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Lungo il “vicus longus” che collegava il Foro di Augusto con le terme di Diocleziano, fu edificata la basilica, per la munificenza della matrona Vestina, e fu consacrata da papa Innocenzo I (401-417) che la elevò a parrocchia dotata di battistero, attribuendole il “Titulus Vestinae”. Titolo ricordato negli atti del concilio romano del 499. La chiesa di papa Innocenzo I era tri absidata a tre navate, dotata di portico a cinque arcate e di campanile in stile romanico. In prossimità aveva un monastero, ricordato fin dal 1396, per il quale il Primicerio degli Iudiciarii (avvocati o uomini di legge) donò quattro fiorini d’oro per il restauro delle sue porte. Innocenzo I (401-417) aveva affidato ai preti del “Titulus Vestinae” (S. Vitale) il governo della basilica di Santa Agnese “extra muros” ed è per tale funzione loro attribuita che molti di essi si fecero seppellire in Santa Agnese. N’è stata trovata una lapide intitolata all’accolito “Abundantius acol Reg. Quartae T.T. Vestine qui vixit annos xxx dep.(depositus) In P.(pax) D.(domini) sci (sancti) marci mense octobr ind. XII”. Piccola lapide che si trova in copia nell’atrio della chiesa di San Marco. Il nome attuale della chiesa, San Vitale (padre dei due martiri, Gervasio e Protasio, cui era stata dedicata inizialmente la chiesa) le venne attribuito, nel 595, da papa Gregorio I (590-604) che da questa chiesa fece partire le vedove nella “litania septiformis” da lui istituita. Nella “Legenda Aurea” di Jacopo da Varagine (1228-1298) è detto che nella “processione con letanie”, ordinata dallo stesso pontefice il 7 febbraio 590, partirono “gli abati con i loro frati dai santi Gervaso e Protasio (S. Vitale) col clero della quarta regione ecclesiastica” (Quirinale-Viminale e zona cimiteriale Nomentana) per avviarsi a Santa Maria Maggiore, punto di adunata del corteo. Leone III (795-816) restaurò la chiesa di San Vitale, mentre Sisto IV (Francesco Della Rovere – 1471-1484), prima del giubileo del 1475, al fine di consolidare la stabilità della chiesa, eliminò le navate laterali, murando le colonne che dividevano la navata centrale dalle laterali (il colonnato è ancora visibile, dall’esterno, sul lato destro della chiesa). Nel 1525, Clemente VII (Giulio Zanobi di Giuliano de’ Medici – 1523-1534) concesse la chiesa ai chierici regolari Teatini (1525), subito dopo la loro fondazione (1524). La condizione isolata e fuori dal centro abitato della chiesa di San Vitale, in quel momento, si dimostrò poco adatta allo scopo istituzionale dei Teatini che era quello della predicazione e dell’istruzione dei giovani. Per questo, Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini – 1592-1605), nel 1595, soppresse la funzione di parrocchia, il titolo cardinalizio (vacante dal 1591) e concesse la chiesa ai Gesuiti che unirono gerarchicamente la chiesa ed il convento di San Vitale a quella prossima di Santa Andrea al Quirinale. Con l’aiuto finanziario di Isabella Della Rovere (1552-1619), i Gesuiti iniziarono subito una pesante ristrutturazione della chiesa di San Vitale, trasformando il patio in atrio della basilica: tamponando quattro delle cinque arcate del patio, lasciandovi come finestre le lunette degli archi e nascondendo le colonne dietro altrettante lesene. Sulla fascia superiore dell’ex patio, subito sopra le finestre lunettate, furono posti cinque pannelli con al centro il simbolo dei Gesuiti e due pannelli per lato in ricordo dei committenti dell’opera. All’interno del patio, i Gesuiti fecero affrescare, per mano di Gaspare Celio (1571-1640), vari strumenti di tortura, mentre sulle pareti laterali interne della basilica, fecero eseguire (1603) da Tarquinio Ligustri (1564-1621) numerosi affreschi che mostravano il martirio di diversi Santi Martiri, così come avevano fatto, qualche anno prima (1582), nella chiesa di Santo Stefano Rotondo (vedi via omonima – Monti). La porta d’ingresso fu scolpita, ad opera di Giacomo Taurino (1588-1615), fratello nella Compagnia di Gesù dal 1597, con le figure dei SS Gervasio e Protasio intagliate ciascuna su un battente. Anche il monastero fu demolito lasciando la chiesa isolata nel parco del noviziato dei Gesuiti che riuniva la basilica di San Vitale e la chiesa di Sant’Andrea al Quirinale attraverso un sentiero che saliva in forte pendenza (vedi pianta del Nolli, n. 177-178). Durante il periodo di soppressione dell’Ordine dei Gesuiti (1773-1814), la chiesa fu affidata al clero diocesano. I Gesuiti la recuperarono quando furono rifondati. Nel 1859, Pio IX (1846-1878) fece restaurare l’interno della basilica e, più tardi, ne garantì l’accesso con una lunga scalinata divenuta necessaria per il forte rialzamento della via “de Merode” (poi via Nazionale). Infatti, dopo la sistemazione (1864-1871) del primo tratto di via Nazionale da piazza dei 500 a via dei Serpenti in esecuzione di un piano urbanistico concepito da Federico Francesco Saverio de Mérode (1820-1874), poi adottato dal Comune di Roma Capitale, la chiesa venne a trovarsi ad un dislivello di ben 36 scalini, sotto il piano stradale. Tra il 1937 e il 1938, fu liberato il portichetto dalle sovrastrutture applicate dai Gesuiti nel 1595 riportandolo all’aspetto paleocristiano. Venne, inoltre, rifatto il soffitto ed il pavimento del tempio, al centro del quale è raffigurato lo stemma del cardinale titolare (1935-1941) Kašpar Karel (1870-1941). Nel 2005, l’Istituto di Restauro di Roma ha eseguito il restauro delle opere interne: dalle pitture agli arredi sacri.
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