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Su queste rive, sarebbe approdato Evandro, re arcade, con un seguito di coloni greci, circa nel 1253 a.Ch.. Evandro scacciò dal Palatino Caco, che si rifugiò in una grotta, sull’Aventino. Nel 1235 a.Ch., sarebbe sbarcato Ercole, in provenienza dall’Erizia (Spagna), con i buoi sacri del gigante Gerione. Caco, che aveva sottratto i buoi sacri ad Ercole, fu ucciso da quest’ultimo. Evandro, liberato dal suo nemico, dedicò allora un’ara ad Ercole (Ara Maxima Herculis), un semplice altare sacrificale di pietra, posato su una platea di tufo che si ha ragione di credere fosse il luogo della nostra chiesa. Usciti dalla mitologia e dalla leggenda, all’esterno delle mura di Roma Quadrata, nel 753 a.Ch., fu stabilito uno spazio di rispetto (Pomerium) intorno alla città, dove non era permesso né abitare, né lavorare, di cui, uno dei vertici era proprio l’Ara Maxima di Ercole. Tra il 179 a.Ch. e il 142 a.Ch, fu, probabilmente, edificato il tempio che custodiva l’altare primitivo, forse da Lucio Emilio Paolo, trionfatore di Perseo di Macedonia, censore nel 164 a.Ch.. Si trattava di una base di tufo dell’Aniene, delle dimensioni di 31 x 21 m, probabilmente rivestita in marmo, sulla quale posava un altare, forse rotondo e la classica copertura a due falde. Nel IV secolo d.Ch., sul lato lungo verso il Foro Boario, gli fu affiancata una loggia colonnata che poteva assolvere ad una funzione civile a servizio del Foro o piuttosto a qualche rito legato al tempio di Ercole e dove, presumibilmente, era posta la statua del semi-Dio. Si è proposto che, in questa sala colonnata, potrebbero essere avvenuti i banchetti, con le carni sacrificali, di soli uomini che dovevano mangiare seduti, cinti di corone di lauro. Nel passaggio da paganesimo a cristianesimo in Roma, solo i monumenti storicamente meno significativi, che lo Stato non poteva mantenere e che, quindi, si trovavano in condizioni di precarietà, potevano essere adibiti ad altri usi. Nel Foro Boario, sorsero numerose le primitive chiese di rito greco, per la convergenza di popolazioni orientali, sfuggite alle persecuzioni arabe e iconoclaste dell’imperatore Costantino V (741-745), che si concentrarono nell’area dell’antico porto tiberino. Ne sono un esempio, tra le altre: San Teodoro (vedi via San Teodoro – Campitelli), legato all’insediamento del quartiere generale delle truppe bizantine di stanza sul Palatino; Santa Anastasia (vedi via San Teodoro – Campitelli), chiesa ufficiale dei Governatori bizantini residenti sul Palatino e la “Schola Greca” che è stata individuata al posto della sacrestia di Santa Maria in Cosmedin. Vasellame greco dell’VIII secolo a.Ch. è stato ritrovato nel Foro Boario. Nel VI secolo, la loggia fu chiusa, nel lato lungo verso piazza della Bocca della Verità attuale, con ampie aperture nella parte alta delle arcate per divenire, probabilmente a metà del secolo, un luogo di culto cristiano. Ma non esistono documenti ufficiali che lo attestino. La tradizione narra di Gregorio Magno (540-604) che l’avrebbe iniziata alla fine del IV secolo ma, in precedenza, potrebbe essere stato un centro di assistenza alla povera gente, una sorta di horrea ecclesiale. Nel 782, Adriano I (772-795) ricostruì ed ingrandì la chiesa, occupando e livellando anche l’Ara Maxima Herculis, nella cui base tufacea fu scavata una cripta. La chiesa aveva tre navate absidate ed un matroneo, seguendo la tradizione delle chiese greche. La nuova chiesa, con funzioni di parrocchia, fu affidata a monaci, di rito greco, provenienti dalle persecuzioni iconoclaste e fu chiamata “Santa Maria in Schola Graeca”, a causa dell’oratorio omonimo che le era annesso. Nel IX secolo, Niccolò I (858-867), restaurò la chiesa, colpita dal terremoto dell’847, aggiungendovi una sede diaconale, ma, di nuovo, il complesso fu danneggiato, durante il sacco dei Normanni (1084), guidato da Roberto il Guiscardo (1015-1085). Nel 1123, il cardinale camerlengo Alfano, sotto Callisto II (Gui de Bourgogne – 1119-1124), portò la chiesa ad essere come la rivediamo oggi liberata, nel 1899, delle successive aggiunte avvenute nei secoli seguenti. Fu edificato l’attuale campanile, nella parte anteriore della navata destra e fu costruito il portico, furono soppressi i matronei, fu realizzato il pavimento in stile cosmatesco, come fu ricostruita la Schola Cantorum, oltre che eseguiti gli affreschi delle pareti, pervenutici almeno parzialmente, nelle parti alte della navata centrale. Nel 1236, il complesso ospitava un collegio di canonici secolari. Agli inizi del XIV secolo, il cardinale Francesco Caetani (1256-1317), avrebbe fatto restaurare la facciata e costruire la sacrestia, a spese dell’oratorio di San Niccolò in Schola Graeca. Nel 1433, il complesso fu dato all’abbazia di San Paolo fuori le Mura, divenendo monastero Benedettino, che rimase fino al 1573, quando venne di nuovo affidato ai canonici secolari. La chiesa deperì lentamente fino a cadere in grave rovina nel XVII secolo. Nel XVIII secolo, tra i canonici si trovò San Giovanni Battista de Rossi, che operava nell’ospedale affiancato alla chiesa della SS Trinità dei Pellegrini e che vi fu sepolto (vedi Piazza della Trinità dei Pellegrini – Regola). Sotto Clemente XI (Giovanni Francesco Albani – 1700-1721), forse ancora da cardinale, ad opera di Giuseppe Sardi (1680-1753), fu operata una riconversione della chiesa verso lo stile barocco, con la copertura a volta delle capriate del soffitto e la revisione barocca della facciata, oltre che con l’introduzione di elementi decorativi barocchi nell’interno. Restauri del pavimento furono quelli di Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti – 1846-1878) nel 1864 e quello del 1871, conseguente alla, ben nota, inondazione del Tevere del 1870. Dopo il 1873, il complesso fu espropriato dal governo italiano. Nel 1893, fu deciso di restaurare la chiesa, riportandola ai tratti caratteristici, che aveva avuto nel Medioevo. L’opera fu portata a termine da Giovanni Battista Giovenale (1849-1934) nel 1899. La parrocchia fu soppressa nel 1936 e la chiesa fu affidata ai Cattolici Melchiti, che erano rimasti senza una sede appropriata da quando, nel 1932, erano stati privati del convento e della chiesa di Santa Maria in Domnica (vedi Via della Navicella – Monti), che avevano detenuto dal 1734. Un ultimo restauro è avvenuto nel 1964.
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