Via di San Michele (R. XIII – Trastevere) (da piazza di Porta Portese a via della Madonna dell’Orto)
La via ha preso il nome dall’ospizio omonimo, creato da Monsignor Francesco Odescalchi nel 1682 [1] per i fanciulli abbandonati ed ingrandito da Innocenzo XII (Antonio Pignatelli - 1691-1700) che vi destinò anche i poveri e invalidi, nel 1693.
Clemente XI (Giovanni Francesco Albani - 1700-1721), Clemente XII (Lorenzo Corsini - 1730-1740) e Pio VI (Giovanni Angelo Braschi - 1775-1799) lo portarono alle dimensioni attuali (area metri quadri 27.000, lunghezza 334 m).
Per impulso di Clemente XI, furono istituiti: la scuola degli Arazzi [2], quella dell’arte tipografica e dell’arte della lana [3], ecc. I ricoverati, chiamati "Micheletti", furono provetti incisori, cimatori, cappellani, calzettari, calzolai, fonditori, eccetera. Artigiani ed anche artisti diventati celebri.
Più prossimo a noi, vi furono anche lavorate vetrate artistiche e cuoi bulinati, ed al principio del XX sec. vi venne fuso il gruppo equestre del Vittoriano (vennero fusi 150 cannoni).
Dal 1826 al 1827, fu diretta dal futuro Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti - 1846-1878) che propose a suo successore il cardinale Antonio Tosti, ma la sua nomina non sorrise a Pasquino che domandò a Marforio:
“ sai di dove andò quel cardinale briccone che rovinò coi debiti lo Stato?”
e Marforio:
“ si disse, che l’avessero impiccato. Ma il Papa, il sai, è un candido piccione essendo senza forza e senza fiele, si contentò mandarlo a S. Michele”.
Trasformata in parte anche in prigione [4], come dicono le lapidi trascritte, i detenuti sfollarono [5] poi alle Carceri Nuove e le carceri di San Michele diventarono politiche e dal 1904 casa di rieducazione (Riformatorio) dei minorenni.
Dice la lapide commemorativa: “Qui, dove languivano i precursori dei nuovi tempi, fervono l'opere industri d'alacri giovinetti educati alla pia gioia del lavoro”. (1920). L’antico istituto è ora a Tormarancio.
Incorporata all’edificio, sulla via di Ripa Grande, la chiesa di Santa Maria in Torre che ha preso il nome da una torre, che Leone IV (847-855), nell’884, aveva innalzato in riscontro ad un’altra della riva opposta. Tra le due torri venivano calate delle catene nel Tevere sottostante allo scopo di sbarrare il corso del fiume durante la notte, per garantirsi dalle veloci incursioni dei Saraceni [6].
Alla torre restò il nome di “torre di Leone IV”, anche quando fece parte del gruppo di fortificazioni comprendente le torri e case dei Normanni [7], che si elevavano fra la Ripammea (Ripa Grande) [8] e il ponte Santa Maria (Ponte Rotto).
Infatti una sentenza del senatore di Roma [9] del 29 gennaio 1340 ricorda, fra le quattro torri dei Normanni, quella detta di Leone IV.
La chiesa, concessa ai chierici della Dottrina Cristiana, nel 1578, “riceve il datio di un giulio l'anno per ogni barca che approda alla Ripa del Tevere, giurisditione antica di detta chiesa, e confermata da Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) con Breve 13 aprile 1580. Possiede due o tre casette vicine”.
La Chiesa, chiusa per la Repubblica e l’occupazione francese, alla fine del 1700, fu riaperta dal padre Felici (gesuita) “per le divozione e istruzione dei marinari” ma, essendosi avveduto il sacerdote del vizio della bestemmia contratto e radicato nei marinari, compose il “Dio sia benedetto”, che ora viene recitato al termine della messa.
La torre, che aveva dato il nome alla chiesa [10], scomparve nel 1695 quando venne innalzata la Dogana a Ripagrande.
