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Giunta a Roma con sua figlia, Caterina, fu ospitata nel palazzo del cardinale (1342) Hughes Rogier de Beaufort (1293-1365) che da cardinale risiedeva presso la corte papale in Avignone e che era fratello di Clemente VI (Pierre Roger – 1342-1352) e zio del cardinale Pierre Roger de Beaufort, poi Gregorio XI (1370-1378). Birghitta, donna profondamente credente, aveva già fondato, con suo marito, un piccolo ospedale per i poveri in Svezia e, nel 1354, grazie alla sua relazione fraterna con Francesca Papazzurri, fu ospitata in due stanze del palazzetto della famiglia Papazzurri, in angolo tra piazza Farnese e via di Monserrato, dove visse umilmente e “fabbricò un spedale per la sua nazione, ove volle che fossero ricevuti i pellegrini svedesi e scozzesi che vengono, sotto il nome di Gotte, a visitare queste sacre chiese di Roma. Quivi hebbe la sua casa e qui per lungo tempo, con vari esempi di santità abitò e quindi morì (1373)”. (Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica – Gaetano Moroni) Nel 1383, Francesca Papazzurri rimasta senza la sua ispiratrice, donò il complesso al monastero svedese di Vadstena, fondato dalla stessa santa, nel 1350. “Lo spedale” romano era dotato di una piccola cappella che Bonifacio IX (Pietro Tomacelli - 1389-1404) dedicò alla Santa, quando la canonizzò nel 1391. I monaci beneficiari di Vadstena, nel 1430, trasformarono il piccolo ospedale in ospizio. Il complesso fu restaurato nel 1513, come da lapide posta sull’ingresso. Tra il 1523 e il 1526, quando si consumò il passaggio della chiesa svedese al credo luterano, il monastero di Vadstena recedette dalla cura dell’ospedale e venne rimpiazzato (1537) dall’arcivescovo Olaus Magno (1490-1557), arcivescovo di Uppsala, che era stato l’oggetto dello scisma svedese, e che il re di Svezia, Gustavo I (1523-1560) aveva bandito dal suo paese. Dopo l’inevitabile degrado, in seguito allo scisma, il complesso fu ripreso sotto Paolo III (Alessandro Farnese - 1534-1550), ed il suo successore, Giulio III (Giovanni Maria Ciocchi del Monte - 1550-1555), lo destinò alle Convertite di Santa Maddalena. Alla morte dell’arcivescovo Olao Magno (+1557), Paolo IV (Gian Pietro Carafa – 1555-1559), confermò il complesso alle Convertite di Santa Maddalena, che vi rimasero fino al 1589, quando Sisto V (Felice Peretti – 1585-1590) ne fece dono a Sigismondo III Vasa, che era re di Polonia (1587-1632) e re cattolico di Svezia (1592-1599). Contestualmente la chiesa fu posta sotto la protezione di un cardinale. Nel 1614, l’ospizio e la chiesa furono restaurati e la facciata rifatta, in stile barocco da Francesco Peparelli (+1641), ma già nel 1695 il cardinale Giovanni Francesco Albani (1649-1721), poi papa Clemente XI (1700-1721), fece ricostruire il complesso, per opera di Pietro Giacomo Patriarca (?-?), capomastro muratore della Camera Apostolica, così come li vediamo oggi. Durante l’occupazione francese, degli anni 1798-99, il convento fu requisito e, in seguito, rimase vuoto fino al 1828 quando Leone XII (Annibale Clemente della Genga – 1823-1829) lo concesse ai Canonici di Santa Maria in Trastevere, che lo confidarono, nel 1855, alla Congregazione di Santa Croce, di estrazione francese, che restaurò la chiesa e le “Stanze di Santa Brigida”, affrescate da Jacques Émile Édouard Brandon (1831-1897), tra il 1857 e il 1858. Nel 1889, la Congregazione lasciò il complesso di Santa Brigida e le subentrò una comunità di Carmelitane Scalze, di origine polacca, fondate da madre Jadwiga Wielhorska (1836-1911) e da questa collocate a Roma nel complesso di Santa Brigida, che la madre fondatrice acquistò e fece restaurare a proprie spese. Nel 1930, Pio XI (Achille Ratti – 1922-1939), restituì il complesso alle suore di Santa Brigida, che erano state rifondate, nel 1911, da Santa Elisabetta Hesselblad (1870-1957), svedese e che tutt’ora vi permangono, ridotte di numero, svolgendo, nel monastero, attività alberghiera.
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