Interpretato questo incidente come effetto di una volontà suprema, deposero le reliquie e papa Zaccaria I (741-752), dopo averle fatte ricoverare temporaneamente alla Minerva e restaurato intanto un Oratorio ed un convento, già dei Basiliani qui nella piazza, vi alloggiò le profughe suore che vennero perciò dette “monache di S. Maria in Minerva e di S. Maria in Campomarzio”. Esse fabbricarono un altro oratorio vicino al primo dove deposero le reliquie. A queste suore basiliane greche, che fecero molti proseliti fra la nobiltà romana, tanto da avere, fin dal XIII secolo, molti e vasti possedimenti, sia a Roma che fuori, successero le Benedettine che unirono i due oratori di S. Maria e S. Gregorio entro il monastero, quando nel 1564, a spese di Chiara Colonna, fu fabbricata una nuova chiesa per il popolo. Nel 1580, Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) fece, con grandissima pompa, trasportare in S. Pietro le reliquie del Nazianzeno (al 3° ordine delle Logge Vaticane è riprodotta la processione) dove sono ancora oggi custodite. Nel 1685 la chiesa fu riedificata ad opera di Giovanni Antonio de Rossi (1616-1695) e nel 1778 fu ingrandito il convento con il dono di una casa, fatto alle suore da Pio VI (Giovanni Angelo Braschi - 1775-1799), ad opera di Domenico Gregorini (1692-1777). La chiesa, durante il governo francese (1798-99), fu data all’amministrazione del Lotto; ma, al ritorno di Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaramonti - 1800-1823), nel 1814, fu restituita alle monache, che ne furono temporaneamente cacciate, ancora una volta nel 1848, dalla Repubblica Romana che vi installò un comando militare. Nel 1870, il monastero fu sequestrato e vi fu installato l’Archivio del Regno d’Italia, mentre la chiesa fu abbandonata fino al 1920, quando fu riaperta ed è oggi riferimento per le persone di origine siriana. Le suore si rifugiarono a Santa Cecilia in Trastevere, presso il già esistente monastero benedettino. Negli anni 1960, il monastero fu acquistato dalla Camera dei Deputati.
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