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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza_del_orologio-Chiesa_di_S_Cecilia_de_Campo

Facciada della chiesa di Santa Cecilia in monte Giordano

(da Le cose meravigliose dell’Alma città di Roma di Girolamo Francino - 1575)

Si pensa che la parrocchia di Santa Cecilia a Monte Giordano sia esistita dal X-XI  secolo, perché citata in una lapide, del 1123, di consacrazione di uno dei suoi altari da parte di Callisto II (Guy de Bourgogne - 1119-1124), iscritta nel Catalogo di Cencio Camerario (1192) come “Sancte Cecilie Stephani de Petro” e in quello dell’Anonimo Parigino (1230) come “Sancta Cecilia a domo Stephani Petri”, appellativi facenti riferimento al barone Stefano “praefectus urbis” (XI sec.), proprietario della Torre cui era addossata (che fu demolita nel 1536, per decisione di Paolo III), e nei seguenti Cataloghi.
La chiesa era a navata unica con tre altari dedicati a: S. Lucia, sotto il patronato della famiglia Cardelli (vedi piazza Cardelli – Campo Marzio); S. Michele, sotto quello della famiglia Rustici, di origine senese, ed il terzo alla Concezione, probabilmente altare cui era legata la Confraternita dei Prestacavalli (noleggiatori di cavalli e vetture, che lasciarono la chiesa per quella di S. Angelo in Borgo nel 1525).
Dal 1595 al 1599 vi fu associata anche la Confraternita di S. Bernardino da Siena dei rigattieri che approdò poi nella chiesa di Santa Maria in Cacaberis (vedi Via di S. Maria del Pianto – Regola, l’album di Santa Maria del Pianto).
A giudicare dalla facciata (vedi foto qui sopra) la chiesa, medievale, deve aver subito una trasformazione nella seconda metà del XVI secolo ed è documentato anche un ridimensionamento: “essendosi spianato alcune cappelle da quella parte, per dirizzare la strada” ( O. Panciroli: “Tesori nascosti dell'alma città di Roma”, edito a Roma nel 1600, p. 260) deve, quindi, aver subito la demolizione di una parte per l’allargamento della via papale.
La pressione degli Oratoriani, impegnati ad allargare il dominio di Santa Maria in Vallicella, per la creazione della Chiesa Nova e dell’Oratorio borrominiano nella direzione della nostra chiesa, provocò la Bolla, del 1621, di Gregorio XV (Alessandro Ludovisi – 1621-1623), che decretava la soppressione della parrocchia e della chiesa di Santa Cecilia.
Lo stato di deterioramento della chiesa, “in suis structuris satis angusta” contribuì alla decisione papale, ma la sua demolizione dovette attendere il 1622, quando il rettorato di S. Stefano in Piscinula si rese vacante per il ricollocamento del Rettore di Santa Cecilia, Angelo Bardi.
Gli attivi e i passivi della nostra chiesa furono ripartiti tra tre parrocchie: la Chiesa Nuova, degli Oratoriani, la chiesa di Santo Stefano in Piscinula (demolita tra il 1860 e il 1863) e quella di San Simone e Giuda (vedi via di San Simone – Ponte).
Tra gli attivi, il reddito della chiesa, valutato a 120 ducati d’oro l’anno e tra i passivi, le messe da celebrare (stimate a circa 70 l’anno) in memoria dei defunti che avevano lasciato, nei loro testamenti, il deposito delle somme necessarie; il trasferimento dei corpi sepolti nella chiesa da demolire.
In ricordo della chiesa demolita, gli Oratoriani si impegnarono a dedicare la cappella del nuovo Oratorio a San Filippo Neri e a Santa Cecilia.

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