La statua, anche se assai mal ridotta, permette tuttavia di ipotizzare, con buona probabilità, che si tratti di un Menelao che sorregge il corpo di Patroclo, ma la forma assai corrosa del gruppo marmoreo, fin dall’inizio, dette modo al popolino di sfogare la sua fantasia. Molto presto la “platea Parionis” prese il nome di piazza Pasquino. Trovandosi al crocevia di grandi percorsi: la “via Papalis” percorsa dal Pontefice nella cerimonia del “Possesso”, le cerimonie religiose legate alla vicina chiesa di San Lorenzo in Damaso (in particolare quella del 25 aprile dedicata a San Marco), la statua divenne una protagonista importante dell’addobbo preparato per ogni festa o cerimonia. Coś, con l’aggiunta di qualche arto mancante la statua di Pasquino veniva “arrangiata” per rappresentare Apocrate (1508), Giano (1509), Ercole (1510) e molti altri. La fantasia popolare si esprimeva poi in versi attraverso composizioni di ogni genere, agli inizi in latino poi progressivamente in volgare, divenendo in seguito il linguaggio preferito. L’Autorità raccoglieva e pubblicava le composizioni favorevoli al “regime” (raccolte nella festa del 25 aprile), ma non poteva arginare quelle contrarie, tra cui molte particolarmente salaci, anche al di fuori della predetta festa e specialmente in occasione delle Sedi Vacanti per la naturale riduzione della presenza delle autorità in momenti di coś radicale cambiamento del vertice. Con l’arrivo di Leone X (Giovanni di Lorenzo de' Medici – 1513-1521) e, con lui, di grande quantità di Toscani a Roma, le composizioni satiriche si moltiplicarono e assorbirono molto volentieri i toni beffardi del sonetto toscano. Ancora oggi si trova la statua piena di fogli appiccicati, come la viene, i cui contenuti politici, satirici e celebrativi saranno forse letti e apprezzati negli anni futuri, sempre che ci sia un editore disposto a pubblicarli.
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