Piazza e Vicolo dell’Oro (R. V – Ponte) (da via del Consolato a via Acciaioli)
“La zecca pontificia [1] non esisteva più dietro la basilica di S. Pietro in Vaticano, ma era situata verso il Banco di Santo Spirito, per cui essendogli vicino questo vicolo, prese il nome dell’oro che in detta zecca cuniavasi” (Rufini - 1847).
Nel 1435, Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447) aveva fondato la zecca, dietro S. Pietro, sui bastioni “prossima alla Porta di Palazzo”. Essa fu poi traslata in un edificio, antecedente al Palazzo Borgia-Sforza (oggi a Corso Vittorio n. 282), per abbandonarlo nel 1458, quando il Palazzo fu venduto al cardinale Borgia.
A metà del XV sec., la Zecca pontificia fu collocata nel Palazzo del Commendatore dell’Ospedale di Santo Spirito in Saxia (oggi a Borgo S. Spirito n. 3), fino a che, nel 1504, Giulio II fece costruire il palazzo, detto del Banco di Santo Spirito (oggi a Largo Tassoni n. 327) , di cui Leone X fece abbellire la facciata da Antonio da Sangallo junior.
Una lapide, in loco, ricorda che ebbe fra i suoi incisori Benvenuto Cellini (1500-1571).
Nel 1541, la Zecca abbandonò il palazzo, che tuttavia conservò il nome di “Zecca Vecchia” e, nel 1658, Alessandro VII (Fabio Chigi - 1655-1667) la riportò nei giardini del Vaticano.
Banco di Santo Spirito - Il progetto iniziale della creazione del Banco risale ai Mattei, che secondo una cronaca del 1º gennaio 1595: “Li signori Mattei ed altri primi romani di questa città, visto andar in malora tanti mercanti con sì gran danno del terzo, pare si siano risoluti unirsi insieme ad erigere un banco Reale per tutti i depositi, in sicurezza dei quali vogliono unire tutti i loro beni et obbligarli con fide, sigurtà, sino alla somma di 300.000 scudi, assicurati tutti in tanti stabili”.
Ripresa l’idea, dal Commendatore di Santo Spirito, Ottavio Tassoni, Paolo V (Camillo Borghese - 1605-1621) approvò la fondazione del Banco che fu istituita con la bolla del 13 dicembre 1605.
Residenza prima ne fu il palazzo del Commendatore in Borgo, ma nel 1607 fu presa in affitto una casa in Banchi (l’attuale palazzetto Sterbini [2] - via dei Banchi Nuovi n.30) dove il Banco rimase fino al 1667, quando papa Clemente IX (Giulio Rospigliosi - 1667-1669) gli assegnò i locali della zecca che emigrò in quelli previsti da Eugenio IV (Gabriele Condulmer - 1431-1447).
La lapide, che sulla facciata dell’edificio bancario, commemora questi avvenimenti dice:
“A. Semp. Mem. Paulo. V. Erectam Has. in. aede A.Clem.VII.Medice.cudentis Nummis.destinatus Ab.Alexandro.VII.nova.extructione [3].munitas Clement.IX.Pont.Max. Felicibus.Auspiciis Transtulit.Stabilivit Anno Domini MDCLXVII
e sopra a questa un’altra iscrizione:
Mensam Nummulariam S. Spiritus
E da qui il Banco non si è più mosso da tre secoli [4].
San Giovanni de’ Fiorentini - La strada , che oggi sbocca in via della Mola de’ Fiorentini (via Giulia [5]), ha al suo termine la chiesa di San Giovanni de’ Fiorentini [6] che fu, per i Fiorentini, la "Cattedrale" romana, dopo che Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521) nel 1519, ne aveva concessa la costruzione alla loro Università.
Fu eretta sopra un’area, della quale era occupata una parte dalla chiesa di S. Pantaleo Affine (corruzione di “ad flumen”),[7]
Con Bolla di Leone X del 29 gennaio 1519, fu permesso all’Università della Nazione Fiorentina e compagnia della Pietà di Roma di fabbricare una chiesa parrocchiale sotto l’invocazione di San Giovanni Battista (protettore di Firenze) con il fonte battesimale. Fu così iniziata la fabbrica “a capo di strada Paolina” sulla riva del Tevere, fabbrica che si protrasse nel tempo e che terminò con la facciata del Galilei, e fin sotto il fiorentino Clemente XII (1730-1740). Edificata con i disegni del Sansovino (Jacopo Tatti - 1486-1570), fu progettata anche da Michelangelo, ma non ebbe esito per la prevista spesa. Fu diretta ed edificata da San Filippo Neri, del quale si conservano memorie nella casa parrocchiale e nella cucina si legge: “Caesar Baronius Coquus Perpetuus” scritto dal dotto cardinale quando era prete dell’oratorio ed addetto alla cucina.
