Alla morte del Sangallo (1546), ereditò il figlio Orazio che lo vendette (1552) al cardinale Giovanni Ricci (1498-1574), il quale, nel 1553, acquistò una casa adiacente per ampliare il palazzo ed un pezzo di terreno per regolarizzare la forma del giardino. Dette poi incarico a Giovanni Lippi dettoNanni di Baccio Bigio (+1568), coadiuvato da suo figlio Annibale, di progettare il novo palazzo. La targa di proprietà che si riferisce al Sangallo fu quindi recuperata dal vecchio edificio e murata sull’attuale palazzo. Per poter conservare la proprietà del palazzo, che alla morte del cardinale sarebbe andata alla Camera Apostolica, nel 1557, Giovanni Ricci junior, nipote del Cardinale, vendette il palazzo al duca Tommaso Marino (1475-1572), banchiere Genovese attivo a Milano e a Roma, il quale lo rivendette, nel 1568, allo stesso Giovanni Ricci junior. Alla morte del cardinale (1574), il nipote, Giovanni Ricci junior, vendette il suo palazzo al banchiere Girolamo Ceoli (famiglia di banchieri, originaria di Pistoia, presenti a Roma dal 1550) che, a sua volta, lo lasciò in eredità ai suoi due figli. Questi ampliarono il palazzo costruendo due bracci che inquadravano il giardino lungo il vicolo Orbitelli e lungo il vicolo del Cefalo (lapsus di Ceoli). Nel 1618 l’acquistò il cardinale Ottavio Acquaviva d’Aragona (1560-1612) e 40 anni dopo (1649) passò al cardinale Giulio Sacchetti (1587-1663) della famiglia di banchieri Sacchetti, originaria di Firenze, che lo possiede tuttora.
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