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[1] ) 21 febbraio 1693 – “Livio Odescalchi ha finalmente concesso il luogo di S. Michele per porvici letterati e ragazzi poveri con espressa dichiarazione di rivolerlo, in caso non vada avanti questa opera pia” (Biblioteca Vittorio Emanuele Ms.1358)
[2] ) La scuola degli arazzi creata, nel 1455, da Niccolò V (Tommaso Parentucelli - 1447-1455), fu soppressa da Callisto III (Alfonso di Borgia - 1455-1458) e ripristinata da Clemente XI (Giovanni Francesco Albani - 1700-1721) che l’affidò a Jean Simonet, profugo delle Fiandre, lo seguì il Domignot, autore dell’arazzo della Vergine col bambino e del ritratto di Clemente XI.
[3] ) “A dì 12 gennaio 1696 – N.S. andò in sedia, con la solita accompagnatura, a vedere i lavori che si fanno a S. Michele a Ripa, che sono di tutta perfezione, e specialmente li panni che sono migliori e più belli di quelli di Olanda ed Inghilterra”.
[4] ) “coercendae mulierum licentiae et criminibus vindicandis”
[5] ) Veramente a quei tempi lo sfollamento delle carceri era molto semplice: “17 febbraio 1685 – Trovandosi le carceri piene di malfattori, se ne sono in questa settimana, mandati molti alle galere (navi di stanza a Gaeta), altri impiccati e fra questi uno che serve per l’anatomia in questo Studio della Sapienza".
[6] ) “propter Saracenorum periculum”.
[7] ) Dai Normanni discendono gli Alberteschi. Il primo dei senatori di Roma trasteverino fu Giovanni dei Normanni (1306).
[8] ) “Ripammea” (mea, abbreviazione di marmorea).
[9] ) Alla fine del secolo X, scompaiono, nella vita romana, nel tempo, i consoles amministratori civici, da non confondersi con i Consules et Duces e con i Consoles Romanorum, diciamo così, politico-militari, derivati nel medioevo da quelli dell’antica Roma, Poco più tardi si affacciano invece i consoli presidenti delle diverse arti. La prima menzione documentaria di una corporazione romana risale al 1088 ma, certamente, l’istituzione delle corporazioni è anteriore. Queste particolari associazioni di mestieri presero il nome di università, perché comprendevano altri sodalizi affini e, codificate le consuetudini che le reggevano, riuscirono con la loro coesione ad insinuarsi come terzo importantissimo elemento nelle lotte per l’autonomia comunale che essi combattevano secolarmente fra le rivendicazioni del papato e la prepotenza baronale. Verso la metà del secolo XIII questa democrazia era tanto forte che fu in grado di chiamare a Roma e nominare senatore: Brancaleone degli Audali da Bologna (1252). Il primo senatore sembra sia stato eletto dai 56 consiglieri amministratori dell´Urbe, nel 1044, e ciò fino al 1206, quando la nomina diventò papale. Fino al ritorno dei papi da Avignone il senatore di Roma esercitò una incontestata autorità, ma le lotte acuitesi sotto Innocenzo VII (Cosma Migliorati - 1404-1406) culminarono nella nomina che fece Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447) di un Governatore di Roma in temporalibus, fiancheggiandolo con due marescialli e riunendo poi tutte le loro attribuzioni di governo nelle mani del Cardinale Camerario. Più tardi il governo della città tornò al senatore, ma con una carica puramente rappresentativa, essendo invece effettivamente nelle mani di "Monsignore Governatore di Roma". Fino al 1580 il senatore restava in carica sei mesi poi un anno e dal 1655 a vita.
[10] ) La chiesa era appunto addossata alla torre, ed ancora a metà del ‘600 aveva il nome di S. Maria in Torre a Ripa. La torre e l’altra che era sulla riva opposta “disabitate e perciò sprovviste di ripari, per il ché alla giornata andarono cadendo”. Demolita totalmente nel 1704 si legge: “Si cavano tuttavia pietre preziose dalla rovina dell'antico torrione che papa Leone fece fare in fretta a Ripa del Tevere. Fra questi frammenti si trova una quantità di lapislazzuli, onde si crede siano delle rovine degli antichi templi degli idoli”.
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