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STRADE DELLA ROMA PAPALE

via in Selci - Monastero di S Lucia in Selci (5)

Con il taglio urbano operato, nel 1889, per la realizzazione di Via Giovanni Lanza, il tratto di Via in Selci, estrema testimonianza del “Clivo Suburanus”, fu così chiamata per il selciato che lo ha ricoperto, fin dai tempi repubblicani.
Ai tempi di Roma iperiale, il clivus era molto frequentato, fornito di negozzi lungo la strada (vedi Forma Urbis) e, nella parte alta, insule, sostituite più tardi da case senatoriali, come quelle di Bruttinus Praesens, console del 180 d.C. e di M. Servili Fabiani, console del 150 d.C.
Il tratto di Via in Selci, è prossimo al Portico di Livia ed alla fontana di Orfeo (Lacus Orphei), da cui, nel tempo, anche la chiesa di S. Lucia prese il nome.
Scendendo nella via, prima dell´ingresso del convento attuale, al n. 82, la parete mostra nelle arcate ricorrenti, vestigia di un portico, sotto il quale proliferavano i negozzi.
Al primo piano, dal IV secolo, si trovava un´aula absidata, facente parte di una casa gentilizia, nella quale, nel VII secolo, Onorio I (625-638) istituisce una “domus ecclesiae” dedicata a S. Lucia.
Nel 678, papa Agatone (678-681) la rende diaconia (una delle sette in Roma) per le elargizioni ai poveri  [diaconia  soppressa,  da Sisto V (Felice Peretti – 1595-1590), unitamente al titolo cardinalizio].
Sono ricordati restauri della chiesa  di Leone III (795-816) e di Gregorio IV (827-844)..
Nel XII secolo, furono eseguite opere di consolidamento, con la chiusura dei cinque archi del portico e la messa in opera di contrafforti.
Sembra che la cura del complesso fosse affidata, dal X secolo all´Ordine Benedettino, con un intervallo di suore Certosine, che lo abbandonarono nel 1370, per andare a S. Croce in Gerusalemme.
Nel XV secolo vi fu un periodo di abbandono della struttura, che fu utilizzata da laiche bizzocche, legate al convento benedettino di S. Maria della Concezione, al Campo Marzio, cui subbentrarono, nel 1568, per concessione di Pio V (Antonio Michele Ghislieri – 1566-1572), le suore Agostiniane.
Nel 1605, l´antica chiesa fu disattesa e ne fu ricostruita una nuova, più a valle, sopra parte dell´antico portico di Livia, per opera di Carlo Maderno (1556-1629). L´antica struttura della chiesa fu adattata a convento. La consacrazione formale avvenne nel 1619. 
Carlo Maderno continuò la sua opera di assistenza fino al 1629. Gli subbentrò Antonio Casoni (1559-1634), limitatamente al convento, fino al 1634.
Dal 1628 al 1639, si inserì Francesco Borromini (1599-1667), per uno dei suoi primi interventi, in particolare nella cappella della Trinità (la committenza è firmata da suor Clarice Vittoria Landi, depositaria del convento delle suore Agostiniane).
Con l´unità d´Italia, nel 1870, tutti i conventi vennero espropriati dallo Stato italiano, ma le suore Agostiniane ottennero di restarvi, pagando un´affitto.
Questo non fu possibile per altri conventi della capitale, come il convento di San Lorenzo in Panisperna, che era tenuto dalle Clarisse e il convento di Santa Maria Annunziata ai Monti, nel Foro Romano, tenuto le suore Domenicane, e per quello delle Agostiniane di Santa Maria delle Vergini (Vedi via delle Vergini - Trevi) che si unirono alle Agostiniane in Selci, nel 1878.
Nel 1904, fu messo fine a questo funesto condominio, dividendo in tre il monastero ed assegnandone una parte ad ogni singolo ordine.
Il regime di clausura, tenuto dalle suore, impedisce di eseguire foto nell´interno, anche per scopi di studio.

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