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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Largo della Sapienza (R. VIII – Sant’Eustachio) (vi convergono: via dei Sediari, via del Melone, è limitato ad est da via del Rinascimento)

La via della Sapienza [1] con la piazza Madama da una parte e la via dell’Anima dall’altra, delimitano il giro esterno della cavea dello stadio di Domiziano [2]. Corrispondono ad altrettante vie antiche il cui piano era, come quello dell’arena, notevolmente più basso.

“Dal motto scritturale "Initium Sapientiae Timor Domini”, che sta scolpito sulla finestra posta sopra la porta principale dell'Archiginnasio Romano, ha avuto origine la volgare denominazione di "SAPIENZA", data non solo alla presente strada ma anche alla stessa Università Romana” (Rufini - 1847).

Dopo le “scuole di sacra disciplina e di umana scienza” create da San Gregorio Magno (590-604) e la “Schola Palatina” dovuta ad Onorio III (Cencio Savelli - 1216-1227) e trasformata in "Studium generale” da Innocenzo IV (Sinibaldo Fieschi - 1243-1254), fu istituito da Bonifacio VIII (Benedetto Caetani - 1294-1303) lo “Studium Urbis” vicino alla chiesa di Sant’Eustachio.

Nel 1376, da Gregorio XI (Pier Roger de Beaufort - 1370-1378), "come in sede più tranquilla", lo “Studium” fu trasferito in Trastevere dove era domiciliata la più parte delle famiglie romane. Anche Innocenzo VII (Cosma Migliorati - 1404-1406) si occupò della Università trasteverina con la bolla del 1º settembre 1406.

Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447) nel 1431, riportò lo Studium a Sant’Eustachio "tra la chiesa dedicata a detto santo e quella di S. Jacopo della nazione spagnola".

Sembra che ivi esistesse un’antica chiesetta che, demolita,  con l’aggiunta di un’altra area acquistata dal Popolo Romano, creò lo spazio per il costruendo edificio, che, adibito al collegio dei poveri studenti, in un primo tempo, fu poi trasformato ed ingrandito per lo “Studium... ...con muri nuovi, havendovi designato di farvi portici e luoghi di passeggiata al coperto con cortile e piazza di mezzo, secondo il costume dell'antica Accademia, ma non fu dato a queste cose perfetione".[3]

Vi eseguirono importanti lavori Alessandro VI (Rodrigo Borgia - 1492-1503), Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521), Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) (sembra che abbia costruito il portico coperto, la loggia e la scala sinistra) e Paolo III (Alessandro Farnese - 1534-1549), i cui stemmi fregiano le aule.

Per la parte finanziaria, Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447) aveva provveduto a pareggiare il bilanco con i proventi della gabella sul vino forestiero, che furono impiegati a favore dello Studio, per gli stipendi dei lettori (professori) e per la manutenzione dei locali.

Ma poiché accadeva spesso, che i Pontefici stornassero una parte del ricavato, per fare fronte ad altri impegni, l’Archiginnasio restava senza fondi per pagare i lettori, che si sfogavano componendo e diffondendo pasquinate o affiggendo distici latini alla statua di Pasquino, imitati dai goliardi che trovavano "un ottimo pretesto per dar nuovo e maggiore lustro ai loro baccanali".

In fatto di disciplina, a giudicare dai bandi che proibiscono “il lancio dei limoni, cipolle e sassi” [4] come pure “ai caldarostari di entrare nell'edificio della Sapienza” e agli studenti “di fare disegni su muri e su banchi”, la disciplina proprio non doveva essere molto osservata. D’altra parte i lettori, trattati male, insolentivano ... classicamente.

Come quel lettore, Francesco Filelfo, che scriveva al Tesoriere Generale, Miliaduce Cicata, 

"Foetida Miliaducis haec sentina Cicadae
Semper alit facinus
(scelleratezza),flagitiumque (ribalderia) colit[5]

Né sembra che i professori durante le lezioni stessero a loro agio, giacché, leggendo di Pomponio Leto (1428-1498) [6], sappiamo che “ogni giorno, sul far dell'aurora e spesso col lume acceso in mano, qualunque tempo facesse, portandosi dalla sua casa [7]  andavasene alla Scuola et ivi ad una affollatissima moltitudine di scolari, gran parte dei quali era talvolta costretta a star fuori all'aperto, spiegava con mirabile plauso gli autori latini”.

Eppure Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521) aveva affidato lo “Studium” a professori di gran  fama,  che  ascesero  ad  88,  tanti  quanti  non  ne  aveva  l’università contemporanea, e la spesa raggiunse 14.000 fiorini [8] annui in confronto dei 2740 sotto Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1471-1484). Le lezioni si tenevano di giorno e di sera ed anche la domenica.

