Piazza Farnese [1] (R. VII – Regola) (vi convergono: via del Mascherone, vicolo dei Venti, via del Giglio, via della Corda, via dei Baullari, vicolo del Gallo, via Monserrato, via dei Farnesi)
La piazza [2] prende il nome dal palazzo iniziato dal cardinale Alessandro Farnese (Paolo III - 1534-1550) che, si diceva a Roma, fosse stato elevato alla porpora (benché fuggito, da giovane, da Castel S. Angelo, dov’era rinchiuso per la falsificazione di un breve) per merito della sorella (Giulia Farnese - 1475-1524) “Julia color fuscus et niger oculus”, sposa di Orsino Orsini (1473-1500), ed amante di Alessandro VI (Rodrigo Borgia - 1492-1503) “Europeen Tyrio quondam sedisse iuvenco – Quis neget? Hispano Iulia vecta tauro est” (Una volta sul toro di Tyrian Europa sedeva, - Chi dubita? Un toro spagnolo porta Julia - Jacopo Sannazzaro).
Il palazzo, iniziato da Antonio da Sangallo (1485-1546) ebbe come artefici il Buonarroti (1475-1564), il Vignola (1507-1573) ed infine Giacomo della Porta (1539-1602).
La somma impiegatavi in un primo tempo fu di 73.178 scudi e alla morte del Pontefice (1550) non era ancora terminato.
Fu Giacomo della Porta che lo completò, con la facciata posteriore nel 1589, mentre nel 1550 vi erano solo 2 piani ed il prospetto appena cominciato.
Fra le opere d’arte antiche, il palazzo ebbe: il sarcofago di Cecilia Metella che il cardinale Farnese vendette a Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590), per salvare il nipote dalla forca (nonostante il divieto portava armi) [3], il gruppo di Dirce (Toro Farnese), La Flora, l’Ercole e molte altre sculture trasportate a Napoli dai Borboni, divenuti proprietari del palazzo, per l’estinzione della linea maschile Farnesina nel 1731.
Fu così che i beni della famiglia passarono a Don Carlo, figlio di Filippo V (1700-1746) e di Elisabetta Farnese, e da lui ai Borboni di Napoli che misero il loro stemma sul portone, il 24 aprile 1735.
I Borboni vennero nel palazzo la prima volta nel 1791. Nel 1834 vi fu Ferdinando II e nel 1869 Francesco II [4] con tutta la corte. Dal 1871 vi risiedettero gli ambasciatori francesi..
Di fianco (a sinistra) la casa acquistata dai Papazzurri nel XIV sec., fu donata a S. Brigida che vi "fabbricò un spedale per la sua natione, ove volle che fossero ricevuti i pellegrini svedesi e scozzesi che vengono a visitare queste sacre chiese di Roma. Quivi hebbe la sua casa e qui per lungo tempo, con vari esempi di santità abitò e quindi morì (1373)".
Infatti, la chiesa di Santa Brigida, in piazza Farnese, fu costruita sul posto ove la Santa (1302-1373) aveva abitato e fondato un ospizio per i pellegrini.
Bonifacio IX [5] (Pietro Tomacelli - 1389-1404) la canonizzò.
La chiesa fu restaurata nel 1513, ma con l’eresia luterana rimase abbandonata. Ripresa sotto Paolo III (Alessandro Farnese - 1534-1550), fu dal successore Giulio III (Giovanni Maria Ciocchi del Monte - 1550-1555) destinata alle Convertite, che vi restarono fin verso il 1570. Clemente XI (Giovanni Francesco Albani - 1700-1721) la riedificò spostando la facciata sulla piazza Farnese alla sinistra del palazzo.
Nel 1492, vicino alla chiesa una casa, della Confraternita del Gonfalone, affittata per 10 ducati d’oro all’anno al cardinale Farnese che la restaurò "con uno oratorio et sopra una torre rifatta per el cardinale che fu Jean de La Balue”. La casa era detta "della confraternita de Sancto Pavolo". Si trovava sulla via dell’Orazione e Morte (ora dei Farnesi) e casa e torre furono poi incorporate nel palazzo farnesiano.
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[1] ) Dice il poeta Carlo Bernari (1909-1992):
“Questo è il loco pe’ dove se spasseggia Chi vô godé un po’ d’aria inzeffirita Più de ogni altra, sta piazza se corteggia quanno la stagion calla è inferocita"
Poiché: “Nelle estate allagano la piazza con bella e dilettevole vista”.
[2] ) La piazza fu anche detta Piazza del Duca.
[3] ) Questo nipote, figlio del duca di Parma, andando a baciare il piede di Sisto V “nell’inginocchiarsi li cadde un pistolotto...Lo fece mandare a Castello con ordine che ad una certa ora di notte fosse fatto morire”. Per salvarlo, lo zio fece fermare l’orologio di castello ed ottenuta la grazia dal Pontefice, che sapeva esser l’ora trascorsa, riuscì a salvarlo con quel sotterfugio.
[4] ) Gli disse Pasquino: “Nascasti e tua madre morì. Sposasti e tuo padre perì. Regnasti e il tuo regno sparì”.
[5] ) Bonifacio IX ebbe per medico un ebreo e così pure Martino V, Pio II, Giulio II, Clemente VII, Paolo III, Giulio III, ecc. Nel medioevo, per narcotizzare, i medici usavano il vino di mandragora, un decotto di radici di "Alruna" (Mandragora officinarum).
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