L’inventario delle esistenze descritte nel Catasto, permette di ricostruire gli ambienti di quel negozio che sfornava pane servendosi di un impianto assai complicato di stanze, scale assai ripide e piccoli cortili nascosti, frutto di costruzioni sovrapposte nel tempo, fondate su precedenti costruzioni quali, nel nostro caso, la cavea del Teatro di Pompeo. Un ingresso dalla piazza del Paradiso, due finestre nel vicolo che permettevano di vedere l’alacre andirivieni dei lavoranti, un grande forno circolare con accanto uno piccolo, uno “sciacquatore” (lavandino) ed un grande armadio. Sul fondo del negozio una sala dove si pesava la farina e dalla quale, con una ripida scala si arrivava al sottotetto dove c’era il “Farinaro”, dove si conservava la farina, e per un’altra scala al forno. L’abitazione di tre stanze del fornaio era nel piano intermedio dove nella stanza principale c’era il camino e un terrazzo ed un’altro ambiente con la cucina con camino e “sciacquatore”. L’acqua era fornita da un pozzo nel cortile che forniva anche due vasche per il bucato.
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