Nel 1594, esistevano sette discipline [9] dove, secondo una relazione, “si leggono le letioni: quattro nella parte inferiore dell'edificio a man dritta e tre di sopra: doi a man dritta et una a mano manca. Vi sono doi stanze per addottorarsi. Vi è poi una stanza dove si fa l'anatomia, una cappella ed altre stantie per bisogno dello studio, come li bidelli et cose simili. Una hora prima che si comincino li studi si dice messa nella cappella e, finita la messa, suona il campanello della prima hora et così di mano in mano. Ci sono tre bidelli".
“I bidelli hanno cura di detto studio, come di sonare all’hora delle lezioni, vedere che non si faccian rumori, serrar et aprir lo Studio, et altre cose simili, ma uno di essi assiste sempre, che si chiama il bidello puntatore, et questo ufficio frutta circa 200 scudi. Di questo Studio ha cura il popolo Romano il quale per questo crea quattro Reformatori, che debbono haverne cura. La sovraintendenza di detto Studio è appresso de’ Cardinali della Congregazione sopra lo Studio, quali sono il Camerlengo [10], quale Cardinale romano e li nepoti dei Papi viventi. Questa Congregazione si fa una volta all'anno alla presenza di Nostro Signore.
A servizio della cappella sono assegnati un preposto, che è dignità in Romana Curia, con 200 scudi di Camera l'anno in vita et doi cappellani con 50 dinari”
.

Con tutte queste spese, poiché i proventi della gabella del vino, chiamata "dello Studio", continuavano ad essere stornati, Pio IV (Giovanni Angelo Medici - 1559-1565) ed in appresso Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) eressero un Monte di questa gabella [11bis]. affinché non mancassero i fondi all’Arciginnasio.

Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521) aveva dotato l’Archiginnasio di una cappella dedicata ai SS. Leone e Fortunato e riservato  la nomina degli officianti alla famiglia Medici.
Eretta nel 1514, perché vi si celebrasse la messa tutti i giorni di scuola "in primo crepuscolo", la cappella fu demolita da Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) che fece celebrare il rito nella vicina chiesa di San Giacomo degli Spagnoli[11], finché nel 1594 uno dei cappellani non richiese il ripristino della cappella.

Nel 1642 a cura degli avvocati concistoriali fu iniziata nel recinto dell’Università l’attuale chiesa di S. Ivo.

E poiché "il signor Cavaliere Bernini ha fatto sapere da parte del signor cardinale Barberini, padrone, d’aver fatto deputare dal popolo romano per l'architetto della Sapienza l’illustrissimo signor Borromino nipote del signor Carlo Materni",. fu Francesco Borromini  (1599-1667) che nel 1660 compì l’opera che il 13 di novembre fu benedetta e consacrata [12], alla presenza di Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-67) e dedicata ai SS. Leone, Ivo e Pantaleo.

Il Pontefice donò alla chiesa il corpo di S. Alessandro, trasportatovi dal cimitero di Santa Priscilla.

Furono così tre i papi che concorsero ad erigere e dotare questo tempio: Urbano VIII (Maffeo Barberini - 1623-1644) che ne aveva incaricato il Borromini; Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili - 1644-1655) fece terminare l’originale cupola con singolare lanternino, che rappresenta il pungiglione dell’ape delineata dall’interno della chiesa, nel senso dell’altezza; e Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-1667) che la dotò e consacrò.

Così, mentre fin oltre la metà del XVII secolo, le adunanze dei professori e studenti si svolsero a Sant’Eustachio ove venivano conferite anche le lauree, fu qui a Sant’Ivo che da allora il collegio degli avvocati concistoriali pensò di farvi celebrare la festa del patrono [13].

La  laurea  dottorale  "in utroque iure”,  per  privilegio  concesso  da Sisto IV (Francesco Della Rovere - 1471-1484), era conferita dagli Avvocati Concistoriali, mentre il Collegio dei medici dava quella in fisica e chirurgia; quello dei Protonotari poteva laureare ogni anno quattro dottori in diritto civile e canonico e il Tesoriere Generale concedere il notariato.

Per laurearsi, il candidato veniva presentato, da un avvocato concistoriale detto promotore, al Luogotenente del cardinale Camerlengo, nelle cui mani ed alla presenza di nove membri del collegio giudicante, tutti vestiti "di cappe paonazze", prestava giuramento. Dopo di che seguiva la discussione della tesi e la votazione messa a rogito da un notaio, alla presenza di quattro testimoni.

L’anno scolastico s’iniziava il 18 ottobre, festa di San Luca, con la lettura del “Rotulo dei professori” e l’elenco delle materie che avrebbero trattato.