La statua di San Giovannino, attribuita a Donatello (1382-1466), proviene dalla vicina chiesa di Sant’Orso del Ponte [8], divenuta, nel tempo, SS. Cosma e Tommaso; San Tommaso dei Mercanti e Santa Maria della Pietà, demolita per il prolungamento del Corso Vittorio Emanuele. Era assai antica ed il Cencio Camerario (poi Onorio III 1216-1227) ne scriveva: “secretarium Neronis fuisse ubi deinde fuit ecclesia S. Ursi” (Armellini). Nel secolo XIV, il catalogo dell’Anonimo di Torino (c.1320) indica come la chiesa fosse da: “Ecclesia Sancti Ursi habet monachos nigros tres” e, nel 1526, Clemente VII (Giulio de´ Medici - 1523-1534) la concesse all’Arciconfraternita della Pietà dei Fiorentini, diventando così dipendenza del vicino tempio di San Giovanni [9].
La comunità fiorentina era diventata tanto numerosa, che alle satire di Pasquino si aggiunse quella buona lingua di Pietro Aretino (1492-1556) che, sotto lo pseudonimo del “Monco di Parione”, scrisse:
“Da poi che Costantin fece il presente Per levarsi la lebbra dalle spalle, Non fu più coltivata questa valle, Né venne a Roma mai con tanta gente. Di Firenze, del papa ognun parente E vengono gridando: palle, palle,[10] Per istaffetta, in ceste, in mazzi, in balle E lasson le lor donne malcontente. Chi pensa aver la barca e chi la rete. O qualche gran ventura trafficando O per un beneficio farsi prete, Sì, che fiorentin mia, vi raccomando La patria vostra, se voi non volete Che la vi venga fra le man mancando. Fate mettere un bando, Che chi l’ha o non l’avessi o non toglie, Non possa stare a Roma senza maglie”.
Ma il Pasquino anonimo, che già all’elezione del terzogenito del Magnifico aveva detto:
"Colui che applaude e ammira il rapace Leone, Della belva dimentica il terribile unghione”.
Non si peritò di scrivere alla sua morte:
”Gli ultimi istanti per Leone venuti, Egli non poté avere i sacramenti: perché da tempo già li avea venduti!"
Pensando all’iscrizione, che fregiava l’arco di trionfo innalzato da Agostino Chigi (1466-1520) presso la sua casa in Banchi, al passaggio del corteo nel possesso di Leone X: “Olim habuit Cypria sua tempora [11]; tempora Mavors olim habuit [12]; sua nunc tempora Pallas habet”, si può dire che avesse più ragione l’orefice Antonio di San Marco, che poco più in là della prima, aveva collocato avanti alla sua bottega quest’iscrizione sotto una statua di Venere: “Mars fuit; est Pallas; Cypria semper ero” (Marte regnò, Pallas regna, Venere regnerà sempre). Un consuntivo del pontificato Mediceo, già alla morte di Leone X (Giovanni de´ Medici - 1513-1521) l’aveva scritto l’oratore veneto Grandenigo, il 6 dicembre 1521 “Il Pontefice non ha lassato alcun danaro, et facto il conto, per il reverendissimo Armellino, che è Camerlengo al Collegio dei Cardinali, é stato trovato questo papa aver speso, poi che fu creato dal 1513 al dì 11 marzo in qua, quattro milioni et cinquecentomila ducati, et aver lassato debiti per ducati quattrocentomila”. Il 21 aprile 1521 quando, nella ricorrenza del Natale di Roma, fu in Campidoglio collocata una statua, allo stesso Leone X, l’oratore, forse il Palladio, disse: “Augetur Urbs vestra in dies aedificiis , et ad Tyberim novae regiones extenduntur qua ab Janiculo, qua contra Janiculum, qua ad Flaminiam”.
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[1] Le prime emissioni Pontificie del VII e VIII sec. avvenivano nella Zecca del tardo Impero Romano sul perdio del Campidoglio, vicino all’arco di Settimio severo.
[2] ) Dagli edili del tempo gli fu apposta una lapide laudatoria che dice: “Julio II P.O.M. quod finibus ditionis S.R.E. prolatis, Italiaque liberata urbem Romam occupate sumiliorem quam divise patefactis dismensisque viis pro maiestate imperii ornavit. Dominicus Maximus, Hieronymus Picus aediles f.c. MDXII”.
