Piazza e via S. Francesco a Ripa (R. XIII – Trastevere) (nella Piazza convergono: via della Luce, via Anicia, via Jacopo de' Settesoli, via di San Francesco a Ripa che arriva fino a piazza di San Callisto)
La piazza prende nome dalla chiesa di San Francesco e la via aggiunge il termine “Ripa” perché, dalla chiesa di S. Francesco, si dirige a Piazza S. Callisto (traversando l’attuale viale Trastevere, già del Re) e , in senso inverso, a Ripa.
“La chiesa e il monastero di S. Francesco a Ripa dell’ordine dei Minori Obs.(Osservanti) Reg.(Regolari) fu fondata in tempo di Gregorio IX (Ugolino dei Conti di Segni - 1227-1249), l’anno 1229, terzo del suo pontificato, come per Breve in pergamena a’ 28 di luglio” (1662 - Fra Giacomo da Cantalupo) [1]..
La chiesa è poggiata sui conci di anfore di cui è formato il monte Testaccio e fu Rodolfo di Anguillara a sostenere la spesa (1231) della ricostruzione. Della chiesa rinnovata fu messa la prima pietra il 5 giugno 1744 e consacrata il 4 maggio 1747.
Nel convento è venerata la camera dove abitò il Poverello, ridotta a cappella dal cardinale Alessandro Peretti di Montalto, nipote di Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) che lo fece cardinale a 15 anni, aggiungendo il cognome Peretti a quello di Damasceni.
Sulla Piazza la caserma dei bersaglieri (oggi dei Carabinieri per i beni culturali).
La lapide che vi è murata commemora la battaglia di Sciara-Sciat e, riferendosi ai 300 bersaglieri “che avvolti da orde barbariche, combatterono fortemente e gloriosamente caddero", conclude "il popolo di Trastevere, che li acclamò partenti, ne benedice e consacra la memoria, nel nome santo d'Italia”; la lapide, però, ne ha sostituita un’altra. Composta questa da Gabriele D'Annunzio, e in parte scolpita sul retro della suddetta murata perché rifiutata da Ernesto Nathan, sindaco di Roma, inglese di nascita, di costumi e di lingua, e gran maestro della Massoneria italiana
Il testo respinto diceva: "All'immortalità degli Eroi, che il 23 ottobre 1911 in Sciara-Sciat, primi con vasto sacrificio confermarono la conquista necessaria, tutto il popolo di Trastevere, ottimo sangue romano, consacra il suo voto da questa sede della prodezza, che sta fra il Gianicolo, onde placata scende l'ombra del difensore di villa Spada, e Ripa grande, su cui vige l’aspettazione di un nuovo approdo fatale". (Vedi ode a Roma di Gabriele D'Annunzio - allusione alla “Magna mater”).
Fu Paolo V (Camillo Borghese - 1605-1621) che, della strada ristretta, ne fece lo “stradone di S. Francesco a Ripa” alberato poi da Urbano VIII (Maffeo Barberini - 1623-1644). La strada fu anche chiamata “di Messina”.
Venendo da S. Callisto, prima che lo stradone di S. Francesco traversi il viale di Trastevere, ha sulla sinistra la chiesa dei SS. Quaranta [2], eretta da Callisto II (Guy de Bourgogne - 1119-1124) nel 1123, restaurata nel 1608 dalla Confraternita del Gonfalone e completamente riedificata, intitolandola ai santi Quaranta di Sebaste e a San Pasquale Baylon dai padri minori scalzi della Riforma di San Pietro d’Alcantara. Avuto il consenso il 16 dicembre 1735, i padri comprarono, per 2032 scudi romani, un antico ospedale con un orto ed una piccola chiesa, dedicata appunto ai santi Quaranta. Per ingrandire ancora di più chiesa e convento, il 24 luglio 1736, acquistarono altre case per 1614 scudi.
Con decreto, del 1738, di Filippo V re di Spagna, confermato con altro di Isabella II [3], nel 1856, i due edifici furono posti sotto la Corona di Spagna.
Dove lo stradone incrocia la via Luciano Manara, furono realizzate le prime case popolari a Roma. In questa strada, allora campestre, Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti - 1846-1878) ne costruì alcune a favore dei trasteverini di condizione disagiata.
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[1] Della chiesa è detto pure: “la chiesa però si ha, per certa tradizione, che per prima ne fusse di nuovo fabbricata da Giacoma Sette Soli (Frangipane contemporanea e devota di S. Francesco), come in un manoscritto si legge, appresso i medesimi Padri, ma in più piccola forma dell’hodierna.....” (1225)
[2] ) ll largo dei SS. Quaranta era detto “Fontana Secca” ove stava la casa e la torre dei Certoli.
[3] ) Quando Isabella II, cacciata dalla Spagna, venne a Roma col favorito duca Marforio (ex cantante italiano) disse la satira: “Di Spagna la regina - piena d'amor divino - per non lasciar Marforio - viene a trovar Pasquino”.
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