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All’origine del sistema difensivo la famiglia dei Crescenzi (potente famiglia romana, del X e XI secolo, discendente dai Conti di Tuscolo, fedele agli imperatori germanici) aveva stabilito i propri insediamenti (oltre che nel fortificato Teatro di Marcello) nel sistema difensivo delle due basiliche al fine di controllare il porto fluviale e, quindi, l’approvvigionamento della città. I Crescenzi, che risiedevano dal lato di San Bonifacio (nel territorio attualmente dell’Ordine dei Cavalieri di Malta) e dal lato di Santa Sabina (nel territorio dell’attuale “giardino degli aranci”), donarono, tra il 939 e il 940, ai monaci Benedettini di Cluny il lato di San Bonifacio riducendosi alla sola parte contigua alla basilica di Santa Sabina. Alla fine del X secolo, nel complesso fortificato con numerose torri, coesistevano quindi due basiliche (Santa Sabina e San Bonifacio) e relativi conventi e un palazzo quello dei Crescenzi in corrispondenza del giardino degli aranci. Nel monastero di San Bonifacio risiedette il monaco Adalberto di Praga (c.956-997) cui era devoto Ottone III (980-1002) soprattutto dopo che il monaco fu martirizzato durante la sua missione di evangelizzazione dei Prussiani baltici (997) e dichiarato Santo nel 999. Nel palazzo dei Crescenzi soggiornarono numerosi imperatori sassoni: Ottone I (880-912), Ottone II (936-961), Ottone III (980-1002) e Lotario di Suplimburgo incoronato in Laterano nel 1113. In particolare Ottone III soggiornò, presso i Crescenzi, per la prima volta a Roma, dal 997 al 999 (in concomitanza con la presenza del monaco Adalberto di Praga), per farsi incoronare imperatore. Alla fine di quel periodo, risale la morte di Crescenzio II (+998), ribellatosi all’imperatore e fatto decapitare (998) da quest’ultimo ai piedi di Castel Sant’Angelo, dove si era rifugiato. La disputa riguardava la nomina imperiale di un papa germanico (Gregorio V – 996-999) e di un antipapa (Jean XVI - 997-998) voluto dalla nobiltà romana. Nella continuità della dimora imperiale, la Rocca dei Crescenzi rimase fino agli inizi dell’XII secolo per poi essere abbandonata, come tale, e ripresa come dimora papale già da Onorio III (Cencio Savelli – 1216-1227) che, nel 1221, concesse la basilica di Santa Sabina ai monaci Domenicani provenienti dal monastero di San Sisto Vecchio sull’Appia Antica e fece riedificare quella di San Bonifacio ridedicata a San Bonifacio ed a Sant’Alessio. Onorio IV (Giacomo Savelli – 1285-1287) fece della divenuta “Rocca Savella” la sua residenza, fortificandola nuovamente e dotandola di mura di cinta (di cui rimane l’intero tratto, soggetto della foto, lungo il Clivo di Rocca Savella). Alla morte di Onorio IV, nella Rocca si tenne il lungo conclave (10 mesi) che elesse al soglio pontificio Niccolò IV (Girolamo Masci - 1288-1292) e, nonostante Onorio IV avesse lasciato la Rocca per testamento alla sua propria famiglia, questa rimase nei possedimenti del monastero di Santa Sabina e servì da residenza ai cardinali titolari della basilica. Nei periodi nei quali il cardinale titolare viveva altrove o quando il titolo rimaneva vacante, il monastero affittava il palazzo ed il giardino Savelli a privati: come nel 1500 quando il loro affitto fruttava ben quattro botti di vino all’anno o, nel 1548, quando l’affitto perpetuo passò al vescovo Mario Ruffini (+1559) prefetto di Castel Sant’Angelo (1545-1550) per la somma di 36 scudi annui. Nel 1582, l’affitto passò ai Capizucchi ma il palazzo presentava criticità statiche di una certa importanza infatti, nel 1613, ne fu demolita una parte e, nel 1627, ne fu demolita la parte restante. Il cardinale Domenico Ginnasi (1551-1639), titolare, dovette costruirsi una nuova residenza. Dal 1712 al 1720, su invito dell’arcade Alessandro Ginnasi (la famiglia Ginnasi aveva ereditato la residenza cardinalizia), si insediò nel giardino della villa “l’Accademia dell’Arcadia” che fece costruire un anfiteatro dall’architetto Giambattista Contini (1642-1723). Nel 1780, i Domenicani rivennero in possesso della villa e del giardino dove eseguirono, come già avevano fatto in passato, scavi per la ricerca di pezzi antichi che rivendettero nella zona di Roma (nel 1480 avevano trovato un tesoro in monete alla base dell’abside della basilica). Questi sconvolgimenti e la vetustà degli edifici portarono alla loro scomparsa tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo. Nel 1810, in seguito all’occupazione francese, il convento fu espropriato e venduto all'asta nel 1812. Ma i Domenicani vi fecero ritorno, già nel 1815, probabilmente al ritorno di Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaramonti – 1800-1823) a Roma. Nel 1873, un nuovo e più duraturo esproprio. Il convento fu occupato dal Genio Militare (tranne una piccola parte lasciata ai monaci) ed il giardino divenne di proprietà del Comune di Roma. Tra il 1879 ed il 1882 il convento fu occupato da un lazzaretto, tenuto dal comune di Roma. Tra il 1912 ed il 1919, si svolse l’opera di Antonio Muñoz (1884-1960) che ripristinò l’aspetto paleocristiano della basilica. Dal 1913 al 1933, si svolsero negoziati tra l’Ordine Domenicano e le autorità competenti per il recupero del monastero. Nel 1935, il Governatorato di Roma dette ai Domenicani la concessione per il monastero e fece trasferire il lazzaretto, mentre il giardino (giardino degli aranci) fu organizzato a parco pubblico.
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