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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via_di_S_Vito-Chiesa_dei_SS_Vito_e_Modesto (21)

La Porta Esquilina prendeva il nome della quinta regione augustea così chiamata, secondo alcuni, dalle “Excubiae” (posti di guardia), che vigilavano il colle, per difenderlo dalle insidie che il re dei Sabini, Tito Tazio, tramava contro la città quadrata.
Altri lo attribuiscono invece agli Ischi (Aesculi=Ippocastani) che in quel tempo ricoprivano il colle.
Delle quattro cime dell’Esquilino: Oppius, Fagutal, Carinae e Cispius, la porta occupava quest'ultima.
Dalla porta Esquilina partivano due grandi strade: la via Tiburtina vetus, già Gabina, che si dirigeva verso la porta omonima, la via Prenestina, verso porta Maggiore, ove si divideva in due con la via Labicana [La Labicana  per  Labico (Monte Compatri) a destra, e la Prenestina per Preneste (Palestrina) a sinistra].
Nel 262 d.C., il prefetto Marco Aurelio Vittore, dov'era la porta, costruì, in onore dell'imperatore Publio Licino Galieno (254-68) e di sua moglie Salonina, un arco, del quale sono scomparsi i due fornici minori.
Nel 1201, i Viterbesi mossero contro i Romani, ma persero la sanguinosa battaglia. I Romani entrati la sera stessa a Viterbo, com´era d´uso, tolsero la catena di porta Salsiccia, che posero all’arco di San Vito, e la campana del comune, che collocarono in Campidoglio.
...a quel pezzo di catena, che vedesi pendente nel mezzo di quest'arco, erano appese le chiavi dell’antico Tuscolo, in memoria della vittoria che, contro di essa città, ottennero i Romani nel 1191” (Notizie 1816). Le chiavi, che vi rimasero fino al 1825, hanno avuto altre attribuzioni: Tivoli e Viterbo.
La chiesa di San Vito, Modesto e Crescenzia, antichissima chiesa, che fin dal secolo IX fu chiamata "in Macello", dal prossimo “macellum Liviae”, fu eretta, sembra, fin dal IV secolo e restaurata da Stefano III (752-754) ma, diruta per l'abbandono e dal tempo, fu di nuovo eretta, nel 1477, da Sisto IV (Francesco Della Rovere – 1471-1484), che la creò parrocchia.
Contro Stefano IV (768-72), vi fu eletto, per un giorno solo, l'antipapa Filippo, prete del monastero di S. Vito in Campo (dal “Campus Esquilinus”) detto il monastero maggiore.
Quasi rovinata nel 1566, restò titolo cardinalizio [che rimonterebbe a Gregorio Magno (590-604)], pur semi abbandonata e non più parrocchia (trasferita a S. Prassede).
Nel 1585 Sisto V la cedette alle suore di S. Bernardo che la fecero restaurare, ma furono sostituite da monaci dello stesso ordine, quando passarono a S. Susanna.

Nel 1620, fu riparata dal duca di Paliano, Federico Colonna (1602-2641), che fu guarito da un morso di un cane arrabbiato per miracolo da lui attribuito a S. Modesto.
Nel 1780, fu posseduta da una congregazione di preti polacchi e nel 1834 fu restaurata, ancora una volta, da Gregorio XVI (Mauro Alberto Cappellari – 1831-1846) che si avvalse dell´opera di Giuseppe Camporesi (1761-1822), di cui rimane la finta facciata sul retro.
Nel 1900, il cardinale Francesco di Paola Cassetta (1841-1919) la ristrutturò, a sue spese, in vista dell´Anno Santo, capovolgendone l´orientamento, avendo posto l´entrata dove prima era l´abside.

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