Via, vicolo, salita di Sant’Onofrio (R. XIII – Trastevere) (da via della Lungara alla Salita di Sant’Onofrio, al vicolo di Sant’Onofrio, che ritorna sulla via di Sant’Onofrio)
La salita fu aperta da Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) per agevolare l’accesso alla chiesa omonima, fabbricata, nel 1434, dal beato Niccolò da Forca Palena (1349-1449) che vi annesse un piccolo convento per sé e i suoi compagni. Vi chiamò i padri eremiti della Congregazione di Pisa ed Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447) nel 1437 approvò la fondazione. Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521) lo dichiarò diaconia cardinalizia e Sisto V la elevò a titolo presbiteriale [1].
Fu detto Sant’Onofrio in montagna (questa parte del Gianicolo si chiamava Monte Ventoso), per distinguerlo dalla parrocchia campestre di S. Francesco a Monte Mario, che venne chiamata Sant’Onofrio in campagna.
Sotto la salita di Sant’Onofrio, scaturisce tuttora la sorgente (non più dal 1950) che Clemente XI (Giovanni Francesco Albani - 1700-1721), per opera di Giovanni Maria Lancisi (1654-1720), rimise in funzione (fu già usata dai romani) costruendo una condotta fino al porto Leonino (vedi nell’album delle foto) e fu chiamata “Lancisiana” dal nome dell’inventore.
Nel 1595, “Addì 25 d’aprile, tra l'11 e 12 hore [2], morse qui nelle stanze nostre della Loggia, il signor Torquato Tasso et fu sepolto nella nostra Chiesa, nella cappella maggiore, a canto la pietra del quondam Girolamo Grasso”.
La sua tomba [3] che, secondo l’intenzione espressa dal suo protettore cardinale Cinzio Aldobrandini, avrebbe dovuto essere sontuosa, rimase invece quale la fecero i monaci, fino al 25 aprile 1857, quando nella cappella di S. Girolamo, per munificenza di Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti - 1846-1878), un monumento ne accoglie le ossa “deteriorate, frante e polverizzate in gran parte”.
Vi sono stati sepolti: il cardinale Giuseppe Caspar Mezzofanti morto nel 1849, detto il poliglotta (conosceva 42 lingue e centinaia di dialetti), il pittore Celentano ed il lirico Alessandro Guidi.
Racconta il Rufini (dizionario delle strade di Roma pag. 152) che la tomba [4], più originale, è quella di un facchino, “singolare bevitore e giocatore di Morra” che porta l’epigrafe:
Tribunzio Squazzetto F. Prima aetate sportifero Deinde ad baiulatus ordinem evectus In ferendis et trasferendis oneribus Nemini secundo In evacuatione amphorarum Et Digitorum dimicatione. singulari Vixit ann: xxxx vexit xxx Si plus vixisset plus vexisset Siste viator Et. baiulo in aeternitate sitienti Vinum prebe
A Tribunzio Squazzetto F. portatore di sporte nella prima età poi elevato all’Ordine del Facchinaggio Nel portare e trasportare i pesi secondo a nessuno nel vuotar le anfore e della morra unico Visse quarant’anni trasportò per trenta se fosse vissuto di più, di più avrebbe trasportato Fermati o passeggero e al facchino assetato in eterno offri vino.
Fuori della chiesa, nella parte che era adibita ad orto, ed ora passeggiata pubblica, esiste la spoglia della quercia, cara al Tasso ed a Filippo Neri, che vi aveva fatto costruire una gradinata per condurci i suoi ragazzi. La quercia, ora completamente morta, sarebbe quella ricresciuta sull’antica, abbattuta da un fulmine nella notte del 22 settembre 1843.
Il campanile conserva ancora una campana del 1509 sfuggita, per ordine di Giuseppe Garibaldi, alla requisizione dei bronzi, effettuata dalla Repubblica Romana. Alla domanda di esenzione avanzata dai monaci, il generale domandò: “ ha qualche merito artistico codesta campana?". "Generale", rispose un monaco, "ha suonato l'agonia del Tasso!”
E fu così che quel bronzo venne rispettato.
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[1] ) Dal 1946 il monastero è custodito dai frati Francescani dell´Atonement e dall´Ordine dei Cavalieri Hiersolymitani. Vi ebbe sede la Confraternita dei Candelottari e quella dei Tintori
[2] ) Tra le 7 e le 8 antimeridiane.
[3] ) Scrive Giacomo Leopardi (1798-1837) in data 15 febbraio 1823 – “ fui oggi a visitare il sepolcro del Tasso e ci piansi. Questo è il primo e l'unico piacere che ho provato a Roma... ". Leopardi, che era venuto a Roma quell’anno, ospite dei parenti materni Antici-Mattei, in via dei Funari.
[4] La lapide è scomparsa già dal 1858 (Chiesa di S. Onofrio, di Giuseppe Caterbi, Tipografia Firenze, Roma 1858).
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