Via dei Cerchi (R. XII Ripa - R. X Campitelli) (da piazza della Bocca della Verità a piazza di Porta Capena)
Si vuol far derivare il nome della via dalla vicinanza del Circolo Massimo, “circus” e “circenses” avrebbero prodotto “Cerchi”. Faceva parte del Foro Boario, la più antica località abitata di Roma.
V’era l’ara di Ercole (“post ianuas circi Maximi”) che, vincitore di Caco, vi aveva innalzato un’ara a “Iuppiter Inventor”, e quella dedicata da Evandro, della città di “Pallantium”, ad Ercole stesso ”propre Tiberim fluvium” (naturalmente Livio non è d’accordo con Ovidio, secondo il quale l’ara se la sarebbe fatta da sé Ercole).
Altri templi furono dalla Repubblica e dagli Imperatori [1] elevati nella località, fra il Palatino, l’Aventino, il Campidoglio ed il fiume, perché pianeggiante e perché si prestava bene alla sosta di vaste mandrie di bovini e ovini.
Nel medioevo una zona era adibita a granari ed era occupata tutta da casette tra la Bocca della Verità e il Circo Massimo, zona che formava il “Burdelletto” così chiamata perché, secondo Maffeo Vegio (1399-1458) era diventata “un vergognoso lupanare”.
Nella Piazza dei Cerchi (l’ultimo tratto della via, prima di Piazza della Bocca della Verità) vi si eseguivano anche pene capitali, consuetudine che durò fino al XIX sec.
L'attuale via dei Cerchi, dalla metà fino alla Moletta (torre dei Frangipane), era chiamata via del Carciofo a causa del giglio Farnesiano che si vede all’ingresso degli orti Farnesiani. È pure esistita un’altra via pure chiamata del Carciofo ed era una stradetta, ora scomparsa per la costruzione del Corso Vittorio Emanuele, presso S. Giovanni dei Fiorentini, e qui per il giglio di Firenze. Nella via del Carciofo, sotto il Palatino, quella gran mano con l'indice alzato (di stucco, l’altra di pietra è stata portata via) che si vede in cima al prospetto dell’ingresso agli orti farnesiani, dette il nome a “Santa Maria de Manu” (Nolli n.960 - Santa Maria de´ Cerchi) che è stata abbattuta, (ma ne è rimasta l’abside).
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[1] ) Sotto Tiberio, per un incendio che bruciò interamente la parte del circo contigua a l’Aventino e lo stesso Aventino, l’imperatore, oltre i palazzi padronali e interi quartieri d’affitto, ricostruì il tempio d’Augusto e la scena del teatro di Pompeo. (Tacito VI, 45).
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