Via del Pellegrino (R. VII – Regola; R. VI - Parione) (da piazza Campo dei Fiori a via dei Banchi Vecchi)
Chiamata [1] nel ‘400 “via Florea” [2] e nel ‘600 "Strada degli Orefici" [3], era parte della “via papalis” e percorsa dal “porticus maximae” ...portica ”quae ducit ad S. Paulum apostolorum” dalla platea "Sancti Petri", e della quale fu ultimo restauratore Benedetto III (855-858) [4].
La basilica di San Lorenzo in Damaso, innalzata da papa Damaso (366-381) a San Lorenzo detta in “Prasino”, per la preesistenza nel posto degli “stabula factionis prasinae”, aveva la fronte rivolta verso la via del Pellegrino, con innanzi alla facciata un duplice porticato e l’interno diviso in tre navate sostenute da due ali di colonne. Accanto alla chiesa, per tutto il medioevo, vi fu un piccolo edificio ed un cimitero.
Caratteristica della basilica era la distribuzione architettonica del transetto che correva dietro l’abside a modo di portico, come pure tutto l’edificio era circondato di portici. (Nel giardino esterno, sul Corso Vittorio Emanuele, era un piccolo cimitero; sotto al palazzo, nel 1937, fu trovata la tomba del console Irzio [5]).
Nell’emiciclo dell’abside era scritto:
"Haec Damasus tibi, Christe deus, nova tecta dicavi Laurenti saeptus martyris auxilio.
E sull'ingresso del tempio:
Hinc pater exceptor, lector, levita, sacerdos, creverat hinc meritis quoniam melioribus actis, hinc mihi provecto Christus, cui summa potestas, sedis apostolicae voluit concedere honorem. archivis, fateor, volvit nova condere tecta, addere praeterea dextra laevaque columnas, quae Damasi teneant proprium per saecula nomen".
L’allusione agli archivi della Chiesa romana [6] conferma l’esistenza qui dello “Archibium Ecclesiae” prima del trasloco fatto da Giulio I (337-352) al Laterano, per la costituzione dello “scrinium sanctum” [7].
Così quando Giulio I, sulla metà del secolo IV, recò lo scrinium sanctum alla nuova sede ufficiale del Laterano, qui restò la memoria ed il culto del martire Lorenzo con la basilica restaurata da papa Damaso.
La basilica fu restaurata da Adriano I (772-795) e da Leone III (795-816); titolo cardinalizio, “fu alcune volte in commenda et in specie sotto il cardinale Raffaele Riario del titolo di San Giorgio, il quale fece demolire la chiesa antica e l'edificò di nuovo nella forma con oggi si vede unitamente col palazzo” (1489).
All’angolo di via del Pellegrino con via Monserrato, nella casa medioevale a cortina di mattoni che ha al piano terra visibili le arcuazioni di un portico, abitò nel 1452 Eleonora di Portogallo che vi andò sposa a Federico III, il cui blasone i proprietari dell’edificio fecero incidere sulla facciata. Il motto: A.E.I.O.U. ammoniva che Austriae Est Imperare Orbi Universo.
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[1] Fra Mariano (XV-XVI sec.) la dice parte della via Triunphalis, fu poi detta Florida.
[2] In via dei Balestrari (Regola), a ridosso della casa Traverso, al n°1, v’è murata la lapide, in versi latini, dedicata a Sisto IV (1471-1484) per l’apertura della “via Flòrea” (nel sec. XV si chiamava così la via del Pellegrino e quindi la lapide dev’esser stata spostata).
[3] L’editto papale che spinse gli orefici ad installarsi in via del Pellegrino (all’epoca via Flòrea) è del 1680. Vi abitò l’orafo Pompeo de Capitaneis, ucciso dal Cellini: “in sul canto della Chiavica (S. Lucia)” e come egli dice: “tiratagli per dare al viso, lo spavento che lui ebbe gli fece volger la faccia, dove io lo punsi appunto sotto l'orecchio; e quivi raffermai due colpi soli, che al secondo mi cadde morto in mano...”. Un altro orefice che ha lasciato traccia in via del Pellegrino è un certo Negri e ciò in grazia delle sue corna: 30 aprile 1659 – Roma – “edito del governatore di Roma col quale si notificano i premi a chi denunzierà coloro che imbrattarono con l’inchiostro la porta della bottega del orefice Giuseppe Negri al pellegrino e vi attaccarono parecchie corna". (Archivio vaticano armadio IV, Tomo 57 pagine 267, 268)
[4] Maximae Porticus – Le grandi colonne di granito, cornici e capitelli di marmo che sono stati scoperti in via di Santa Maria del Pianto, vicino ai portici di Ottavia (in via Portico d'Ottavia), nella via dei Cappellari, nella via del Pellegrino, ecc., corrispondono all’andamento di una strada antica che partiva dal Circo Flaminio, rasentava la cavea del Teatro di Pompeo e poi proseguiva secondo le odierne vie dei Giubbonari, del Pellegrino e dei Banchi Vecchi fino al palazzo Sforza-Cesarini, dove era “l’ara Ditis”. Quivi si divideva in due: un braccio andava al ponte Neroniano e terminava con l’arco di Arcadio, Onorio e Teodosio II (395-423) e l’altro, incrociandosi con la via antica, corrispondente all’odierna via dei Coronari, finiva avanti al ponte Elio, con l’arco di trionfo eretto in onore degli imperatori Valentiniano, Graziano e Teodosio I, verso il 380, “ad concludendum opus omne porticum maximarum”. Il porticato “era il più insigne di Roma per la sua lunghezza e magnificenza, perché le sue colonne erano di marmo e la volta ricoperta di piombo,...”, stabilivano quella via coperta percorsa dai pellegrini che dalla tomba del principe degli apostoli si recavano a quella di S. Paolo.
[5] Palazzo della Cancelleria – Nel giardino esterno sul Corso Vittorio Emanuele, dov’era un piccolo cimitero, sono stati scoperti due rilievi marmorei, forse di un’ara compitalicia (altari sacrificali posti nei crocevia), riproducenti una processione di Vicomagistri accompagnati da tre Camilli (sacerdoti). Insieme col rilievo fu pure rinvenuta un’ara dedicata a Mitra, religione certo praticata fra gli aurighi e i servi delle vicine fazioni.
[6] Fu già nei primi anni della libertà ecclesiastica (313), se non anche in precedenza, che furono costituiti gli archivi (archibia) della Chiesa Romana, cui sopraintendeva, nel secolo III, il diacono Lorenzo
[7] Lo Stato Italiano solo nel 1953, con una legge del 24 marzo, ha creato l’archivio centrale dello Stato.
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