Vicolo dei Moroni (R. XIII – Trastevere) (da via di Santa Dorotea a lungotevere della Farnesina)
“Viene così chiamato dalla romana famiglia Moroni, che al dire di Amoyden , soggiornava in Trastevere e riteneva per arma gentilizia un albero di moro in campo bianco”.(Rufini - 1847)
Il palazzo Moroni è prossimo alla chiesa dei SS. Dorotea e Silvestro dove, in alcune stanze annesse, cominciò a funzionare, a cura del Colasanzio, la prima scuola gratuita popolare d’Europa (1597), e della Controriforma, ivi nata. È oggetto di una bolla di Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521), dell’11 marzo 1516, “Pro fraternitate presbyterorum et clericorum sub invocatione Divini Amoris nuper in urbe instituta unio parrocchialis SS.Silvestri et Dorotheae regionis Transiberim Urbis” [1].
Sul lato del palazzo Moroni, al n°23 si trovava l’ingresso del fu “Nuovo Politeama Romano” dove debuttarono Alessandro Bonci ed Francesco Marconi. Baraccone in legno che si prestava anche ai drammi popolari. Locale caratteristico che aveva per foyer l’osteria degli “orti aureliani” [2].
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[1] ) Fu qui che fu ideata la congregazione dei Teatini.
[2] ) Il teatro Politeama era costruito con criteri di vero teatro, con quattro ordini di palchi, con loggione, gallerie, platea con poltrone e sedili, nonché acconci camerini per gli attori ed era illuminato a gas. La filodrammatica che animava il teatro aveva avuto le sue origini, nel 1885, da un oratorio messo su dal p. Luigi Pasquali, della Congregazione dei Chierici Regolari della Madre di Dio, presso la chiesa di S. Maria in Campitelli. In seguito, si cercò uno spazio più adeguato, passando per palazzo Pellegrini in via delle Botteghe oscure al n. 56 (oggi demolito), per il Collegio S. Maria al viale Manzoni, per il palazzo Altemps, per il collegio di Tata Giovanni in piazza dei Satiri, nonché nella sala della società cattolica Artistica Operaia in via Marforio (scomparsa sotto l’altare della Patria in Piazza Venezia). Giunse al teatro Politeama, in vicolo Moroni, su invito dell’Unione Romana, che lo aveva affittato al fine di assicurarsi un beneficio con il pur modesto introito degli spettacoli (i posti del loggiato costavano solo venticinque centesimi). Per vari anni, ma solo nei giorni festivi, furono tenute numerose recite, alcune anche d’indole religiosa, ma sempre morali come “Il romanzo di un giovane povero”, “Le due orfanelle”, “Il padrone delle ferriere”, ecc. Verso la fine dell’800 la filodrammatica dovette lasciare il Politeama, probabilmente in seguito ad un ordine della questura preoccupata del pericolo d’incendio che presentava la costruzione in legno. Le recite proseguirono in altri teatri… (liberamente tratto da un articolo di Enrico Ponti pubblicato dalla Strenna dei Romanisti – 1966 alla pag. 373)
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