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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza_di_S_Salvatore_in_Campo-Chiesa_omonima (2)

L’“Aedes Martis in Circo”, è un tempio d’epoca romana fatto costruire, dopo il 133 a.Ch. da Giunio Bruto (185-129 a.Ch.), detto Callatico, per la sua vittoria sull’attuale Galizia, opera di Ermadoro di Salamina (II sec. a.Ch.).
Furono rinvenute 6 colonne e dei gradini, nelle cantine dei palazzi circostanti la chiesa, ed, in particolare, in quello sito in Via di San Salvatore in Campo al n. 46 e in quello in via degli Specchi al n. 10. Il tempio occupava l’intero isolato.
La primitiva chiesa di San Salvatore in Campo (a tre navate secondo Giovanni Antonio Bruzio – 1610-1692), parrocchia con 200 anime dal XVI secolo, era posta dove oggi è il palazzo del Monte di Pietà ed il suo nome era “S. Salvatoris de domno Campo”, che potrebbe alludere al priore dell’abbazia di Farfa dell’epoca (X sec.), cui apparteneva la chiesa, chiamato “Campone”, originario di Rieti, che potrebbe essere all’origine della costruzione della chiesa primitiva (Liber Sacramentorum – Schuster – 1923), anche se la fondazione della chiesa non è confortata da alcun documento.
La cronologia dei documenti che ne comprovano l’esistenza inizia con il catalogo (1192) di Cencio Camerario (1150-1227) “San Salvatoris Do Capo”; segue con l’Anonimo di Torino (1320) “Sancti Salvatoris de Campo habet I sacerdotem” e con il catalogo di Niccolò Signorini, con la stessa denominazione. Nella tassa di Pio IV (Giovanni Angelo Medici – 1559-1565) la chiesa è detta “San Salvatore in Onecampo nel rione Regola” e nell’elenco delle chiese di Roma di Pio V (Antonio Michele Ghislieri – 1566-1572) viene chiamata “San Salvatore in Campo”. Sotto il pontificato di questo papa, la visita apostolica del 1566 dice: “di questa parrocchia è la casa dei Santacroce dove sta  il cardinale Santacroce, quale stà dietro la chiesa e detto cardinale Santacroce vi suole talvolta andare a udir messa”.
Nel 1638, l’antica chiesa fu completamente demolita per l’ampliamento del palazzo del Monte di Pietà (vedi Piazza del Monte di Pietà – Regola), voluto da Urbano VIII (Maffeo Barberini – 1623-1644) ed il cardinale Francesco Barberini (1597-1679), che risiedeva nella casa avita dei Barberini, che affacciava sulla piazza del  Monte, nipote di Urbano VIII, fece costruire da Francesco Peparelli (+1641) una nuova chiesa dedicata a San Salvatore in Campo, i cui lavori presero fine nel 1640.
Nel 1768, nella nostra chiesa si sposarono Giuseppe Balsamo, ribattezzatosi “Conte di Cagliostro”, e Lorenza Feliciani. (vedi più in basso, sotto questo testo).
Il suo ruolo di parrocchia fu soppresso, nel 1823, da papa Leone XII (Annibale Clemente della Genga – 1823-1829) nel quadro del riordino delle parrocchie del centro storico.
Da quel momento la chiesa ha ospitato una serie di confraternite: quella di Santa  Maria della Neve, brevemente l’Ordine dei Missionari del Preziosissimo Sangue (1841-1856), che traslocarono in Santa Maria in Trivio, La Foederatio Internationalis Una Voce (1968), il Cammino neocatecumenale (1980).
Alla fine del XX secolo cadde in rovina e i lavori di restauro furono completati solo nel 2008.
La chiesa è oggi utilizzata dalla Comunità Ortodossa Eritrea espatriata a Roma, mentre quella Etiope fa capo alla chiesa di dei Santi Gioacchino e Anna ai Monti.

