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STRADE DELLA ROMA PAPALE

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Del “Secretarium Senatus” e della Curia si parla in una lapide, ritrovata ancora in loco, a proposito di un’incendio (407 d.Ch.) che li aveva devastati e del loro restauro, ad opera di “Flavius Annius Eucharius Epiphanus Praefectus Urbis”.
Si pensa che l’aula possa essere stata trasformata in chiesa da Onorio I (625-638), ma il primo documento che ne evoca l’esistenza è il “Liber Pontificalis” che, nel periodo di Adriano I (772-795), ricorda il rifacimento del tetto e alcuni doni inviati dal Pontefice.
Dalla stessa fonte, per i restauri sotto Leone III (795-816), la chiesa è indicata come Santa Martina detta “in tribus fatis” o “in tribus foris”, per indicarne la collocazione tra il Foro Romano e quello di Cesare.
Nel catalogo (1192) di Cencio Camerario (1150-1227), poi Onorio III (1216-1227), la chiesa è indicata come “Sancte Martine XVIII den.” (XVIII denari indica la misura del ”presbiterio”: l’elargizione che le chiese ricevevano, dal papa, in occasione di feste solenni).
Nel XII secolo, la chiesa ospitava ancora riunioni di senatori romani, di avvocati e di giudici, che discutevano di giustizia civile, come parimenti accadrà, subito dopo nella chiesa di Santa Maria in Ara Coeli, per le cerimonie del Senato capitolino.
La chiesa era costituita da una semplice navata absidata (lunga 18,17 m e larga 8,92), nella quale erano esposti alcuni bassorilievi provenienti da un perduto arco trionfale di Marco Aurelio (161-180) (oggi: alcuni reimpiegati nell’Arco di Costantino, altri conservati nei Musei Capitolini).
La chiesa, restaurata da Alessandro IV (Rinaldo di Jenne - 1254-1251) nel 1256, fu donata da Sisto V (Felice Peretti – 1585-1590) all’Accademia di San Luca, nel 1588, la quale aveva perduto la sua prima sede, la chiesa di San Luca che fu demolita nella sistemazione di Piazza di Santa Maria Maggiore.
Alla dedica a Santa Martina, la chiesa aggiunse, da quel momento, quella a San Luca che la tradizione tramanda, essere stato il primo ritrattista della Madonna e, per questo, scelto come Santo protettore dei Pittori [Prima di chiamarsi Accademia di San Luca (1588), l’associazione di mestieri era detta Università dei Pittori, Miniatori e Ricamatori].
L’Accademia avrebbe voluto rinnovare la chiesa, piuttosto malridotta, e per questo sollecitò, presso i suoi sodali, proposte di progetti di rinnovamento. Giunsero numerosi progetti come quello di Giovanni Battista Montano (1592), di Ottaviano Mascherino (1592 c.), di Federico Zuccari (1593) o di Giovanni Baglione (1618), ma tutti troppo onerosi per le modeste possibilità dell’Accademia.
Ci si limitò, quindi, alle riparazioni più urgenti: la messa in opera di un pavimento rialzato della chiesa per sfuggire all’umidità sottostante (creando, in questo modo, una cripta utile per la sepoltura dei confratelli) e contemporaneamente rimontando le pareti della chiesa per compensare il sollevamento del calpestio e un pur necessario nuovo tetto ligneo (1618).
Lo stesso anno del suo ingresso all’Accademia di San Luca, nel 1634, Pietro Berrettini (1596-1669), noto come Pietro da Cortona, ottenne di poter ricavare, nella cripta della chiesa, una tomba per la sua famiglia ma, soprattutto, ottenne il permesso di ricercare i resti terreni di Santa Martina. Le sacre reliquie della Santa e dei martiri Concordio ed Epifanio ritrovate, spinsero il cardinale Francesco Barberini (1597-1679), protettore dell’Accademia e nipote del pontefice regnante, Urbano VIII (Maffeo Barberini – 1623-1644), a promettere il finanziamento di una nuova chiesa, su progetto del Berrettini.
Il progetto presentato e approvato dall’Accademia prevedeva una chiesa a croce greca con cupola e cripta, come la vediamo oggi.
Dopo la demolizione della chiesa antica, i lavori, iniziati nel 1635, procedettero speditamente, fino al 1639, sotto la direzione di Pietro Berrettini (che utilizzò, come scultore, in gran parte delle opere, suo figlio Luca Berretini – 1609-1680). In questo periodo si lavorò sia nella chiesa inferiore, che in quella superiore, iniziando dal presbiterio, poi l’altare maggiore e la facciata, di cui fu terminata la parte inferiore e s’iniziò quella superiore.
Innocenzo X (Giovanni Battista Pamphili – 1644-1655), avendo accusato (1645) il cardinale Francesco Barberini di malversazione di beni, costrinse quest’ultimo a riparare a Parigi (1646-1648), ciò che provocò l’arresto dei lavori.
Con il ritorno del cardinale a Roma, perdonato dal papa nel 1648, i lavori ripresero con il completamento della parte superiore della facciata, dei muri in elevazione dell’abside, e della controfacciata e poi i piloni della cupola e le absidi del transetto.
Di seguito, fino alla morte di Pietro Berrettini, nel 1669, si realizzarono: la cupola, con la lanterna e si decorarono le absidi del transetto.
Nella cripta si allestì l’altare della confessione, dedicato a Santa Martina e si costruirono le scale rettilinee di accesso alla stessa.
Sostituì Pietro da Cortona un suo allievo, Ciro Ferri (1634-1689), per le ultime incombenze: il coronamento della facciata con lo stemma di Urbano VIII e la decorazione della cupola.
Nel 1694, l’Accademia confidò a Carlo Fontana (1638-1714) il rifacimento della pavimentazione della cripta.
Durante il XVIII secolo, l’Accademia effettuò numerosi interventi conservativi al livello della cupola e del tetto della chiesa, oltre che completare le decorazioni interne, specialmente per quanto riguarda gli altari e i pennacchi della cupola.
La chiesa, una delle più belle di Roma, era pienamente visibile, sullo sfondo del Campo Vaccino (Foro Romano) venendo dall’Arco di Tito, fino a tutto il XVIII secolo.
Ma, nel 1802, i Francesi, che occupavano Roma, abbassarono il livello del suolo a pochi metri dalla facciata della chiesa, per far riemergere l’Arco di Settimio Severo. 
Nel periodo fascista si portò l’intero Foro Romano al livello originale lasciando la chiesa così in alto da non essere più agevolmente visibile. Rimaneva ancora la via della Consolazione che, sorpassato il Foro Romano, arrivava fino a via dei Fori Imperiali, passando davanti alla chiesa ma, nel 1980, il terremoto nell’Irpinia, che rese instabili i ruderi lungo la via stessa, portò alla sua chiusura. La chiesa quindi è rimasta isolata e invisibile da ogni lato.
La sistemazione urbanistica del 1932 intorno alla chiesa, poi, rese necessario incrementare di cinque gradini la scalinata d’ingresso (oggi di 11 gradini), al fine di superare l’abbassamento di circa un metro del Sacrato della stessa ed isolò la chiesa con la demolizione di tutte le costruzioni circostanti. L’Accademia di San Luca dovette così spostarsi a Palazzo Carpegna (vedi Piazza dell’Accademia di San Luca, negli album fuori testo - Trevi) dove risiede tuttora.

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