Fu titolo cardinalizio dal 1587 al 1670, [Il titolo è stato ripristinato da Benedetto XVI (Joseph Ratzinger – 2005-2013) nel 2007]. Nel 1591, la vecchia chiesa fu distrutta da un incendio ed i canonici intrapresero la costruzione di una nuova chiesa, ad opera dell’architetto frate Domenico (Stefano Paganelli – 1545-1624), dei frati predicatori, introdotto dal loro cardinale protettore Michele Bonelli (1541-1598) e sostenuti dalle finanze del duca di Bracciano, Virginio Orsini (1572-1615). L’anno dopo la consacrazione della chiesa, avvenuta nel 1598, la volta crollò, così che furono necessari altri lavori ai quali sembra collaborò Ottaviano Mascherino (1536-1606). Nel 1668, la Congregazione di Canonici di San Giorgio in Alga fu sciolta da papa Clemente IX (Giulio Rospigliosi – 1667-1669) ed i suoi beni, acquisiti dalla Repubblica di Venezia, finanziarono la guerra di quest’ultima contro l’impero ottomano (1463-1718). Nel convento subentrarono i Carmelitani scalzi ma, già nel 1669, la Confraternita dei Piceni acquistò il complesso per 30.000 scudi e trasformò il monastero in collegio per giovani piceni. Nel 1697, i Piceni misero mano alla chiesa che mancava di transetto, di cupola e di facciata, realizzando il transetto ad opera di Francesco Fontana (1585-1656). Ci fu una sospensione, probabilmente per ragioni economiche, e, dal 1725 al 1731, anno della consacrazione, i lavori per la chiesa e per il collegio terminarono, ad opera di Ludovico Rusconi Sassi (1678-1736), per la cupola, e di Nicola Salvi (1697-1751), per la sacrestia, la facciata invece rimase incompiuta. Durante la “Repubblica Napoleonica” (1798-99), il collegio fu usato come caserma. Nel 1824, la chiesa fu eletta parrocchia, al posto della chiesa di San Simone Profeta (Vedi Piazza Lancellotti – Ponte) e, nel 1862, fu deciso di terminare anche la facciata, su disegni dell’architetto Camillo Guglielmetti (+1862). Nel 1939, fu realizzata la grande piazza, antistante la chiesa, con la demolizione di alcune case civili. Oggi il complesso permane in mano dei Piceni, che lo utilizzano come centro monumentale ed artistico.
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