Condizione assoluta per essere ammessi ai corsi era di far “prima professione di fede cristiana al Rettore, sotto pena di 200 scudi d'ammenda ed esilio perpetuo”.

Nel secolo XIX lo “Studium” aveva a capo il cardinale Camerlengo, con il titolo di Arcicancelliere, ed era organizzato in cinque collegi: legale, teologico, medico-chirurgico, filosofico e filologico. Il presidente d’ogni collegio era il decano, meno il teologico, presieduto dal maestro del sacro Palazzo Apostolico pro-tempore, i meno anziani fungevano da segretari.

Le scienze rientravano nel collegio filosofico, del quale facevano parte, di regola, gli astronomi, i matematici ed anche qualche architetto.

I Curiali, ai quali era prescritto “di assumere le cause dei poveri pupilli, delle vedove, degli orfani e dei forestieri abbandonati da ogni aiuto umano”, si radunavano a San Carlo a’ Catinari.

Prossimo alla Sapienza era il palazzo già dei Baldinotti [14], acquistato nel 1700 dal cardinale Gaspare dei conti di Carpegna di Monferrato (1625-1714), era stato abitato da Clemente XI (Giovanni Francesco Albani - 1700-1721) ed in seguito da Gaetano Moroni (1802-1883), già barbiere del carmelitano fra’ Mauro Cappellari, eletto poi Gregorio XVI (Mauro Alberto Cappellari - 1831-1846), e del quale diventò primo cameriere e quindi continuo bersaglio delle frecciate del Belli. Eruditissimo, scrisse il "dizionario di erudizione storico-ecclesiastica" (105 Volumi).

In via della Sapienza, con la facciata di fronte allo "Studium", fin dal XII secolo, fu eretto il “Templum S. Jacobi Hispanorum", dall’infante don Enrico, figlio del Re di Castiglia: Ferdinando III (1217-1252).
Nel 1450 fu ampliato da Alfonso de Paradinas, poi vescovo di Ciudad Rodrigo e Alessandro VI (Rodrigo Borgia - 1492-503) che, dopo averla ingrandita ancora, vi aprì davanti una piccola piazza ed un ingresso sulla piazza Navona.
Vi furono poi trasferiti due ospedali che l’infante Enrico aveva creato presso Santa Rita (Campidoglio) per le donne e a via Santa Chiara per gli uomini (piazza omonima).
La chiesa [15], in quanto chiesa nazionale, celebrava le ricorrenze e le feste della Spagna, così nel 1492:
Alli 2. Venne la nova come lo re de Spagna haveva avuta Granata, quale era stata oppressa da infideli 780 anni, et fu gran nova e allegrezza de tutta Cristianità. Alli 3. andò lo banno si dovessero far fuochi, sonar campane et far festa per la sopradetta nova et nettar le strade; et la domenica seguente andò la processione da S. Pietro sino a S. Iacopo degli Spagnoli et havevace d’andare lo papa (Innocenzo VIII) et non ce andò per il molto piovere, ma andò a cavallo a S. Jacovo con tutta la corte, dove disse la messa con le solite cerimonie, et la sera lo vice-cancellieri (nell'imminente futuro Alessandro VI) fece ammazzare tre tori innanzi casa suo et tutto il dì si fece festa.....”

Nel “Diario di Roma” del principio dell'XVIII secolo si fa spesso menzione di questa chiesa perché dalle sue “logge” o "ringhiere", personaggi illustri assistevano agli spettacoli che offriva Piazza Navona [16]. È scritto ai 7 agosto del 1729 al ricordo “nella loggia di S. Giacomo degli Spagnoli era stato preparato un baldacchino per la Regina d'Inghilterra che non vi andò, ma bensì i figlioli, il maggiore dei quali gettava nell'acqua (Piazza Navona allagata) alla presenza dell'ajo, de’ mezzi baiocchi, a raccogliere i quali, vi andavano i ragazzi”.

La Spagna ha venduto la chiesa (1818) alla Congregazione Francese di Nostro Signore del Sacro Cuore [17] restando per chiesa nazionale quella di Santa Maria di Monserrato ove si trasferì la Confraternita degli Spagnoli.

____________________

[1] )            Oggi ribattezzata  Corso del Rinascimento. Del nome originale rimane solo il Largo della Sapienza (2011).

[2] )            Nel 356 lo stadio era ancora in piena efficienza, conteneva da 30.088 a 33.888 loca (posti). In un aureo di Settimio Severo (193-211) la rappresentazione dell’area agonale.

