808-1882). Nel 1870, l’Arciconfraternita si dissolse perché, dalla presa di Roma, perdette la sua ragione sociale: quella di assistere i carcerati, dato che le prigioni erano divenute di esclusiva competenza dello Stato. Negli anni successivi la chiesa fu officiata, per breve tempo, dai padri Salesiani e, alla fine del ‘900, assunse il titolo di chiesa per gli italiani espatriati. Dopo un importante restauro, nel 2007, ha perso questa qualifica ed è amministrata contestualmente all’Opera Romana Pellegrinaggi. Dal 1985, la chiesa è titolo cardinalizio diaconale.
|