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I confrati vestivano un sacco bianco con mozzetta violetta sulla quale vi era uno scudo che rappresenta la Natività del Redentore. “Vari erano i modi a Roma per giustiziare: L’impiccagione, la decapitazione e lo squartamento, venivano fatti a San Celso, a piazza dei Salviati, nelle carceri di Tor di Nona e di Corte Savella, al Ponte (Sant’Angelo), al Campidoglio, fuori porta Latina e a piazza del Popolo. A Campo de´ Fiori si veniva bruciati, mentre in Trastevere si faceva il taglio della mano. A volte il condannato veniva trascinato dai cavalli per Roma, mazzolato e squartato in Ponte” (A. Ademollo-Le Giustizie 1886). La Confraternita prese il soprannome di “Confraternita degli Agonizzanti”, perché, nella loro prima chiesa, Sant’Agostino, essi facevano capo all’altare del “Crocifisso Agonizzante” e tale nome perdurò nel tempo per la loro precipua attività di assistenza ai moribondi. Dalla sua fondazione la Confraternita aveva vagato da una chiesa all’altra di Roma: Dalla chiesa di Sant’Agostino (1616), come detto, a quella di Santa Maria Maddalena (1617-1633), rispettivamente nelle piazze omonime; da San Bernardo al Foro Traiano, che era dove oggi è la chiesa del SS Nome di Maria, davanti la colonna traiana, a Santa Maria a Campo Carleo, che era all’angolo dell’antica via Alessandrina (imbocco di via Cavour, su via dei Fori Imperiali); da San Nicola dei Funari fino al 1653 (chiesa di fronte al monastero di Tor de Specchi) a San Salvatore in Primicerio, chiesa scomparsa di cui è rimasto il portale nel vicolo di San Trifone (Ponte). In questa sede l’Arciconfraternita ricevette abbondanti donazioni dai commercianti di Tor Sanguigna e, come ricordato da una lapide, all’interno della chiesa (vedi), ricevette i beni di monsignor Domenico Torres, rettore della chiesa, morto di peste nel 1656. Nel 1671, la Confraternita, divenuta Arciconfraternita per Breve di Clemente X (Emilio Altieri – 1670-1676), si spostò di nuovo in Santa Lucia della Tinta, in via di Monte Brianzo, ed, in fine, in S. Girolamo degli Schiavoni, di fronte al porto di Ripetta, dove ebbero come protettore il cardinale Benedetto Pamphili (1653-1730) e, come esimio sodale, il principe Michele de Tassis, rappresentante della Corona Spagnola a Roma. Grazie a questo principe per le sue generose offerte ed all’appoggio del cardinale protettore, l’Arciconfraternita ottenne, nel 1692, da Innocenzo XII (Antonio Pignatelli - 1691-1700) il permesso di costruire una sua propria chiesa in piazza Pasquino, su preesistenti case della famiglia Gottifredi, grazie ai buoni uffici del principe de Tassis che ne era parente. Acquisito il terreno, l’Arciconfraternita incaricò l’architetto Giovan Battista Contini (1642-1723) di edificare la chiesa a navata unica che, per clausola contenuta nel contratto d’acquisto a tutela dei diritti dei confinanti Pamphili, avrebbe dovuto mantenere l’aspetto esteriore di abitazione civile, con il solo segno distintivo dello stemma dell’Arciconfraternita sulla facciata. Terminati i lavori, l’oratorio fu aperto al pubblico nel settembre del 1693. Nel 1701, il sodale Giovan Battista Gaulli (1639-1709), detto il Baciccia, si offrì di decorare l’interno della chiesa, mentre i banchi furono realizzati su disegno di Carlo Rainaldi (1611-1691). Il quadro dell’altar maggiore fu dipinto da Giovanni Paolo Melchiorri (1670-1745), discepolo di Carlo Maratti (1625-1713) (Armellini). Nel XVIII secolo la chiesa ospitò l’Università dei Pellicciai. Nel 1862, la chiesa fu restaurata e la facciata rifatta ad opera dell’architetto Andrea Busiri Vici (1818-1911) e, dal 1994, ospita la comunità cattolica dei congolesi (Kinshasa), residenti a Roma.
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