Nella pianta del Nolli (1748), in corrispondenza della porta con l’architrave su cui è inciso “SANTA MARIA IN CARINIS” (vedi foto), si vede un palazzo con giardino che potrebbe avere inglobato la suddetta cappella al suo interno. Si tratta di una ipotesi plausibile ma non verificabile. Nel 1780, troviamo, al posto del palazzo con giardino, il Collegio Cistercense di Santa Maria in Carinis istituito in Roma, sotto la guida dell’abate Procuratore Amedeo Piermartini (Abate Presidente tra il 1790 e il 1801), dove venivano istruiti i novizi dell’Ordine. Nel 1790, anche i Cistercenzi di San Vito e Modesto (chiesa nella via omonima, accanto all’arco di Gallieno – vedi Monti) raggiunsero quelli di Santa Maria in Carinis. L’entrata che porta oggi come architrave il nome della Cappella (a sinistra del portone in via del Colosseo n. 62) era l’ingresso al monastero e, attraverso un breve tratto di corridoio, si accedeva alla cappella che era di forma rettangolare di modeste dimensioni, con un’abside ed un unico altare (Armellini). Nel 1809, i Cistercensi, che dal 1790 avevano subito la dissoluzione dell’Ordine in numerose nazioni europee (Francia, Portogallo, Spagna e Svizzera), vendettero chiesa e monastero ai Basiliani Greco-Melchiti, mechitaristi del Monte Libano, i quali vi rimasero fino al 1873. La ristrutturazione del sistema viario romano operata dallo Stato Italiano dal 1870 e, in particolare l’apertura di via Cavour, portò all’esproprio del convento (1873) che fu demolito, in parte, mentre la parte restante fu trasformata in case di civile abitazione. I locali al piano terreno furono utilizzati da una società di trasporti come magazzini. Tra il 2000 e il 2001 l’edificio fu restaurato e riqualificato come lo troviamo oggi. La sola traccia dell’antica cappella è costituita da quell’architrave che ha mantenuto il suo posto e di cui abbiamo parlato.
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