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Nel campo delle ipotesi, si pensa alla preesistenza serviana di una Rocca Gianicolense di cui si sarebbe trovata una grande cisterna e murature in opus reticulatum sotto le mura perimetrali del convento. Nel medioevo, la leggenda di San Pietro, che sarebbe stato crocefisso nel luogo oggi sormontato dal Tempietto del Bramante, ha certamente giustificato l’insediamento di un monastero a presidio di un luogo sacro, come per quello delle Tre fontane (VII sec.), sulla via Laurentina, e di San Paolo fuori le Mura (IV sec.), sull’Ostiense, in ricordo del martirio e della sepoltura di San Paolo. In effetti, tracce di muratura, ritrovate nel giardino del monastero, risalenti al V-VII secolo, possono far pensare ad un primitivo insediamento confessionale. Nell’VIII secolo, ne “l’Itinerario carolingio di Einsiedeln”, una sorta di guida di Roma ad uso dei pellegrini, si parla, “passata la Porta Aureliana”, di una “Fons Sancti Petri, ubi est carcer eius”. Il “Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis”, redatto nel IX secolo da un colto prete ravennate di nome Agnello (c.800-c.850), accenna al “Monasterium beati Petri quod vocatur ad Ianuculum”. La chiesa è assente nel catalogo (1192) di Cencio Camerario (1150-1227), ma nel Catalogo di Parigi (c.1320) è menzionata come “Ecclesia Sancti Petri Montis Aurei habet fratres ordinis sancti Petri de Morrone VIII”, quindi occupata da monaci detti Celestini o Morronesi (Benedettini). I Celestini abbandonarono la chiesa alla fine del XIV secolo e, intorno al 1403, subentrò la Congregazione Agostiniana di Sant'Ambrogio, ma già nel 1438 furono sostituiti da una comunità di monache Cistercensi. Dopo un lungo periodo di abbandono, nel 1472, Sisto IV (Francesco Delle Rovere – 1471-1484), francescano, donò la chiesa e il convento medievali, assai mal ridotti, ad Amedeo Menez de Silva (c.1420-1482), un francescano riformista spagnolo, fondatore, nel 1459, di una Congregazione Riformista di Francescani Spagnoli, detta degli Amadeiti dal nome del fondatore e personalmente stimato dal pontefice, tanto da diventarne il suo confessore. Nel 1480, incoraggiato da Amedeo Menez da Silva, Ferdinando il Cattolico (1452-1516) si era impegnato alla ricostruzione della chiesa (sulle rendite del Regno di Sicilia), come voto per la nascita (vissuto un giorno) dell’erede Giovanni (1478-1497). Nel 1481, Amedeo Menez de Silva e i suoi Francescani si misero all’opera per restaurare il convento e per iniziare la ricostruzione della chiesa e, sulla base delle caratteristiche architettoniche osservate oggi, si pensa che la loro opera si sia limitata alla realizzazione della parte presbiteriale e del campanile. Nel 1483, anche Luigi XI (1461-1483) re di Francia contribuì alla riedificazione della chiesa, ma nel 1488 i contributi spagnoli furono tali che Ferdinando il Cattolico incaricò i suoi ambasciatori Juan Ruiz de Medina (+1507) e Bernardino Carvajal (1456-1523), cardinale dal 1493, di portare a termine l’opera. Sotto la direzione dell’ambasciatore Bernardino Carvajal, a partire dal 1488, si definisce meglio il progetto architettonico complessivo che prevede una chiesa a navata unica, coperta da volte a crociera, con cappelle laterali semicircolari, ricavate nello spessore delle murature laterali, e due cappelle maggiori curvilinee con la probabile funzione di saldatura tra quello che era stato realizzato da Amedeo Menez de Silva e la parte successiva, portata a termine dall’ambasciatore spagnolo Bernardino Carvajal. Il nome dell’architetto incaricato del progetto è stato oggetto di una vasta discussione, ma la paternità del disegno complessivo sembra indicare Baccio Pontelli (c.1450-c.1494), probabilmente ispiratosi al “Trattato di architettura civile e militare” di Francesco di Giorgio Martini (1439-1501). Alla fine dei lavori della facciata, nel 1500, la chiesa fu consacrata da Alessandro VI (Rodrigo Borgia – 1492-1503). Quello stesso anno, i reali, Ferdinando (1452-1516) ed Isabella (1451-1504) di Spagna, per mezzo del cardinale Bernardino Carvajal, incaricarono Donato Bramante (1444-1514) della costruzione di un tempietto sul luogo che si riteneva essere quello della crocefissione di San Pietro, che fu realizzato tra il 1502 e il 1512, rimodellando, per la creazione della cripta, la grotta che Amedeo Mendez aveva creato per i suoi momenti di devozione. Nella chiesa, tra