[3] ) Il Vettori (XVIII sec.) precisa che la zecca, al tempo del Vasari (1511-1574), si stava nel palazzo del vescovo di Cervia, sul cantone di Santa Lucia della Chiavica, oggi detta Santa Lucia del Gonfalone, nella via che conduce appunto al Banco di Santo Spirito (via dei Banchi Vecchi - Regola). L’Albertini (XIX sec.) conferma che la zecca era presso la chiesa dei SS. Celso e Giuliano, nella via che corre fra il Banco e Ponte Sant’Angelo (via del Banco di Santo Spirito - vedi - Ponte), accanto al luogo dove sorse poi la casa dei Borgia. Una piccola zecca sorse poi in Castel Sant’Angelo, ma nel 1660 fu portata anch’essa nel palazzo dei signori Montelli e Ubertini in Banchi, da dove poi tutta la zecca papale fu, pare col consiglio e con l’assistenza di G. L. Bernini, trasferita, nel 1665, vicino ai giardini vaticani, all’inizio della cordonata e di fronte alla fontana di Paolo V. Non si trattò di un semplice trasporto; fu tutta una nuova installazione di macchinari e di sistemi tecnici. La nuova macchina per coniare le monete era mossa non più a forza di braccia ma con la pressione delle acque. Il Vettori che conobbe la descrizione del Pighio, pensa che il Bernini stesso abbia perfezionato quella macchina, per desiderio di Alessandro VII. A ricordo dell’avvenimento sulla facciata della zecca degli orti vaticani, fu posta quest'iscrizione: “Alexander VII Pont. Max – Monetariam Officinam – In qua novo artificio – Praecipitis aquae impulsu vessatis rotis – Magno temporis operaeque compendio – Nummi affabre celeriterque signentur – Publicae utilitati construxit – Anno salutis MDCLV”. (A. Serra) Le incisioni di questa zecca restituirono il più ricco compendio di monumenti di Roma apparso su monete e medaglie papali. Vi si trovano riprodotti da Santa Maria della Pace, Santa Maria in via Lata, Santa Maria in Campitelli, la chiesa dell’Assunta in Ariccia, il Pantheon è con i campanili del Bernini demoliti nel XIX sec., obelischi, piazze, palazzi, ecc.
[4] ) 1703 – “É stato questa mattina esposto per più di 2 ore su gli seditori (banchi) che sono al lato della porta del Banco di Santo Spirito un giovane assai civile che praticava la Curia con cartello in petto in cui leggevasi: Per avere esatti danari al Banco di Santo Spirito con ordini falsi: 10 anni di galera" (Diario Valerio).
[5] ) C’era un collegio Bandinelli, fondato dal fiorentino Bartolomeo Bandinelli nel 1678, per accogliere 12 giovani toscani indirizzati agli studi scientifici.
[6] ) Per altre notizie, vedi il libretto S. Giovanni de’ Fiorentini n.39 delle chiese illustrate.
[7]) La chiesa di San Pantaleo restaurata nel 1343 e chiamata pure “in Onda” e “iuxta Flumen” e dove nel 1411 ebbe sede la Confraternita dei Santi Cosmo e Damiano che aveva succeduto al Consolato dei Barbieri che l’avevano nel XIV sec.
[8] ) Vicino a questa chiesa, nel 1262 è ricordata una “turris nove qua dicitur de Cavallinis” di proprietà di Napoleone Orsini. Altra “turris Faiolum” esisteva nel 1267, prossima alla prima in “claustro antiquo Faioli” presso due case degli Orsini. In prossimità, furono rinvenuti, nel 1888, frammenti di un pilastro, sul quale vi sono incisi gli atti per l’ordinazione augustiana dell’anno 16 a.C. dei ludi saeculares, celebrati qui nel “Tarentum”. nell’ultima riga di essi si legge: “Carmen Composuit Q. Horatius Flaccus".
[9]) In prossimità, furono rinvenuti, nel 1888, frammenti di un pilastro sul quale vi sono incisi gli atti per l’ordinazione augustiana dell’anno 16 a.C. dei “ludi saeculares”, celebrati qui nel “Tarentum”. Nell’ultima riga di essi si legge: “Carmen Composuit Q. Horatius Flaccus”.
[10]) Palle, palle... allude allo stemma dei Medici che ha sei palle.
[11]) Allusione ad Alessandro VI.
[12] ) Allusione a Giulio II = "Mavors – vortis" forma arcaica e poetica di Mars, il dio Marte. Dice Orazio di Romolo: “puer Italiae Mavortisque”; e Virgilio di Roma: “urbs Mavortis”.
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