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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza_di_S_Egidio-Chiesa_omonima (2)

La loro casa comune era prossima alla chiesa di “San Lorenzo in Ianiculo” (chiamata anche “San Lorenzo in Turribus” o “San Lorenzo de Curte” o ancora “San Lorenzinus”) che era stata citata come chiesa dipendente da quella di Santa Maria in Trastevere, in una Bolla di Callisto II (Guy de Bourgogne - 1119-1124), già nel 1123.
La chiesa, forse aperta al pubblico, aveva funzione di cappella del palazzo degli Stefaneschi e si trovava sulla piazza dei Velli di fronte al palazzo omonimo (oggi ospita il Museo di Roma – In Trastevere).
A metà del XVI secolo, la famiglia Stefaneschi si estinse e, nel 1610, un ricco macellaio, Agostino Lancellotto (+1615), che gestiva una sua bottega in Borgo vicino all’oratorio di Sant’Egidio (edificato forse nel IX secolo presso San Pietro e oggi chiesa di Sant’Anna dei Pallafrenieri in Vaticano), acquistò il palazzo Stefaneschi insieme alla chiesa di San Lorenzo dal Capitolo di Santa Maria in Trastevere. Dopo averli restaurati con il concorso di Margherita Colonna principessa di Venafro e, dedicata la chiesa a Sant’Egidio, (di cui, come abbiamo visto, era devoto), li lasciò per testamento al cenacolo di religiose .
Queste, integrate dall’arrivo di 10 suore Carmelitane scalze, entrarono in possesso del complesso nel luglio del 1610 e, nel 1611, Paolo V (Camillo Borghese - 1605-1621) dette la sua approvazione apostolica, mettendolo sotto il controllo dell’Ordine delle Carmelitane scalze.
Alla morte di Agostino Lancellotto, nel 1615, il convento entrò in possesso dei suoi beni oltre a numerose donazioni o doti di nuove sorelle, portando il convento in ottima salute economica. Ma la condizione degli edifici rimaneva assai precaria, tanto che un contemporaneo ne diceva: “Più pareva tugurio che convento di religiose”.
Dal 1619 al 1628, il convento perseguì una politica di acquisti con lo scopo di ampliare e ristrutturare il convento. Fu aiutato da nobili potenti, tra i quali specialmente i Colonna che vi erano legati, come detto, fin dal tempo di Margherita Colonna (1610).
Nel 1628, Vittoria Colonna (1610-1675), al suo ingresso nel convento come Carmelitana, aveva ottenuto da papa Urbano VIII (Maffeo Barberini – 1623-1644) la concessione della chiesa di “San Biagio in Ianiculo” che insisteva sulla piazza de´ Velli (oggi piazza di San’Egidio-la chiesa si vede nella pianta del Du Pèrac del 1577). Questa chiesa era anch’essa nominata nella Bolla del 1123 di Callisto II (Guy de Bourgogne - 1119-1124) ed era stata concessa, nel XVI secolo, all’Università dei Calzolari (vedi via di Sant’Anna – Sant’Eustachio) che l’avevano ristrutturata e dedicata ai Santi protettori di quella Università: San Crispino e San Crispiniano. La permanenza dell’Università dei Calzolari non si protrasse per molto, perché ben presto si spostò nella chiesa di Santa Bonosa in Trastevere (vedi via di Santa Bonosa – Trastevere).
Con questa ultima acquisizione e ottenuta l’autorizzazione dei Maestri delle Strade, le suore, tra il 1630 ed il 1632, con le proprie risorse e con quelle messe in campo da  Filippo I Colonna (1578-1639), ampliarono e ristrutturarono il convento e la chiesa a navata unica e a volta a botte, che fu dedicata anche alla Madonna del Carmelo.
Nel 1638, la dote di Laura Rondanini, conversa con il nome di “Vittoria Felice della Croce” (che divenne priora), consisteva nelle case limitrofe al convento acquistate dal padre, Alessandro Rondanini, le quali permisero l’isolamento del monastero.
Altre converse furono
suor Maria Teresa di Gesù, nata marchesa di Soncino, suor Maria Caterina di Cristo nata Caterina Cesi dei duchi di Acquasparta, suor Teresa di San  Giuseppe dei conti di Corbara che diedero vita, in seguito, ad altri monasteri in Roma ed in Europa.

Il convento delle suore Carmelitane, il cui ingresso principale era quello dal quale oggi si accede al museo tramite la doppia scala, si trovò a lavorare in tandem con quello maschile di Santa Maria della Luce (vedi via della Luce - Trastevere).
Dal 1810 al 1814, sotto l’occupazione napoleonica di Roma, le suore furono obbligate a lasciate il convento per una loro casa in via Giulia.
Anche nel 1849, le suore furono costrette ad abbandonare il convento, che era sotto il tiro dell’armata francese, per rifugiarsi a Palazzo Barberini.
Nel 1873, il Governo Sabaudo espropriò tutti i beni degli ordini religiosi, così anche il convento di Sant’Egidio fu espropriato e le Carmelitane dovettero abbandonarlo definitivamente.
Nel 1875, il Governo Italiano lo dette al Comune di Roma che, nel 1918, vi aprì un sanatorio, intitolato ad Ettore Marchiafava (1847-1935), per bambini sofferenti di Malaria.
Dopo la seconda guerra mondiale, essendo scomparsa la malaria da Roma, grazie alla bonifica delle paludi circostanti, il sanatorio fu soppresso e l’edificio fu occupato dagli sfollati.
Tra il 1969 e il 1977, il palazzo subì una riorganizzazione interna, finalizzata alla funzione di museo, che gli era stata attribuita dalle autorità capitoline, e assunse il nome di “Museo di Roma in Trastevere”.
Nel 1968, la chiesa, cui si è legata la Comunità laica di Sant’Egidio nell’anno della sua fondazione, è officiata dal clero diocesano ed è, di nuovo, una dipendenza di Santa Maria in Trastevere. È titolo cardinalizio dal 2019.

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