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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza dei SS Giovanni e Paolo -  Chiesa di S Giovanni e Paolo (F)_01_01

Segue testo:

Insieme a loro il prete Crispo, il chierico Crispiniano ed una donna di nome Benedetta.
La villa è ancora nei sotterranei della basilica che si appoggia sulle mura del precedente insediamento romano, luogo del martirio e della sepoltura dei Santi eponimi.
In realtà, visitando gli scavi (ingresso sul fianco della basilica, sul Clivo di Scauro) si può ancora vedere quello che di notevole è rimasto.
Una “domus” a due piani, del II secolo d.Ch., appartenuta ad una famiglia di elevato tenore sociale che aveva il suo ingresso su un vicolo pavimentato che è ancora visibile all’interno degli scavi e che è convergente con il “Clivius Scauri” verso il piazzale della chiesa.
Nel III secolo, di fronte alla villa del II secolo, viene edificata un’insula, tra il vicolo convergente e il Clivio di Scauro, con gli ingressi porticati dei magazzini sul “Clivus Scauri” (il muro perimetrale della chiesa, lato “Clivus Scauri”, apparteneva all’insula e si possono vedere ancora le aperture arcuate del portico, su cui si affacciavano i negozi, ed alcune finestre dei piani superiori).
Verso la fine del III secolo l’insula e la domus vengono unificati da un solo proprietario che realizza un’unica abitazione, collegando opportunamente i due edifici, facendone una vasta villa che si suppone fosse quella dei fratelli Paolo e Giovanni.
Sul luogo del martirio e della sepoltura, l’imperatore Gioviano (363-364) fece costruire la chiesa, allo scopo di restaurare la pax costantiniana fortemente compromessa da Giuliano l’Apostata, suo predecessore. Egli diede l’incarico al senatore Byzanzio, che iniziò l’opera, finalizzata poi dal figlio, San Pammachio (340-409).
La chiesa doveva essere già terminata nel 410, con la morte di San Pammachio, ma è nominata, per la prima volta, solo nel 499, nella lista dei partecipanti al un sinodo romano di quell’anno, che cita due presbiteri del “titulus Byzantis” e due del “titulus Pammachii”.
Nel 410, la chiesa fu danneggiata dai Visigoti di alarivo durante il sacco di Roma (410), poi da un terremoto nel 442. La chiesa fu, presumibilmenterestaurata negli anni seguenti.
Infatti, per la prima volta si legge la dedica ai due fratelli martiri, in una iscrizione funeraria del 567, di un uomo di vent’anni, di nome Massimino, ritrovata nel cimitero di San Sebastiano, che lo qualifica come “lettore presso il titolo di San Giovanni e Paolo”. Questa funzione ufficiale ci dice che fin da quell’epoca la chiesa era custodita da chierici che dal 1216 si costituirono in collegiata, fino al 1454.
La primitiva chiesa, di tipo aperto, era grande come l’attuale (la base: 41 m x 13,40 m x 19 m di altezza), con un ingresso marcato da cinque grandi aperture ad arco, su due piani (sono ancora visibili quelli superiori, anche se tamponati), mentre l’interno era scandito da 24 colonne di marmo africano; aveva sette altari e due sepolture (1662). La sostituzione del nartece con il portico, sormontato da una terrazza coperta, risale al XII secolo.
Dopo il saccheggio dei Normanni del 1084, papa Pasquale I (1099-1118) ne promosse i lvori di restauro: vi aggiunse il campanile, il monastero ed il portico che sostituì l’originario nartece.
Il monastero ed il campanile, iniziati da un cardinale titolare (c.1117-c.1123) di nome Teobaldo (queste scarse informazioni su Teobaldo provengono da una lapide ritrovata in loco), furono costruiti sulla parte del Tempio di Claudio prossimo alla chiesa e, più tardi, monastero e campanile furono riuniti alla chiesa da un passaggio a ponte che scavalcava l’antica via che li separava e che dal Clivo di Scauro andava, costeggiando il Tempio di Claudio, verso il Colosseo. Il monastero si espanse, nel tempo, sopra gran parte della platea del Tempio di Claudio.
Molto probabilmente per ragioni di stabilità, già dal medioevo, le colonne interne vennero inglobate in possenti pilastri, così come le vediamo oggi.
Altre trasformazioni furono portate avanti, come gli archi trasversali che furono aggiunti, lungo la navata centrale, nel 1718, dal padre lazzarista Andrea Garagni (1675-1743), a spese del cardinale titolare Fabrizio Paolucci (1651-1726), per migliorare la stabilità della basilica, ma queste trasformazioni le tolsero la luminosità primitiva, in parte recuperata, con l’intervento del cardinale Francis Spellman (1889-1967), tra il 1950 e il 1952.
Nel 1454, il beato Antonio Bettini (1396-1487) ottiene, da Niccolò V (Tommaso Parentucelli – 1447-1455), la basilica ed il monastero per il proprio ordine, quello dei “Gesuati” che vi restarono fino alla soppressione dell’Ordine, nel 1668, imposta da Clemente IX (Giulio Rospigliosi – 1667-1669). I Gesuati furono sostituiti dai Domenicani Irlandesi che vi rimasero fino al 1693, quando il convento passò sotto i Lazzaristi (1697) che, a loro volta, lo lasciarono nel 1773.
Infatti, con la dissoluzione dell’Ordine dei Gesuiti (1773), Clemente XIV (Gian Vincenzo Antonio Ganganelli – 1769-1774) destinò i Lazzaristi alla chiesa di Sant’Andrea al Quirinale (che era stata seminario dei Gesuiti fino a quel momento) e pose i Passionisti, con ancora a capo il loro Santo Fondatore Paolo della Croce (1694-1775), nella basilica e nel monastero dei SS Giovanni e Paolo, dove si trovano tuttora.
Tra il 1950 e il 1952, come già detto, il cardinale Francis Spellman (1889-1967) fece eseguire un’importante opera di ristrutturazione, al fine di eliminare tutti gli interventi invasivi effettuati nel passato.

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