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La lapide documenta in dettaglio il fondatore della chiesa, un certo Damaso, ed i vescovi che la officiarono, Ubaldo di Sabina e Giovanni di Tuscolo (1/2 XI sec.-1119). Vi figura anche la lista delle reliquie [San Pietro (33-67), papa Cornelio (251-253), papa Callisto (218-222), papa Felice (169-274), Sant’Ippolito martire, Sant’Anastasio martire, San Felice e Santa Marmenia martire] che furono poste nell’altare maggiore e che sono state ritrovate intatte nei restauri del 2016. Il predicato “Cappella” potrebbe riferirsi al fatto che la piccola chiesa abbia ospitato una “Cappella papale” (vedi sedia vescovile ritrovata, esposta nel museo), funzione importante e tale da aver mutato il predicato della chiesa. Non sono stati eseguiti scavi archeologici sistematici sotto la chiesa, ma durante il restauro citato, manufatti databili dal I al IV secolo, sono stati ritrovati e sono esposti nella chiesa stessa e nel museo (non si possiede ancora il rapporto degli archeologi che hanno eseguito il restauro del 2016). La chiesa era absidata a tre navate, suddivise da cinque colonne di spoglio, architravate, per parte e dotata di pavimento cosmatesco (le cui tessere sono state trovate negli scavi del 2016) configurazione che sembra essere quella medievale (con murature che vanno dal X al XII secolo), mantenuta fino ai giorni nostri, a meno della pavimentazione cosmatesca. La consacrazione di un secondo altare a cippo, del 1113, sotto Pasquale II (1099-1118), potrebbe indicare il completamento degli interventi sulla primitiva chiesa, con la sistemazione definitiva delle reliquie. Nel medioevo, la chiesa deve essere stata tra quelle cui era dedicato il culto di coloro che lavoravano intorno al Porto di Ripa Grande. Nel catalogo (1192) di Cencio Camerario (1150-1227), la chiesa è indicata come “Sancte Marie in Cappella, VI denari” (denari donati dal papa in occasione delle feste maggiori) e in quello (c.1320) dell’Anonimo di Torino “Ecclesia Sancte Marie in Cappella habet sacerdotem et clericum”. Nel 1391, Andreozzo Ponziani, suocero di Francesca Bussa (Santa Francesca Romana – 1384-1440), fece costruire un ospedale, annesso alla chiesa, dedicato al SS Salvatore, consacrato ai poveri di Trastevere, che fu gestito dalla Santa e dalla sua comunità di pie donne, già dal 1401. Nel 1440 [dopo la fondazione del monastero a Tor de´ Specchi (1433)] le Oblate di Santa Francesca Romana si fecero carico anche dell’ospedale. La chiesa divenne la Cappella dell’ospedale. Dopo il Sacco di Roma, del 1527, l’ospedale fu chiuso e la chiesa abbandonata. Nel 1550 la chiesa venne concessa alla Confraternita dei Bottai (fabbricanti le botti di legno) e dal nome latino della botte, “Cupa”, per alcuni sarebbe derivato il predicato della chiesa, Santa Maria “in Cupella”, poi “Cappella” (ma questo predicato, per la chiesa è in uso già nel XII secolo…). La Confraternita restaurò la chiesa, escludendo le navate laterali (vedi pianta del Nolli – 1748), che furono murate lungo le colonne, e, forse, una parte dell’ospedale per ottenerne dei locali per usi sodali. La confraternita abbandonò il complesso agli inizi del XVII secolo e vi subentrò un ospizio per pellegrini, voluto dal cardinale Giovanni Garzia Mellini (1562-1629). Nel XVII secolo, donna Olimpia Maidalchini Pamphili (1591-1657), cognata di Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili – 1644-1655) comprò il giardino, dove insisteva il vecchio ospedale, e che arrivava ai bordi del Tevere, dove Olimpia aveva allestito una banchina/spiaggia, su resti di un antico approdo romano, e aveva chiamato il suo giardino “Casino del Belvedere”. Nel 1653, la famiglia Doria-Pamphili acquistò anche la chiesa e ne prese il patrocinio, che continua ancora oggi. Nel 1797, la chiesa fu concessa alla confraternita dei Battellieri di Ripetta e di Ripa Grande, che la restaurò. Nel 1857, la famiglia Doria Pamphili, aprì una casa di cura per anziani, chiamata “Casa di Cura di Santa Francesca Romana”, che è tuttora in funzione, e la affidò, di nuovo, alle Oblate di Tor de´ Specchi di Santa Francesca Romana. Contemporaneamente la famiglia Doria-Pamphili aveva affidato all’architetto Andrea Busiri Vici (1818-1911) il ripristino della chiesa, per quanto possibile, nelle sue forme medievali, quale la troviamo oggi. L’edificio della chiesa, nel 1982, dette gravi segni d’instabilità e fu chiuso. Tra il 2008 e il 2017, un importante restauro ha riportato la chiesa nella sua forma migliore. Anche l’ospizio è stato restaurato, dal 2011, tanto che, nel 2017, è stato aperto un museo che ospita tutti i reperti ritrovati nelle operazioni di restauro della chiesa e dello “Ospitale” (vedi “Museo di S. Maria in Cappella”).
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