Ottenne la sua fortuna economica e sociale nonostante i suoi convincimenti giacobini che lo videro ammassare i beni artistici e le ricchezze della biblioteca vaticana nell’arsenale leonino di Ripa a favore degli occupanti francesi, nel 1798, e fornire i piani del palazzo del Quirinale in vista del rapimento francese di Pio VII (Barnaba Niccolò Chiaramonti – 1800-1823). Ad ogni restaurazione riuscì sempre a rientrare nei ranghi dei più fedeli al papato. Si sposò con Rosalia Guidi e da lei ebbe una numerosa prole di almeno sei figli. Nel 1835, la famiglia di Matteo Lovatti acquistò il palazzo Pichi-Manfroni (vedi Vicolo de´ Bovari – Parione), una dimora adeguata al suo nuovo rango. Matteo morì all’età di ottanta anni, nel 1849. Nel 1855, la moglie ed i figli gli dedicarono un monumento funebre che fu posto nella cappella di San Lorenzo, in San Lorenzo in Lucina, di cui la famiglia deteneva il patronato. L’incarico fu dato allo scultore Giuseppe Guidi (probabilmente un parente della moglie) che realizzò un monumento di stile neo rinascimentale con un coronamento a volute di acanto con al centro il busto del defunto ed in basso una corona d’alloro con i simboli delle arti e delle lettere. La fortuna Lovatti durò ancora per qualche generazione poi scomparve agli inizi del XX secolo. Già intorno al 1875, la stella dei Lovatti era oramai al tramonto e gli eredi di Matteo Lovatti rivendettero il palazzo Pichi-Manfroni alla Banca Romana. (fonte: A. L. Genovese, Monumenta: Memoriali di Artisti nelle Chiese di Roma, Roma 2024)
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