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Dal “Liber Pontificalis” si deduce che papa Damaso dedicò la chiesa a San Lorenzo (che ebbe pure l’appellativo “in Prasino”, letteralmente "nel verde", in ricordo della fazione “verde”, nelle corse delle bighe nello stadio di Domiziano, che doveva essere prossima al Teatro di Pompeo) e che la dotò di beni adiacenti, tali da potervi collocare gli archivi della Chiesa Romana, che lo stesso papa aveva affidato a San Girolamo (347-420). Dagli scavi archeologici eseguiti si è arrivato a capire che la chiesa fosse a tre navate con presbiterio absidato. Adriano I (772-795) e Leone III (795-816) restaurarono la chiesa e ricondussero, dalla sua tomba di famiglia (contenente le spoglie della madre e della sorella, riscoperta nel 1736, presso la via Ardeatina) le reliquie di papa Damaso sotto l’altare maggiore. La chiesa subì un grosso incendio, sotto Giovanni XIX (Romano dei conti di Tuscolo - 1024-1032) e dopo le necessarie riparazioni fu riconsacrata sotto Stefano IX (Frédéric de Lorraine - 1057-1058). Già dal 1186, risulta il ruolo parrocchiale della basilica, da una Bolla di Urbano III (Uberto Crivelli – 1185-1187). Per la costruzione del palazzo del cardinale Raffaele Riario (1461-1521) la chiesa fu demolita, intorno al 1485, insieme al palazzo dei cardinali titolari della basilica. I lavori per la nuova chiesa, incorporata nel palazzo Riario, con ingresso dall’attuale Piazza della Cancelleria ed ancora, uno secondario, su corso Vittorio Emanuele II, iniziarono nel 1485, ad opera di Donato di Angelo di Pascuccio (1444-1514), detto il Bramante, e terminarono nel 1496, quando gli altari della vecchia chiesa furono trasportati nella nuova. Il cardinale Alessandro Farnese (1520-1589), titolare della basilica (1535-1589), fece realizzare il portale d’ingresso alla chiesa da Jacopo Barozzi (1507-1573), detto il Vignola, ed il soffitto di cui era rimasta sprovvista. Il cardinale Francesco Barberini (1597-1679), da titolare (1632-1679), ristrutturò, per opera di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), il presbiterio creando una “Confessione” innanzi l’altare maggiore, ricomponendo l’abside, che, da rettangolare, fu realizzata semicircolare, e dotandola di coro, mentre dotò l’altare maggiore della grande pala di Federico Zuccari (1539-1609) rappresentante “L’incoronazione della Vergine” L’occupazione francese, del 1798, ridusse la chiesa a deposito di armi e distrusse irrimediabilmente gli affreschi, mentre il soffitto fu letteralmente rubato! Nel 1807, fu il cardinale Francesco Carafa di Traetto (1722-1818), titolare dal 1807 alla morte, che curò il restauro della chiesa, chiamando all’opera l’architetto Giuseppe Valadier (1762-1839). Nel 1808, Roma e lo Stato Pontificio vennero annessi al primo impero francese, dopo la cattura del papa, Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaramonti – 1800-1829) da parte di Napoleone I e la nostra chiesa divenne sede della Corte di Giustizia Imperiale. Il Valadier continuò a lavorare al restauro, in questo periodo e continuò dopo la restaurazione del 1815, ma, deceduto nel 1520, fu sostituito da Gaspare Salvi (1786-1849). Nel 1868, si verificò il crollo della volta a botte, della navata centrale, del Valadier. Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti – 1846-1878), chiusa la chiesa, chiamò Virginio Vespignani (1808-1882) per le necessarie riparazioni, che furono eseguite, sostituendo la volta a botte con un soffitto a cassettoni, come si vede oggi.
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