I Sodali vestivano una un sacco bianco con cappello, mozzetta e cordone turchini e si dedicano al soccorso degli infermi e dei bisognosi. Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini - 1592-1605), nel 1594, emise la Bolla “Pastoris aeterni” con la quale approvò la Confraternita e le dette facoltà di costruire una chiesa ed un ospizio. La Confraternita ricevette in dono, da un suo sodale, Matteo Catalani, il terreno necessario per la costruzione al limite dello spazio urbano. Un terreno in aperta campagna, allora detto a “capo le case”. La chiesa viene concepita a navata unica con quattro altari, il campanile, un oratorio ed un ospizio per i connazionali. I Papi seguono e gratificano la Confraternita alla quale, nel 1606, Paolo V (Camillo Borghese - 1605-1621) accordò il privilegio di liberare, ogni anno, un condannato a morte; nel 1618, Gregorio XV (Alessandro Ludovisi - 1621-1623) concedeva un altare privilegiato presso il quale, con la celebrazione di una messa si poteva liberare un’anima dal Purgatorio e, nel 1651, il Capitolo Vaticano incoronava l’immagine della Madonna d’Itria. Nel 1710, Carlos Felipe Antonio Spínola Doria y Colonna, IV marchese de los Balbases (1707-1713), Viceré di Filippo V di Borbone re di Spagna e IV si Sicilia, concesse alla Chiesa l’appellativo di “Regia” e la facoltà di esporre lo stemma reale sulla facciata. Nel 1799, Re Ferdinando III di Sicilia (1759-1816) fece celebrare in Santa Maria d’Itria un imponente “Te Deum” per la liberazione di Roma dai Francesi. Questi, tornati padroni di Roma nel 1808, si vendicarono del “Te Deum della liberazione” e distrussero la chiesa ed ogni cosa vi fosse contenuta, in particolare l’immagine della Madonna d’Itria. Sciolsero formalmente la Confraternita e ne incamerarono i beni. La situazione rimase in stallo fino a che l’annessione dello Stato Pontificio allo Stato Francese rimase in vigore (1808-1814). Con la caduta di Napoleone ed il rientro di Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaramonti – 1800-1823) a Roma (24 maggio 1814), anche la Confraternita dei Siciliani poté riprendere vita e ricostruire la sua chiesa distrutta, su disegni di un suo sodale, Francesco Manno (1752-1831), quale la vediamo oggi, senza campanile e senza stemma reale.
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