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Nel mausoleo fu sepolto per primo Marcello, nipote e genero di Augusto (42-23 a.C.) cui seguirono gli altri membri della famiglia, escluse per volere dell’imperatore le due Giulie, figlia e nipote, e la ripudiata consorte Scribonia. Nel 14 d.C., dopo il duplice elogio, detto dentro il tempio di Cesare nel Foro, e sui Rostri, il cadavere di Augusto (morto a Nola) a 77 anni “su gli omeri dei senatori fu portato nel Campo Marzio, e quivi arso". "I principali dell’ordine equestre, discinti scalzi, raccolsero le ceneri e le composero nel Mausoleo, che nel suo sesto consolato egli aveva eretto tra Via Flaminia e il Tevere, aprendo al pubblico il parco e il passaggio che intorno aveva fatto” (Svetonio Gaio Tranquillo (70-126). Ad eccezione di Caligola e Nerone, ultimo della famiglia, tutti i membri di essa furono sepolti nel Mausoleo. Riaperto nel 98 per Nerva, ultima sepoltavi fu Giulia Domna, moglie di Settimio Severo (193-211) che dicevasi affine alla famiglia Giulia. Unica che vi fu inumata, senza la cremazione: Poppea, la seconda moglie di Nerone (65) da lui uccisa con un calcio (Tacito XVI, 6). Nel lato rivolto a sud, era l’ingresso al Mausoleo, ornato da tavole di bronzo dov’era riprodotto il testamento di Augusto, che ci è noto per quella copia delle “Res geste” trovata nella cella del tempio di “Roma e Augusto” in Ancyra (Ankara). Ai lati dell’ingresso erano i due obelischi, uno oggi a Santa Maria Maggiore per ordine di Sisto V nel 1587, e l’altro al Quirinale nel 1793 a cura di Pio VI. Più che dai Goti di Alarico, nel 410, il Mausoleo fu devastato principalmente, oltre che dal tempo, dai marmorari o calcarari. Quando i Colonna, nel XII secolo, trasformarono l’Augusteo in fortezza, la statua dell’imperatore più non esisteva, perché già stata fusa per battere moneta. L’”Agosta”, così era chiamato il fortilizio, fu centro delle sanguinose lotte che si combatterono tra il Papato e l’Impero, finché Gregorio IX (Conte di Segni - 1227-1241) riuscì ad impadronirsene e devastarlo nel 1241. Restò così un rudere in mezzo agli orti. Il posto, nel 1488, era affidato dalla Camera Apostolica ad Aurelio e Giovanni-Battista de Spiritibus che, per il censo annuo di un Fiorino, ebbero l’area “inculta et putredine replena" per impiantarvi un orto. Verso il 1550 il Mausoleo passò ai Soderini, che trasformarono la rotonda in un giardino pensile, che restò tale anche quando passò ai Fioravanti e, verso la metà del XVIII secolo, al portoghese marchese Vincenzo Mani Correa che costruì il suo palazzo (demolito nel 1937), con ingresso su via dei Pontefici, addossato al Mausoleo. Correa affittò, nel 1780, il Mausoleo ad uno spagnolo, Bernardo Matas, il quale pensò di organizzare "nel grande giardino della sua locanda, che una volta formava il Mausoleo di Augusto, la giostra della bufala" e vi costruì così un anfiteatro in legno, facendovi poi giostrare degli spagnoli fatti venire appositamente. Nel 1787, il marchese Francesco Saverio Vivaldi Armentieri (1759-1814) entra in possesso del Mausoleo ed interrompe per un periodo gli spettacoli per iniziare campagne di scavi archeologici, poi, nel 1798, riprende gli spettacoli ma si indebita fortemente ed entra in un contenzioso con la Camera Apostolica che acquisirà il possesso del Mausoleo nel 1802. La Camera Apostolica lo affitterà ancora per spettacoli di giostre di tori e bufale, spettacoli equestri, feste notturne, rappresentazioni di burattini, finché Pio VIII (Francesco Saverio Castiglioni - 1829-1830), proibì definitivamente, nel 1829, gli spettacoli. Nel 1840 fu poi usato solo per spettacoli equestri, ma dopo breve tempo chiuso, e usato come studio, ed infatti lo scultore Enrico Chiaradia (1851-1901) ed, alla sua morte, Emilio Gallori (1846-1924) vi modellarono la statua di Vittorio Emanuele II che sta a Piazza Venezia. Nel 1880, fu il conte Giuseppe Telfener (1839-1898) ad acquistare l’anfiteatro ed a coprirlo con una cupola di vetro sostenuta da profilati in ferro, per farne il “Teatro Umberto I”, in onore dell’erede al trono d’Italia. Dopo un periodo d’inattività, nel 1907, acquistato dal Comune di Roma che lo restaurò, accolse concerti dell’Accademia di Santa Cecilia, finché l’isolamento del Mausoleo ha fatto emigrare, nel 1935, i musicofili alla Basilica di Massenzio.
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