Giulio Vitelli incaricò l’architetto Carlo Lombardi (1545-1619) di restaurare la villa con la sistemazione dell’ingresso su Largo Magnanapoli (l’ingresso è stato incamerato nel padiglione d’angolo tra largo Magnanapoli e via Panisperna, dove appare come una finestra, dopo lo sbancamento del 1878). Nel 1600, Clemente Vitelli, figlio di Giulio, vendette la villa a Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini - 1592-1605), che ne fece dono al nipote, cardinale Pietro Aldobrandini (1571-1621). Questi incaricò (1601) Giacomo della Porta (1532-1602) e Carlo Maderno (1556-1629) di rimodellare la villa. Gli architetti inserirono una nuova facciata al livello del giardino, nuove scale, loggiati, oltre che l’arricchimento del giardino con piante rare e reperti lapidei. Nel 1720 i Pamphili ereditarono la villa e nel 1728 il cardinale Benedetto Pamphili (1653-1730) se ne riservò l’uso, dando incarico all’architetto Gabriele Valvassori (1683-1761) della sistemazione del giardino. Tra il 1811 e il 1814, la villa fu occupata dal generale francese, conte Sextius de Miollis (1759-1828), comandante le truppe francesi a Roma, per tornare ai Borghese-Aldobrandini nel 1830. Nel 1871, la costruzione di via Nazionale comportò l’esproprio di gran parte del giardino della villa e, nel 1878 fu innalzato un gigantesco muro di sostegno per contenere lo sbancamento eseguito nelle vie limitrofe, necessario per raccordarne il livello con quello della nuova via Nazionale. Dopo vari tentativi del principe Aldobrandini di rendere redditizia la parte restante della villa, questi ospitò, in padiglioni posti nel giardino, i ciechi di guerra, anche perché, durante il periodo bellico (1915-18) ogni iniziativa di carattere commerciale venne interrotta. Nel 1920, il principe vendette la proprietà alla “Società Anonima Cooperativa Italiana per Costruzioni di Case Economiche tra Professionisti” che, sotto mentite spoglie, era quella di un gruppo di albergatori, i quali, a loro volta tentarono di far approvare un progetto assai lucroso di una lottizzazione che prevedeva l’inserimento di un albergo, nella villa del XVI secolo, e una serie di case d’abitazione, lungo via Mazzarino, secondo un progetto di Marcello Piacentini (1881-1960). Il progetto fu approvato e, dopo la demolizione del muraglione su via Mazzarino, nello scavare le fondazioni del nuovo edificio, vennero alla luce i ruderi degli “horrea” e della “domus” di Lucius Nevius Clemens, di cui abbiamo parlato all’inizio. Venne presentata una variante del progetto, che, approvata, autorizzò il proseguimento degli scavi di fondazione, ma emersero ulteriori reperti archeologici… Nel 1926, il palazzo Aldobrandini e parte del giardino residuo furono espropriati in favore dell’ “Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato” (che vi risiede tuttora), mentre la restante parte del giardino fu incamerata nel patrimonio del Comune di Roma, che ne ha fatto un parco pubblico (ingresso su via Mazzarino). Nel Giardino si è svolta l’attività teatrale all’aperto della Compagnia di Checco Durante (1983-1976), dal 1950 (d’inverno la Compagnia recitava al Teatro Rossini in piazza di S. Chiara - Pigna)
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