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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Via_del_Seminario-Palazzo_Gabrielli_al_n_120

In quel momento, il primo edificio, ad angolo con via delle Paste, era di proprietà di Carlo Gabrielli, ma abitato da Ottaviano Gabrielli (libraio a Piazza Navona). Il secondo edificio, più basso del primo e compreso tra quest’ultimo ed il complesso di San Macuto dei Bergamaschi (Vedi Piazza Colonna – Colonna), pur appartenendo al medesimo proprietario, era gravato da usufrutto del vescovo di Bertinoro, il quale lo teneva affittato a monsignor Vidone.
Quando il “Seminario Romano” (provvisoriamente collocato a palazzo Nardini, a via del GovernoVecchio n. 39 - vedi) si propose di acquistare i due palazzi (1608), incontrò resistenze da parte della Confraternita dei Bergamaschi, che si sentiva quasi accerchiata dai Gesuiti con il complesso limitrofo del Collegio Romano, da una parte, e col nuovo acquisto, addirittura confinante, dall’altra. Come pure, ebbe difficoltà con i Domenicani di santa Maria sopra Minerva, dirimpettai, che già avevano ostacolato l’edificazione della cupola della chiesa di Sant’Ignazio.
Fu necessario “inventare” un acquirente “neutro”, nella persona di Mario Farnese che, una volta acquistati i due edifici, li passò alla Camera Apostolica e da questa, finalmente, pervennero al Seminario Romano che vi si trasferì (1608).
Dopo l’acquisto furono numerosi, nel tempo, gli adattamenti alle esigenze del Seminario, con la sopraelevazione del palazzo più basso per portarlo al pari del primo, l’unificazione della facciata che riducesse i due palazzi ad uno solo, l’allaccio dell’acqua Vergine, felicemente concessa da Paolo V (Camillo Borghese – 1605-1621), tanto che il consuntivo di spesa, nel 1614, fu di 56.000 scudi.
Il Seminario si ritrovò, pieno di debiti e con un bilancio annuale passivo.
Furono gli interventi di Paolo V (Camillo Borghese – 1605-1621) e di Urbano VIII (Maffeo Barberini – 1623-1644) che, con opportuni interventi finanziari, pareggiarono i conti e, tra il 1618 e il 1624, il bilancio fu di nuovo in attivo.
Nel 1772, con la soppressione dell’Ordine dei Gesuiti, anche il Seminario fu soppresso ed il palazzo rimase vuoto per due anni, per poi essere venduto alla Camera Apostolica per 32.000 scudi. Questa lo affittò al cardinale Vitaliano Borromeo (1720-1793), da cui prese nome il palazzo.
Nel 1824, Leone XII (Annibale Clemente della Ghenga – 1823-1829), lo restituì ai Gesuiti, riabilitati (1801-1804), che vi portarono il Convitto dei Nobili, sorta di scuola elitaria per i rampolli delle case regnanti.
Nel 1848-1849, il palazzo ospitò il triumvirato della Repubblica Romana, mentre, nel 1851, vi fu ripristinato il Collegio dei Nobili (trasferito a Tivoli dopo il 1870).
Nel 1853 fu aggiunto il collegio Germanico-Ungarico, che aveva lasciato l’Apollinare al Seminario Romano e che vi restò fino al 1880, quando il collegio si trasferì definitivamente nel palazzo Costanzi, in via di San Nicola da Tolentino (Vedi via omonima – Trevi).
Nel 1870, il Regno d’Italia espropriò gli edifici del Collegio Romano, ed i Gesuiti lo trasferirono a palazzo Gabrielli-Borromeo, battezzandolo, da allora, “Pontificia Università Gregoriana del Collegio Romano”.
Dal 1930, quando l’Università Gregoriana si trasferì a Piazza della Pilotta, il palazzo ospita il Collegio Bellarmino della Provincia Romana della Compagnia di Gesù.

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