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Matrimonio tra Giuseppe Balsamo e Lorenza Feliciani

Il 20 aprile 1768, il parroco di San Salvatore in Campo, Angelo Antonini Battisti, unì in matrimonio Giuseppe Balsamo e Lorenza Feliciani.
Arrivato a Roma da non molto,  Giuseppe Balsamo, per allontanarsi in fretta dalla città nativa, Palermo, dove era ricercato dalla Giustizia e dopo aver soggiornato all’albergo del Sole (piazza del Pantheon – vedi Sant’Eustachio) e aver scontato tre giorni di galera per aver schiaffeggiato un cameriere di quell’albergo (vedi piazza del Pantheon -Sant’Eustachio), si cercò un nuovo alloggio nelle viuzze malfrequentate del Rione Regola.
In via delle Cripte (vedi vicolo delle Grotte – Regola), frequentando una casa tenuta da una “Napoletana” che offriva agli “ospiti” la compiacenza di ragazze disponibili, si innamorò di una di queste, Lorenza Feliciani (bellissima, bionda dagli occhi cerulei e dai modi timidi), figlia di Giovanni, tornitore specializzato in finimenti in ottone per cavalli, abitante, con la famiglia, nella stessa via.
Il Balsamo si presentò nella casa paterna, qualificandosi come “disegnatore a penna” (e lo era veramente, ma per la falsificazione di cambiali, di cedole e persino di biglietti per i teatri), per chiedere la mano della ragazza che probabilmente riteneva utile per aumentare il suo reddito.
L’assenso paterno ottenuto, si convenne di rinunciare ad una grande festa e lo sposo ritirò la dote che il Sor Giovanni era riuscito a racimolare “con la somma di centocinquanta scudi in
tanti abbiti e gioie e biancherie denari ed altro, così amichevolmente stimati ed apprezzati - Actum Romae in domo praedictae Laurentiae, posita in Vico Criptarum
”.
Gli sposi si avviarono, nel giorno convenuto, dalla casa della sposa, in via delle Cripte (vicolo delle Grotte attuale), alla chiesa parrocchiale, probabilmente passando da via Capo di Ferro, per attraversare la piazza della Trinità de’ Pellegrini e proseguire per via San Paolo alla Regola, dove, infine, piegando a sinistra, raggiunsero, nella piazza omonima, la Chesa di San Salvatore in Campo.
Dopo la cerimonia il parroco ne redasse il verbale che dice:

Premissis tribus denunciationibus, nulloque detecto canon(ico) Impedimento, de licentia Ill(ustris)mi ac Rev.mi D.ni Vicesgerentis, uti per acta Gaudentii Notarii sub die 19 supradicti, Ego infrascriptus Parochus D.num Josephum Balsamo, filium q(uonda)m Petri, Panormitanum, et Laurentiam Feliciani, filiam Johanni(s), Romanam, ex hac Par(o)echia, interrogavi, eorunque mutuo consensu, per verba de praesenti habit(a) juxta Sacri Concilij Tridentini preceptum, Sanctaeque Romanae Ecclesiae ritum, Matrimonio conjunxi in hac Paro(e)chiali Ecclesia coram notis testibus admod. Rev. D.no Josepho Are Vicecurato et Josepho Cazzola q.m Placidi panormitano, iisque postea in Missa(e) celebratione benedixi”.

ANGELUS ANT. us BAPTISTI

(Premesse le tre dichiarazioni e senz’aver trovato alcun impedimento canonico, per licenza dell’illustrissimo e reverendissimo signor Vicario, in conformità agli atti del suddetto notaio Gaudenzio del giorno 19, io sottoscritto parroco  ho interrogato il signor Giuseppe Balsamo del fu Pietro, palermitano, e Lorenza Feliciani figlia di Giovanni, Romana, di questa parrocchia, e col loro mutuo consenso, mediante le parole pronunciate in presenza secondo il precetto del sacro Concilio tridentino ed il rito di Santa Romana Chiesa, li ho uniti in matrimonio in questa chiesa parrocchiale, davanti a testimoni conosciuti, cioè il reverendo don Giuseppe Are vicecurato e Giuseppe Cazzola del fu Placido palermitano, e poi li ho benedetti durante la celebrazione della Messa.)

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