il 1550 e il 1552, Giulio III (Giovanni Maria Ciocchi Dal Monte – 1550-1555) fa realizzare da Giorgio Vasari (1511-1574), che si giova della collaborazione di Bartolomeo Ammannati (1511-1592) e di Michelangelo Buonarroti (1475-1564), la propria cappella funeraria, dedicata a San Paolo, nella quale è ospitato anche il fratello Baldovino Ciocchi del Monte (1485- 1556). Il cardinale Clemente Dolera (1501-1568), generale dell’Ordine Francescano (1553-1557), poi cardinale dal 1566, è il probabile promotore del secondo chiostro del convento, durante o poco prima i suoi anni di generalato (1552?). Nel 1559, il cardinale Giovanni Ricci (1497-1574) incarica Daniele Ricciarelli (c.1509-1566) di allestire la cappella di fronte a quella del Monte, dedicata a San Giovanni Battista, che sarà terminata solo nel 1568. In quell’anno, papa Pio V (Antonio Michele Ghislieri – 1566-1572), domenicano, promulgò una nuova costituzione per l’Ordine Francescano e gli Amadeiti confluirono nel movimento francescano Osservante. Nel 1587, Sisto V (Felice Peretti – 1585-1590) elevò la chiesa a titolo cardinalizio presbiteriale. Nel 1604, il cardinale Domenico Toschi (1535-1620), fa affrescare l’abside, con scene di vita di San Pietro, da Paolo Guidotti (1560-1629), ma i cannoneggiamenti francesi del 1846, durante la Repubblica Romana, danneggeranno l’abside, provocando la perdita degli affreschi. Risale al 1604, su finanziamento di Filippo III (1598-1621) di Spagna, per mano del suo ambasciatore Juan Fernàndez Pacheco (1563-1615), la sistemazione del chiostro del monastero, con la creazione del lanternino sopra la cupola del Bramante e del piazzale davanti alla chiesa, che era stato, fino ad allora il “più scosceso e ripido luogo del monte, e per ciò altrettanto facile a rovinare per le correnti dell’acque in occasione di piogge gagliarde, e continue” e della strada di accesso (oggi via Garibaldi). Vengono quindi elevati i muri di sostegno del terrapieno e dal livellamento del piazzale nasce la necessità di creare una doppia rampa di scale per l’accesso alla chiesa. I lavori vengono affidati a Giovanni Fontana (1540-1614), in collaborazione con Carlo Maderno (1556-1629). Il sacrato fu dotato di fontana (oggi scomparsa, perché distrutta dal bombardamento francese del 1849) e, nel 1657, verrà aggiunta la “colonna liminaria” con la quale i frati francescani intendevano delimitare il sacrato della chiesa. Tra il 1615 e il 1620, Pietro Cusidda (+1622), rappresentante del re di Spagna, commissiona il rifacimento della cappella, detta della Pietà, ad un artista il cui nome è ancora in discussione (si era pensato a Carlo Maderno), mentre Francesco Raimondi, protonotario apostolico, incarica Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) del rifacimento della cappella dedicata a San Francesco, tra il 1640 e il 1647. Dal 1626, il convento era passato dai Francescani Osservanti, che già detenevano quello di Santa Maria in Ara Coeli, ai Francescani Riformati Italiani. Nel 1660, Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-1667), dona all’Università della Sapienza una parte del giardino dei frati per permettere la ricerca e la coltivazione di piante medicinali (in questo giardino, chiamato “dei Semplici” si costituirà l’Accademia dell’Arcadia, nel 1690). Nel 1748, fu edificata la cappella di Sant'Antonio di Padova a Montorio, lungo l’accesso pedonale alla chiesa (si tratta della scalinata che parte da via Garibaldi ed arriva al sacrato della chiesa), dove fu realizzata una “Via Crucis”, ancora esistente. Durante gli avvenimenti che videro morire la Repubblica Romana del 1849, furono danneggiati l’abside ed il campanile dal cannoneggiamento francese e il restauro, affidato da Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti – 1846-1878) a Virginio Vespignani (1808-1882), riguardò anche il pavimento della chiesa, con la perdita di quasi tutte le lapidi tombali presenti. Nel 1873, il Governo Italiano espropriò il convento, ma gli interessi spagnoli per il complesso, portarono la Corona Italiana a cederlo a quella Spagnola nel 1876. Nel 1881, il convento fu adattato per ospitare l’Accademia di Spagna a Roma e, in questa occasione, fu sconsacrata la cappella di Sant'Antonio di Padova a Montorio. Nel 1891, la Congregazione dei Francescani Riformati confluì nell’Ordine dei Frati Minori, che amministra tuttora la chiesa.
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