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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza dell’Ara Coeli (R. X – Campitelli) (vi convergono via del Teatro di Marcello, via di San Venanzio, via dell'Aracoeli, confina con piazza Venezia)

Nel '400, quando le esecuzioni capitali si facevano ancora in Campidoglio, la degradazione degli ecclesiastici rei aveva luogo in Santa Maria in Aracoeli che nell’età romana era il tempio di Giunone Moneta dedicato nel 343 a.C. da Lucio Fulvio Camillo.

È leggenda che “Moneta” origini da “monere” (ammonire in latino), per un consiglio dato dalla Dea nella guerra contro Taranto (272 a.C.); ma è più probabile che abbia assunto tale nome per la prima officina monetaria stabilita in quel luogo verso la metà del III secolo a.C..
Il tempio fu ricostruito in seguito ad un incendio nel 115 d.C.

A sud del tempio vi erano altri due famosi santuari principali: il tempio della Concordia e quello di Veiovis, sul ciglio dell'auguraculum dove i Feriali prendevano gli auspici.

Intorno all’882, si menziona il convento di Santa Maria in Capitolino; però non si fa ancora parola della chiesa in Ara Coeli.

Il predicato aggiunto al nome di Santa Maria, “Ara Coeli”, che significa “nell'altare del cielo”, è associato ad una leggenda antica, d’origine greca, che è registrata nei "Mirabilia" e nella "Graphia" di Roma [1]:
Quando Ottaviano fu pressato dal Senato perché consentisse ad essere divinizzato, egli domandò il parere della Sibilla di Tivoli che, dopo tre giorni, così vaticinò: 

Iudicii signum tellus sudore madescet
E caelo rex adveniet per saecla futurus,
scilicet ut carnem praesens ut iudicet orbem
[2].

Mentre Ottaviano ascoltava la Sibilla, si spalancò il cielo e gli apparve la Vergine che si posò su un altare col bambino in braccio, ed una voce esclamò:
Quest'è la Vergine, che accoglierà in grembo il Salvatore del mondo”, e un’altra: “Quest'è l'altare del figlio di Dio!”.

Ottaviano si prostrò in preghiera, non volle più essere divinizzato ed eresse un altare “al primogenito figlio di Dio”, sicché nel secolo XII la chiesa di Santa Maria fu indicata coll’aggiunta: “ubi est ara Filii Dei”.

Sul vecchio altare della cappella di Sant’Elena in Aracoeli, sotto la rappresentazione della visione, è scritto:

Luminis hanc almam matris qui scandis ad aulam,
Cunctarum prima quae fuit orbe sita;
Noscas quod Caesar tunc struxit Octavianus
Hanc ara coeli sacra proles cum patet ei
.

Innocenzo IV (Sinibaldo Fieschi - 1243-1254), con la bolla “Lampas insignis”, datata da Lione il 26 giugno 1250, concesse il convento, annesso alla chiesa,,ai Francescani, che tuttora vi risiedono, in tutta la sua estensione, conformemente al "privilegium" di Anacleto II [3].

Nella chiesa, fino al XVI secolo, si chiamavano all’assemblea le giunte del popolo, costituite secondo le tredici regioni (Rioni) della città e componenti il maggiore ed il minore consiglio “Consilium generale et speciale”.

La formula nel XIII secolo era: “In nomine Domini……more romano generale et speciale Consilium communis Romae factum fuit in ecclesia S. Marie de Capitolio per vocem preconum et sonum campanae”.

Quando invece tutto il popolo era chiamato a parlamento: “Congregato magnifico populo romano in scalis et platea ante palatium Capitolii, de mandato magnificorum virorum dominorum…. Dei gratia alme urbis senatorum ad sonum campane et vocem praeconum, ad parlamentum ut moris est”.

In una delle 22 colonne, quasi tutte di granito d’Egitto, che dividono la Chiesa in tre navate, e precisamente sulla terza a sinistra di chi entra, è scolpito "a cubiculo Augustorum" [4].

La scala dell’Ara Coeli fu costruita nel 1348, ad uso dei fedeli che andavano a ringraziare la Madonna per la scampata pestilenza o morte nera (ex voto).

Lo scalone dell’Aracoeli era dormitorio preferito dei senzatetto.

