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STRADE DELLA ROMA PAPALE

Piazza_della_Minerva-Chiesa_di_S_Maria_sopra_Minerva-Lapide_del_Card_Luigi_Aragona-1533

VEN . MEM. FF . LATINI . ET . MATTHAEI . VRSINORVM . ORD . PRAED . S. R. E . CABDINALIVM

alla venerabile memoria dei fratelli (domenicani) Latino e Matteo Orsini dell’ordine dei Predicatori cardinali di Santa Romana Chiesa

ALOISIO CAR, ARAGONIO REGG, NEAPOLITANN, FERDINANDI NE-
POTI ALFONSIQ. PRIORIS PRONEPOTI, QVI VIX.ANNOS XLIIII, M, IIII.
D, XV, FRANCIOTTVS CAR, VRSINVS EX, TEST, F, C, A, MDXXXIII.
ERGO CVNTA LICENT LACHESIS TIBI NEC DATVR VLLI
EVITARE TVAS IMPROBA POSSE MANVS?
REGIBVS ILLE ATAVIS ALOISIVS AEDITVS , ILLE
CVI ROSEVS SACRO VERTICE FVLSIT APEX ,
ILLE, VNI VIRTVS OMNIS CVI CONTIGIT , VNVS
QVI CONTRA HAEC POTVIT VIVERE SAECLA IACET ,
HEV QVOT NOS MORTALE GENVS SPERABIMVS ANNOS
SI VITA EST IPSIS TANTVLA NVMINIBVS

Segue testo:

Il cardinale Matteo Orsini (+1340), membro della corte papale in Avignon, si fece costruire un monumento funebre (parte superiore) nella chiesa di Santa Maria sopra Minerva all’interno della cappella di Santa Caterina di Alessandria (oggi del Santissimo Sacramento) di cui gli Orsini avevano il patronato.
Si suppone che gli artefici del monumento Orsini siano stati i marmorari Paolo da Siena e Agnolo da Ventura, sia perché compaiono come testimoni nel documento (1340-1341) di nomina degli esecutori testamentari del Cardinale Matteo, sia in base a difficili considerazioni di carattere stilistico.
La parte superiore del monumento ha avuto una storia a dir poco rocambolesca.
Quando gli Orsini vendettero il patronato della cappella di Santa Caterina di Alessandria (1565) a Giovanni Battista Vittori (nipote di papa Paolo V Borghese da parte di madre, Margherita Borghese-Vittori), i monumenti funebri della cappella Orsini furono smontati e trasferiti in modo frammentario nella sacrestia della chiesa.
Nel 1650,  il Padre Generale domenicano Ridolfi (1579-1650) volle comporre un solo monumento con i frammenti dei due monumenti pervenuti in sacrestia: quello del cardinale Matteo Orsini (+1340) domenicano  e quello del cardinale Latino Malabranca Orsini (+1294) domenicano e maestro di teologia.
L’unione dei due è comprovata dalla scritta residua che resta nel bordo inferiore del monumento:
VEN . MEM. FF . LATINI . ET . MATTHAEI . VRSINORVM . ORD . PRAED . S. R. E . CABDINALIVM” (alla venerabile memoria dei fratelli (domenicani) Latino e Matteo Orsini dell’ordine dei Predicatori cardinali di Santa Romana Chiesa).
Nel 1675, il monumento lasciò la sacrestia e fu ricostituito nel vestibolo che porta all’uscita posteriore della chiesa, al posto della cappella di San Tommaso d’Aquino (sulla sinistra guardando l’altare maggiore) che fu smantellata nel 1600 (anno giubilare).

La storia della grande lapide dedicata al cardinale Luigi d’Aragona, nella parte inferiore del monumento, comincia, invece, nel 1533, quando il cardinale Franciotto Orsini (1473-1534) fece apporre questa lapide sotto al monumento funebre degli Orsini, che era quindi ancora in sacrestia, in memoria della sepoltura del cardinale Luigi d’Aragona (1474-1519).
Alessandro VI (Rodrigo Borgia – 1492-1503) aveva annullato, nel 1494, il matrimonio che Luigi d’Aragona, nipote di Ferdinando I d’Aragona (1458-1494), aveva contratto (1492) con Battistina Usodimare-Cybo (1477-1523), nipote di Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cybo – 1484-1492) e lo aveva nominato cardinale (1494) in forza  di una clausola del trattato di alleanza stipulato tra il nuovo re di Napoli Alfonso II d’Aragona (1494-1495) e papa Borgia.
Il cardinale Luigi d’Aragona rivestì incarichi importanti presso Alessandro VI, ma anche in seguito con Giulio II (Giuliano Della Rovere – 1503-1513) e con Leone X (Giovanni di Lorenzo de’ Medici – 1513-1521). Nella sua vita privata fu un uomo del suo tempo: ebbe una figlia, forse dalla cortigiana, Giulia Campana “la ferrarese”, di nome Tullia d’Aragona (1508-1556) che, anche lei cortigiana, si distinse nel preferire amanti nel campo degli intellettuali e dei poeti.
Si parla anche dell’omicidio, di cui il cardinale sarebbe stato il mandante, di sua sorella Giovanna d’Aragona (1475-1510), vedova di Alfonso Piccolomini d’Aragona (+1503), duca di Amalfi, e del suo secondo marito,  il patrizio napoletano Antonio Beccadelli (+1509) da Bologna che si erano sposati segretamente nel 1509. Si pensa che il fratello cardinale avrebbe così voluto difendere l’unità della famiglia d’Aragona ed il suo patrimonio.

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