Via Sistina (R. IV - Campo Marzio; R. III - Colonna) (da piazza Barberini a piazza della Trinità dei Monti)
Da Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) . La via Felice, in questa parte, odierna via Sistina, aveva la chiesa di Santa Francesca Romana, eretta nel 1614, restaurata sotto Innocenzo XI (Benedetto Odescalchi - 1676-1689) e dedicata poi a San Giovanni Nepomuceno perché è affidata al collegio boemo con l'attiguo convento.
Quasi dirimpetto è la chiesetta di San Idelfonso e di San Tommaso di Villanova che, piccolo oratorio nel 1657, annesso ad un ospizio edificato nel 1619 dai padri Eremitani scalzi di Spagna e delle Indie dell'ordine di Sant'Agostino, fu poi ampliato nel 1667, col concorso del cardinale Giulio Rospigliosi, poi Clemente IX (Giulio Rospigliosi - 1667-1669). Vi fu posta la prima copia della Madonna di Guadalupe del Messico.
Nella parte della strada, dopo l'incrocio con via Capo le Case (via Francesco Crispi), non bene ubicata, era l'antica basilica di “S. Felice in colle Hortorum o in Pincis” il cui campanile, secondo il Lanciani, sarebbe, nella base, una torretta di villa Malta o delle Rose. Risale forse oltre San Gregorio Magno (590-604) ed ebbe molti e ricchi doni da Adriano I (772-795) e Benedetto III (855-858). La tradizione vuole che la basilica fosse stata eretta nel luogo dove San Felice era stato martirizzato. Nel XVI secolo era ancora in essere e manteneva il suo primitivo nome. Fu anche per questo che la strada fu detta Felice, per quanto il creatore ne sia stato Sisto V (Felice Peretti - 1585-1590) che per toglierle l'impronta rurale e renderla abitata e facilitare la costruzione delle case “Concesse i seguenti privilegi: “1.Che le case ivi fabbricate non fossero soggette a confisca se non per delitto di lesa maestà; 2.Che gli abitanti non potessero essere molestati per delitti contratti fuori dello Stato ecclesiastico; 3. Che gli artieri (artigiani) sarebbero esenti da ogni imposizione fatta dai consoli loro; 4. Che chi vi abitasse per due anni continui, godesse i privilegi dei cittadini romani”.
Sulla fascia al 2° piano del Palazzo al n. 118, l'epigrafe: “Nec Temeritas semper felix, nec prudentia ubique tuta” (Né temerari, né sempre prudenti); e su quella del 1° piano del Palazzo al n. 149, l'epigrafe: "Cito hac relicta aliena quam struxit manus, aeternam inibimus ipsam quam struimus domum" (Rapidamente abbandoneremo questa casa, che non abbiamo costruito noi stessi e andremo in una casa eterna che abbiamo costruito con le nostre mani).
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