Via delle Zoccolette (R. VII – Regola) (da via dei Pettinari a via Arenula)
“Dà il nome alla suddetta strada il conservatorio di quelle povere fanciulle che ivi vengono educate e che volgarmente diconsi le zoccolette, perché da principio calzavano zoccoli. Le medesime furono trasportate in questo luogo l'anno 1715 [1], come scorgesi dalla lapide situata sulla porta del medesimo conservatorio”. (Rufini - 1847)
I poveri, sotto la protezione della Confraternita della Trinità dei Pellegrini, erano stati da Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585) ospitati nella chiesa di San Sisto (nella via Appia poi detta “del Carciofolo” [2]). Vi era annesso un convento, che era “monasterio di donne monache dell'ordine di San Domenico”. In seguito “perché il cattivo aere di quel luogo ne faceva morire molti” questi poveri erano stati lasciati in libertà. Appena diventato papa Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590), questi furono assegnati in un locale dove “tutti amorevolmente venissero accolti, nutriti, alloggiati”. Per questo il Papa comprò “certe case con un gran sito sopra il fiume Tevere, vicino a quel ponte chiamato Sisto, che ivi fece fabbricare et accomodare molte stanze in forma spedale”. L’incarico di costruire questo "luogo grandissimo et comodissimo" fu dato dal Pontefice a Domenico Fontana (1543-1607) che provvide perché vi potessero stare “2000 persone senza dare impedimento l'uno all'altro”. Morto Sisto V, nonostante le cure di Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini - 1592-1605), l’istituzione decadde e nel secolo seguente Clemente XI (Giovanni Francesco Albani - 1700-1721) né adibì una parte a Conservatorio di giovani povere, dette “zoccolette”. Da questo il nome della strada.
Nella via esisteva [3] l’oratorio della vicina Santissima Trinità dei Pellegrini [4].
Per disposizione di Gregorio XIII (Ugo Boncompagni - 1572-1585), vi si teneva ogni sabato agli ebrei una predica per convertirli. La predica fu così descritta da un Abramo Levi: “Nella Chiesa non vi sono ornamenti se non un quadro e una croce di legno coperta da un sacco perché gli ebrei non la deridano; i posti a sedere sono situati in modo da separare gli uomini dalle donne. Il prete o frate comincia ad alta voce la sua predica intercalandola con parole ebraiche, tanto da essere scambiati anch'essi per ebrei. Dopo aver glorificato il popolo ebreo, quale eletto da Dio, sostengono il contrario chiamandolo pervicace perché si rifiuta di seguire gli ammaestramenti della chiesa cattolica. Durante la predica tutti devono sedere in gran silenzio e non dormire, se non vogliono essere severamente puniti dai sorveglianti. Gli intervenuti devono essere preventivamente iscritti, e se, nonostante l'iscrizione, mancano, devono pagare 25 baiocchi ciascuno”.
I 25 baiocchi, ed un tempo un testone (30), andavano all’ospizio dei Catecumeni cui andava pure una tassa che alla Sinagoga era stata imposta da Paolo IV (Gian Pietro Carafa - 1555-1559) con la bolla del 23 marzo 1556.
Gli ebrei dovevano pure pagare, al curato di S. Gregorio de Ponte Iudaeorum, per ogni fuoco (famiglia), un’altra tassa chiamata “pretatico” e che restava beneficio del Reverendo.
La predica alle Zoccollette (durante la quale gli ebrei dovevano restare, come nella sinagoga, col capo coperto) fu trasferita, senza obbligo di frequenza, da Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti - 1846-1878) [5], in quel piccolo tempio, oggi dissacrato, che stà sulla piazza Costaguti e serve di negozio ad uno “scarparetto” (ciabattino). Una lapide, oggi scomparsa [6], ricordava che la piccola chiesa [7] era stata edificata “con elemosine di pie persone l'anno 1759”.
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[1] ) Vi furono traslocate dalle Case al Velabro per ordine di Innocenzo XII (Antonio Pignatelli - 1691-1700), sotto Clemente XI (Giovanni Francesco Albani - 1700-1721). Vi è la scritta: “Conservatorio di San Clemente per le povere zitelle zoccolette”.
[2] ) Dal nome di un’osteria situata in quella parte della via Appia.
[3] ) All’angolo con via dei Pettinari.
[4] ) L’oratorio fu demolito a metà marzo del 1940 ed era dissacrato da parecchio tempo.
[5] ) Nel 1847.
[6] ) Oggi di nuovo al suo posto.
[7] ) Dedicata a Santa Maria del Carmine detta del Monte Libano. L’immagine è ora a San Carlo dei Catinari.
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