|
Infatti, la chiesa, costruita lungo le due strade che l’affiancavano, risulta leggermente trapezoidale, con i lati obliqui convergenti verso l’abside. La domus ha costituito il primo embrione di un oratorio che, eletto a diaconia, dispensava aiuto alla popolazione più povera, intorno al V-VI secolo. La posizione della domus rispetto alla chiesa attuale è data da quella prima parte della navata destra che risulta sopraelevata, quale residuo della sacrestia creata nel 1669 e tolta agli inizi del XX secolo. Per la prima volta, nel “Liber pontificalis” del periodo di Leone II (682-683), si parla della chiesa fondata durante il regno di questo papa, probabilmente su iniziativa di una comunità di fedeli e dedicata a San Sebastiano. Buona parte del muro della facciata e i muri esterni delle navate sono stati datati all’anno 683 (ma non tutti sono d’accordo) e, alla base del campanile è stato ritrovato un affresco del VII secolo, che raffigurerebbe San Sebastiano gettato nella Cloaca Massima, dopo il martirio. La chiesa cambiò la sua dedica in San Giorgio, soldato romano martirizzato sotto Diocleziano (284-305), quando papa Zaccaria (741-752) vi fece traslare, accompagnata da una grandiosa processione, la testa del Santo, dalla basilica del Laterano. Come lo stesso papa, greco di Calabria, la chiesa era, molto probabilmente, officiata da monaci bizantini, i quali operarono fino al X secolo, sostituiti da un collegio di sacerdoti secolari. Gregorio IV (827-844) avrebbe ampliato la chiesa, forse occupando, con la navata destra, la strada che la fiancheggiava, portandola a forma basilicale, con abside più ampia e dotandola di “Schola Cantorum” e del portico. Nel XII secolo fu edificato il campanile, che insiste sulla prima campata della navata sinistra, e fu rialzato il presbiterio, sul quale venne posto l’altare maggiore, sormontato dal ciborio, così come lo vediamo oggi. Probabilmente, unitamente all’altare, che porta tutt’oggi tracce di opera cosmatesca, anche il pavimento, si presume dalle tracce cosmatesche del pavimento del presbiterio attuale, fu realizzato in questo stile. Il priore della chiesa, tenuta all’epoca da Canonici regolari, Stefano della Stella, fece restaurare il portico, nella prima metà del XIII secolo, secondo la residua iscrizione sulla trabeazione del portico. Tra il 1295 e il 1302, il cardinale titolare Jacopo Caetani degli Stefaneschi (1270-1343), nipote di Bonifacio VIII (Benedetto Caetani – 1294-1303), fece affrescare, forse dalla bottega di Pietro Cavallini (c.1240-c.1330), il catino dell’abside con la figura del Cristo in compagnia della Madonna e dei Santi Pietro e Sebastiano. Risale allo stesso periodo l’eliminazione della Schola Cantorum. Nel 1347 Cola di Rienzo (1313-1354) affisse, all'esterno del portico, un avviso di rivolta contro il governo dei nobili. Nel 1477, il cardinale titolare Raffaele Riario (1461-1521) restaurò il tetto della chiesa. Il rendiconto di una visita apostolica del 1566, sotto Pio V (Antonio Michele Ghislieri – 1566-1572), parla di una chiesa in totale abbandono, servita da sei canonici ed un cappellano, dotata di cinque altari, l’altare maggiore e due altari per navata laterale (uno in fondo alla navata ed uno all’altezza del secondo arco). Tale configurazione si manterrà immutata fino al XIX secolo. Nel 1601 fu rialzato il pavimento della chiesa, frequentemente soggetta alle esondazioni del Tevere. Nel 1611, il cardinale titolare Giacomo Serra (1570-1623), finanziò la costruzione del convento relativo alla chiesa e, probabilmente, rialzò ulteriormente il pavimento della chiesa. In quest’occasione il cardinale introdusse, nel complesso, gli Agostiniani scalzi. Nel 1669, Clemente IX (Giulio Rospigliosi – 1667-1669) restaurò il portico, riducendolo di una campata sulla parte destra (guardando la chiesa), al fine di creare un ingresso autonomo alla sacrestia, creata ex novo al posto della prime due campate della navata destra. La parte di scritta, appartenuta alla campata soppressa, fu fissata sul lato del portico. Nel 1703, il cardinale Giuseppe Renato Imperiali (1651-1737), titolare, fece, di nuovo, restaurare il tetto ed aggiunse le attuali inferriate del portico. Incaricò, inoltre Francesco Civalli (1660-1703), allievo di Giovan Battista Gaulli (1639-1709), detto il Baciccia, di nascondere le impalcature lignee del tetto con dei cassettoni in tela. Nel 1774, il cardinale titolare Antonio Casali (1715-1787) fece affrescare il soffitto della navata centrale, ma, l’opera non ci è pervenuta perché irrimediabilmente degradata nel tempo, fu ricoperta con un soffitto ligneo a cassettoni, alla fine del XIX secolo. L’occupazione francese (1798-1799) scacciò gli Agostiniani da San Giorgio in Velabro. Nel 1814, ricostituito lo Stato pontificio, Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaramonti – 1800-1823) affidò il convento, alla Confraternita chiamata “Unione di Santa Maria del Pianto”, fondata da Benedetto XIV (Prospero Lorenzo Lambertini – 1740-1758), assegnandole cinque canonici secolari che assistessero la Confraternita nell’insegnamento gratuito alle “fanciulle povere”. Gli Agostiniani passarono alla chiesa di Gesù e Maria, a via del Corso (vedi Via del Corso – Chiesa di Gesù e Maria – Trevi). Nel 1828, la chiesa fu restaurata ad opera di Giuseppe Valadier (1762-1839) e nel 1837, sotto Gregorio XVI (Mauro Alberto Cappellari – 1831-1846), ad opera dell’architetto Giovanni Azzurri (1792-1858) e, ancora, nel 1869 da papa Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti – 1846-1878). Tra il 1923 e il 1926, Antonio Muñoz (1884-1960), come aveva fatto per le chiese di Santa Sabina (vedi Via di Santa Sabina – Ripa) e per quella di Santa Balbina (vedi Via di Santa Balbina – Ripa), entrambe sull’Aventino, cercò di ricostituire l’aspetto medievale della chiesa, eliminando tutto ciò che era stato realizzato in seguito e ricostituendo gli apparati medievali, per quanto possibile, attraverso reperti ritrovati dell’epoca. Fu sostituito il soffitto ligneo con l’attuale ed eliminata ogni apparenza barocca, ivi compresi i monumenti funerari e gli altari laterali. Non gli fu possibile ricostituire la Schola Cantorum, ma riportò il livello del pavimento della chiesa a quello del IX secolo. La chiesa aveva subito periodicamente inondazioni dal Tevere e fu sopraelevata più volte nel corso della sua storia, ne restano testimoni le due porte aperte a metà delle navate laterali che indicano la massima altezza (65 cm.) del pavimento della chiesa rispetto al livello del pavimento attuale. Attualmente la chiesa e il convento sono occupati dalla sede generalizia dell’Ordine di Santa Croce, formata da canonici regolari, ai quali furono affidati nel 1938. Nel 1993, un attentato terroristico, per mezzo di un’autovettura riempita di esplosivo, ha gravemente danneggiato la chiesa, distruggendo il portico e la facciata e aggravando la già precaria situazione del campanile. Il restauro, dopo un’attenta selezione dei materiali lapidei, si è concluso nel 1995.
|