[3] )            Eugenio IV (Eugenio Condulmer - 1431-1447) , in seguito all’alluvione del novembre 1421, trovò che i lavori fatti da Martino V (Oddone Colonna -  1417-1431) erano in gran parte rovinati e tutto il resto, gravemente danneggiato, per mancanza di manutenzione: "Roma pareva una terra di vaccari e i cittadini giravano per le vie in capperoni (copricapo maschile, tipo cappuccio) ed in istivagli per non affondare nella mota".

[4] )            “L'università sviluppa tutte le capacità, compresa la stupidità”.

[5] )            Il tesoriere avrebbe risposto "É vero che vi ho assegnato un onorario, ma non vi ho promesso di farvelo pagare".

[6] )            Lettore di “Rectoricha”.

[7] )            Abitò sul Quirinale – via dei Corneli - prima abitava in Trastevere dove commemorò la prima volta il Natale di Roma.

[8])             Il lettore aveva una sua “provvisione” di 200 ducati d’oro.

[9] )            Quella di teologia fu affidata a quel Domenicano che era Maestro del Sacro Palazzo Apostolico pro tempore (San Domenico de Guzman).

[10] )           Il Camerlengo esercita il potere della Camera Apostolica equivalente al Ministero delle Finanze. Ha l’amministrazione dei beni e dei diritti temporali di Sua Santità. Durante la Sede Vacante è indipendente. É assistito dal vice Camerlengo (1° prelato di fiocchetto), dall’Uditore Generale (2°) e dal Tesoriere Generale.

[11] )           La chiesa aveva la facciata sulla via della Sapienza. Si leggeva sul prospetto: “Quod tangit digitus tetigit vorticibus unda – Heu signum tumidis horriferi Tiberis” . Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) aveva nominato architetto dello Studium, Giacomo della Porta (1533-1602).

[11bis]  )      I "Luoghi di Monte", istituiti da Clemente VII (Giulio de´ Medici - 1523-1534), divisi in vacabili, cioè da estinguersi entro un tempo determinato (equivalenti  dei Buoni del Tesoro attuali, annuali e pluriennali), e non vacabili, ossia perpetui (rendite). Erano fondati su qualche entrata dello Stato Ecclesiastico "cioè sopra diritti, gabelle e gravezze dovute al Principe, e sono di diverse sorti e di diversi cognomi, conforme alle occasioni che da’ Pontefici, per li bisogni della Chiesa e dello Stato, vengono eretti. E tanto gli uffici quanto li Luoghi di Monte si vendono".
Ogni Luogo generalmente valeva 100 scudi; l’annuo frutto variò secondo le circostanze.
"Il primo Monte corrispose il 10%; il secondo l'8%. Il debito era interno e l'esportazione dei titoli era proibita, come quella dei denari, oro, argento monetato di qualunque genere. Fu in tal modo provveduto ai bisogni dello Studium

[12] )           "Sabato 13 novembre 1660: Dopo pranzo Monsignor Gavotti già Vescovo di Ventimiglia, e Magiordomo del S. R. Cardinale Antonio Barberino, fece la cerimonia di benedire la cappella della Sapienza di Roma, sotto il titolo di S. Ivo confessore" (manoscritto Vaticano latino 8529 della biblioteca).

[13] )           Il 19 maggio, S. Ivo (advocatus sed non latro) (inno degli studenti).

[14] )           V’era fra la sapienza e palazzo Baldinotti un passaggio ad arco, di costruzione ottocentesca e vi stava allocata la facoltà di Lettere. Fu demolito nel 1935 per la costruzione del Corso Rinascimento.

[15] )           Sembra sorgere sull’area di una chiesa precedente, Sant’Andrea (in Agone), nominata in una bolla di Niccolò IV (Girolamo Masci - 1288-1292): "Ecclesia quae cella S. Andreae dicitur, aquam habebis in urbe in loco qui vocatur Agone etc.”.

[16] )           Oltre la “corsa al Saracino” uno spettacolo gradito al popolino, che spesso ne faceva le spese, era il “gioco del toro” importato dall’ambasciatore spagnolo e consisteva nello scatenare sulla piazza un toro ricoperto di razzi. Era lo spavento e la fuga della folla che divertiva la nobiltà. Fu pure all’inizio del XVIII secolo che in piazza Navona, e precisamente sul palazzo Doria, fu iniziata l'estrazione del Lotto.

[17] )           Fu restaurata nel 1879 dagli acquirenti.

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Lapidi, Edicole e Chiese :

- Corso del Rinascimento
- Università della Sapienza
- Chiesa di Sant´Ivo alla Sapienza
- Chiesa di San Giacomo degli Spagnoli
- Largo della Sapienza

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