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Da uno studio di Pasquale Adinolfi (1816-1882), basato sugli archivi della chiesa, si arrivò a capire che fosse absidata a tre navate, dotata di nove altari e di pavimento cosmatesco e, dai vari diari di viaggio, si crede avesse un portico ed una facciata arricchita da mosaici (raffiguranti i Santi Celso e Giuliano ai lati del Cristo sopra una processione di agnelli), simile a quello di Santa Maria in Trastevere (Vedi Piazza di S. Maria in Trastevere - Trastevere). La sua edificazione dovrebbe essere anteriore all’XI secolo, se non, addirittura risalire a l’epoca del trasporto delle spoglie dei Santi a Roma (VII sec.), ma il primo documento che ne fa menzione è il rendiconto di un concistoro di papa Onorio II (Lamberto Scannabecchi da Fiagnano - 1124-1130), del 1127. La chiesa, rivestì un’importanza straordinaria, rispetto ad ogni altra chiesa circostante, per l’importanza del Santo, ma, soprattutto, per la posizione, all’imboccatura del ponte Elio, passaggio obbligato di ogni manifestazione che si recasse in Vaticano: dalle prese di Possesso, alla “Via Papae”, ai Giubilei che conducevano a San Pietro masse di gente. Essa era servita da ben otto chierici di nomina papale ed aveva, dal XIII secolo, tre chiese sottoposte alla sua giurisdizione: San Pantaleone Affine (scomparsa sotto la chiesa di San Giovanni dei Fiorentini), S. Salvatore degli Inversi, prossima a via dei Coronari e S. Angelo de Miccinellis, lungo la via dei Banchi Nuovi, tutte scomparse. Un altro elemento che attesta l’importanza di questa chiesa è il “presbiterio” che le era attribuito nel XIII secolo, il più alto riconosciuto tra le chiese di quella zona, di 18 denari. Sulla piazza, tra la chiesa e il ponte, c’era un mercato del pesce, che pagava una tassa alla chiesa stessa e due locande della “Luna” e della “Rosa”. Il 19 dicembre del 1450 fu un giorno memorabile per la tragedia che si svolse sul ponte, dove una massa di persone che tornava da San Pietro, dopo la chiusura del Giubileo, si spinse, si calpestò al punto che vi furono quasi 300 morti tra calpestati ed affogati. Di questi 172 furono deposti nella chiesa di San Celso che gli dette sepoltura. Stefano Infessura (1435-c.1500), contemporaneo, attribuì la responsabilità dell’accaduto non solo alle due cappelle, fatte costruire all’imbocco del ponte da Niccolò IV (Girolamo Masci – 1288-1292), ma soprattutto all’angustia della piazza di San Celso che non permetteva il normale deflusso dal ponte e proponeva in “piazza di Santo Cielso, con gettare molte case in terra, e quelle che stavano nello ponte”. Fu Sisto IV (Francesco Della Rovere – 1471-1484), nel 1478, con la Bolla “Etsi de cunctarum civitatum”, che iniziò l’opera di allargamento delle piazze e delle vie della città ed, in particolare, delle tre vie che uscivano da ponte Elio, sulla riva sinistra del Tevere. Nel 1488, nella piazza divenuta più ampia, i fiorentini accendevano le girandola per la festa di San Giovanni Battista, ma, vi fu anche fissato il luogo delle esecuzioni capitali. Passarono per la piazza le immagini della Madonna di Sant’Agostino e quella della Madonna del Portico nelle processioni per la peste del 1485 e del 1522. Nel 1486 San Celso diviene parrocchia a discapito di San Salvatore in Lauro e lo resterà fino al 1824. Il rinnovamento edilizio della zona aveva modificato la condizione sociale del quartiere che era mutata da popolino all’alta finanza, tanto che Giulio II (Giuliano Della Rovere – 1503-1513) aveva fatto costruire il palazzo della zecca proprio alla fine del “Canale di Ponte” (oggi via del Banco di Santo Spirito). Nel nuovo contesto, sempre Giulio II decise di demolire la chiesa, di stile medievale in un contesto oramai rinascimentale, e l’arco di Graziano, Valentiniano e Teodosio, per liberare l’ingresso dell’unico ponte d’accesso a San Pietro. Egli promosse la costruzione (1509) di una nuova chiesa ad opera del Bramante (1444-1514), Il progetto del Bramante risultò molto costoso e la morte del papa committente arrestò i lavori. Una minima sistemazione fu compiuta nel 1535, dato che la parrocchia, in un censimento del 1625, trattava 3117 anime. Nel 1561, la confraternita del SS Sacramento, legata alla parrocchia, fece costruire un oratorio in prossimità della chiesa (vicolo di San Celso). Clemente XII (Lorenzo Corsini - 1730-1740), dette incarico a Carlo De Dominicis (1696-1758), demolita la chiesa esistente, di edificarne una nuova, quale vediamo oggi. I lavori terminarono nel 1735. La chiesa è a pianta ottagonale esterna, che racchiude uno spazio interno di forma ellittica. Fu restaurata, nel 1868, dall’architetto Andrea Busiri Vici (1818-1911).
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