Nel 1586, Don Pietro Cafarelli fece chiudere in una botte molti sassi e, come riporta un Avviso di Roma del 25 giugno, “fece lanciare giù per la scalea detta botte, la quale tanto presto rotolando, sopra giunse quelli sonnolenti, che uno di loro restò morto e da altri stroppiati e feriti”.

La scala era salita a ginocchi, recitando un requiem per ogni gradino, da chi voleva ottenere l’occulta ed efficace ispirazione per un buon terno.

Il più antico orologio era certamente quello detto del “Popolo Romano” sulla facciata della chiesa di Santa Maria in Aracoeli, situato, nel 1412, a sinistra dell’ingresso principale e alla fine del primo quarto del secolo XVIII (1728), spostato, è collocato nel centro [5].

L’orologio regolava la vita comunale [6] ed ebbe per moderatori membri della nobile famiglia “della Pedacchia” fino al 1673, sostituiti poi dai “Ciogni”, finché nel 1806 cominciò a funzionare quello della torre Capitolina.

Nel 1846 gli orologi pubblici di Roma vennero modificati alla "francese" e Belli protestava:

Sto sor Pio come vôi che Dio l’aiuti
Quanno ce vié a imbroià pe’ li su fini
Sino l’ora e li quarti e li minuti?.

Una curiosità, scomparsa solo da qualche anno, era “una grossa e lunga costa di balena o sia stato altro animale” che figurava, sospesa a due catene nell’uscita laterale del tempio.

La storia di questo pezzo... anatomico, narrata (XVIII secolo) dal diarista Gigli, sarebbe la seguente:
Nell’anno 589, verso la fine di ottobre, crebbe il Tevere tanto, che le sue acque corsero sopra le mura di Roma inondando largamente i luoghi più bassi, e non solo rovinò infinite case, ma ancora i grani della chiesa e guastò infinita quantità di grano. E quello che fu di nuovo stupore a tutti, una moltitudine grande di serpenti con una balena o dragone di smisurata e stupenda grandezza in modo di un grosso trave, passarono per lo Tevere e scorsero con grandissimo spavento del popolo per tutta Roma, e arrivati al mare, morirono soffogati e dalle onde gettati al lido, fecero un misero spettacolo ai riguardanti. Della qual balena si è visto ai giorni nostri una costa attaccata per meraviglia in Santa Maria del Popolo e un'altra in Ara Coeli più di 10 piedi lunghe e grosse smisuratamente”.

Questa seconda, stava nella Chiesa capitolina, dirimpetto alla cappella di San Diego, e scomparve al principio del XVIII secolo.

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[1] )         Il “Chronicon Palatinum” dice che "Octavianus abiit in Capitolium, quod est in medio urbis" e che la Pythonia (indovina) gli avrebbe detto “quod infans hebraeus iubente Deo e coelo beatorum descendens, in hoc  domicilium statim jam veniet…Quare exiens inde Augustus Caesar  a divinazione, aedificavit in Capitolio aram magnam in sublimiori loco, in qua et scripsit latinis literis dicens: Haec  ara filii Dei est. Ubi factum est, post tot annos, domicilium atque basilica B. et semper Virginis Mariae usque in praesentem diem sicut et Timotheus chronographus”.

[2])          Virgilio scriveva: “Ultima Cumaei venit iam carminis aetas:-magnus ab integro saeclorum nascitur ordo.-Iam redit et Virgo: redeunt Saturnia regna-Iam nova progenies coelo demittitur alto…”.

[3]             Nel privilegio di Anacleto (Antipapa), dato a favore della Chiesa di S. Maria de Capitolio, si designano i confini della giurisdizione di detta chiesa.

[4]             La scritta indica che la colonna proviene dal Palatino.

[5]                 È stato spostato sul campanile del palazzo senatorio nel 1806.

[6]                 Sotto la data del 1657, in un bando della Casanatense: “Privilegio per due anni a Pier Tommaso e Giuseppe Campani,  da Spoleto, orologiai nell'alma città di Roma, di fare sfere materiali con i moti dei pianeti senza che s'abbino mai a caricare e orologi muti, cioè senza strepito di moto o rumore di tempo, con nuova maniera ancora di mostrare successivamente le hore”.

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Piazza d´Ara Coeli
- Chiesa di S. Maria in Ara Coeli - Interno
- Chiesa di S. Maria in Ara Coeli - Lapidi
- Insula sotto l’Ara Coeli

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